Le competenze secondo gli incompetenti Maurizio Tiriticco, Pavone Risorse 24.12.2008 Siamo in molti a non capire quale reale necessità ci fosse di ritornare al voto nelle istituzioni scolastiche del primo ciclo, invece di passare al suo superamento in quelle del secondo! Superamento atteso, auspicato e preparato da migliaia di corsi sulla valutazione proprio in questo grado di istruzione. Siamo anche in molti a capire che restituire una maggiore autorevolezza e credibilità all’intero nostro Sistema educativo di istruzione e formazione, in una società che si fa sempre più complessa e difficile per l’insorgere costante di sempre nuovi saperi e competenze, non passa davvero attraverso una operazione di basso restyling, che per altro nessuno ha richiesto e nessuno si aspettava! Però, così va il mondo… quando l’incompetenza va al potere! Gli incompetenti si sono illusi che il ritorno al voto sia sinonimo di “serietà” e di “rigore” perché questa era la scuola del passato e questa la scuola del futuro: una scuola che deve essere sempre se stessa, che nulla ha a che vedere con ciò che le accade intorno! La miopia regna sovrana! Sarebbe stato anche opportuno che al maestro unico venisse riconsegnata la bacchetta per restituirgli la credibilità del plagosus Orbilius! Ovviamente, l’ironia serve a poco a fronte degli incompetenti e… guarda caso, proprio in un momento in cui da più parti ci chiedono di muoverci verso le competenze, e non per una moda del momento! Perché allora lamentarci degli esiti di Pisa quando le sue prove sono tarate proprio sulle competenze? Si tratta di un terreno in cui da anni, su scala europea, si muove tutto il mondo della formazione professionale, dell’istruzione universitaria nonché quello dell’istruzione secondaria: anche i nostri esami di Stato del secondo grado non dovrebbero certificare da un decennio (la legge di riforma è la 425 del ‘97) le competenze raggiunte dagli studenti? In Europa ed in molte delle società avanzate non ci sono passaggi nel mondo del lavoro e della ricerca che non siano contrassegnati da competenze via via debitamente certificate. Ma forse l’Europa è lontana e ne siamo più distanti di quanto si pensi! Così va il mondo e penso che sia molto difficile che gli incompetenti ci possano traghettare agevolmente verso il traguardo delle competenze! Tuttavia un risultato lo abbiamo ottenuto! Non è un caso che, con la passata amministrazione, si sia deciso che, al termine di un obbligo di istruzione elevato di due anni, si certifichino significative competenze, sia culturali che di cittadinanza! E’ pur sempre poca cosa a fronte di traguardi ben più ambizioni che dovremmo raggiungere. Ma torniamo all’oggi. Ho già segnalato in altri scritti la penosa incongruenza di cui alla legge 169, quando l’incompetente, riesumando il voto, ha pensato che anche le competenze – inserite nella norma perché oggi non se ne può fare a meno, anche se non si sa dove stiano di casa – possano essere certificate in decimi (art. 3, c. 1). Horribile dictu e, peggio, horribile scriptu!!! E ne ho dette le ragioni! Forse all’incompetente qualche pulce gli è ronzata nelle orecchie perché nello schema del regolamento con cui si coordinano le norme vigenti per la valutazione degli alunni, vi sono delle precisazioni. Non si accenna più a competenze valutate in voti decimali e si afferma: “Al termine della scuola primaria all’alunno ammesso al primo anno della scuola secondaria di primo grado viene rilasciata una certificazione delle competenze acquisite” (art.2, c. 7). Un passetto in avanti è stato compiuto. Comunque, non si comprende perché sia stata prevista una doppia uscita, una con i voti relativi agli apprendimenti (art. 2, c. 5) ed una con la certificazione delle competenze. Si dà il caso che una competenza implica conoscenze apprese nonché abilità e tutto quel corredo di attitudini che l’alunno ha maturato nel corso del quinquennio (ma si potrebbe considerare anche il triennio della scuola dell’infanzia). L’approfondimento teorico ci porterebbe lontano, ma è indubbio che la certificazione, così come raccomandata dalla norma, non sarà che una ridondante replica della valutazione decimale degli apprendimenti! Così va il mondo! Il tutto peggiora quando nello schema di regolamento passiamo alle certificazione delle competenze al termine dell’intero primo ciclo. L’incompetente, dopo aver ribadito ciò che detta la norma, cioè che le competenze “sono valutate con valutazione in decimi” (art. 5, c. 1; del resto l’horribile dictu è stato scritto nella legge madre 169), se ne esce con una chicca tutta italica: “Le competenze acquisite potranno essere articolate in un numero contenuto di livelli riferiti esclusivamente all’accezione positiva e, con particolare riferimento all’esito dell’esame conclusivo del primo ciclo, opportunamente descritte” art. 5, c. 1). L’incompetente in parte dimostra di… “avere studiato” qualcosa sulle competenze, in parte però non può fare a meno di rifarsi alla legge. Ne consegue un gran pasticcio: a) le competenze saranno valutate in decimi, perché lo prescrive la legge, però potranno – si badi bene, potrannooo!!! – essere articolate, ecc; b) l’incompetente “ha studiato” perché fa una scelta precisa, che è congruente con alcune indicazioni di cui alla ricerca in materia di competenze: afferma che si certificano – almeno così sembra – solo le competenze realmente acquisite ed accertate; e per queste si individuano alcuni livelli, da quello dell’accettabilità a quello dell’eccellenza, il cui numero è da definire; c) l’incompetente però dimostra di non avere compreso bene quale sia la natura d una competenza: quando scrive “con particolare riferimento all’esito dell’esame”. Il fatto è che una competenza si matura in tempi distesi e non è mai una prova d’esame tradizionalmente condotta che può rappresentarla in tutta la sua valenza. Anche e soprattutto perché molte competenze hanno una natura ed una valenza pluridisciplinare! Se è vero che una prova d’esame non sempre è in grado di verificare conoscenze disciplinari pregresse debitamente acquisite, ciò vale anche, ed ancora di più, se si ragiona in termini di competenze, per la specificità e la trasversalità che le caratterizzano. In tempi non sospetti, quando ancora non si parlava di competenze, ho sempre detto e scritto che l’esame di terza media si sarebbe dovuto concludere con una pura e semplice dichiarazione di ciò che l’alunno “sa e sa fare”, rinunciando ad intervenire con quei giudizi di merito che, in sede di studi obbligatori, svolgono più la funzione di un orientamento discriminante che di un orientamento realmente promozionale. Un’ultima chicca si ha quando leggiamo che “con apposito decreto del Miur… sono adottati i modelli per la certificazioni relative alle conoscenze, alle competenze e alle capacità acquisite dagli alunni” (art. 5, c. 2)! Siamo al livello della pura amenità! Verrebbe proprio da dire: “Riusciranno i nostri eroi a… ecc?” Sono più di dieci anni che i nostri incompetenti debbono darci un modello di certificazione degno di questo nome per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione, al termine del quale da più di dieci anni – com’è noto – non si certifica un bel nulla oltre all’indicazione dei punteggi ottenuti che sono tutt’altra cosa!!! E l’Europa è troppo paziente, anche se continua a bacchettarci! La difficoltà consiste nel fatto che non si possono certificare tette insieme conoscenze, competenze e capacità!!! Si tratta di tre “cose” assolutamente diverse tra loro. Il legislatore, quando nella legge 425/97 scrisse quell’articolo 6, “Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell'esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell'ambito dell'Unione europea”, intendeva dare un’indicazione di massima. Spettava all’incompetente comprendere che il dare trasparenza non significava tout court certificare tre “oggetti” tutti insieme, tutti così diversi tra loro! L’impasse in cui si è trovato l’incompetente – ed ancora ci è immerso – riguarda proprio l’incapacità di avviare un lavoro serio sulle sole competenze in quanto tali (che implicano, ovviamente come sottoinsieme capacità, abilità, conoscenze, attitudini, caratteristiche personali e quant’altro) e giungere a proporre modelli attendibili e praticabili di certificazione. L’incompetenza ha riguardato anche l’amministrazione Moratti, quando provò con il varo del Portfolio delle competenze ad individuare, definire e descrivere competenze terminali per la scuola primaria e per la scuola media, distribuite ciascuna su tre livelli (elementare, maturo, esperto). Allora l’incompetente fu sonoramente redarguito da un coro di proteste, tant’era l’inconsistenza del modello proposto. Non vorremmo che l’incompetente si avventurasse a produrre un modello di certificazione in cui un fricandò di tre oggetti promiscui rendesse nuovamente risibile ed impossibile l’operazione! In ultima istanza occorrerebbe che l’incompetente ragionasse guardando al di là del seminato del primo ciclo di istruzione. Non dovrebbe dimenticare che le competenze terminali di una scuola obbligatoria o di una scuola di base, comunque la si chiami, per quello che riguarda il nostro Paese, sono quelle di cui ai quattro assi culturali ed alle competenze chiave di cittadinanza che alcuni… competenti hanno elaborato anche sulla scorta delle Raccomandazioni del Parlamento europeo e del Consiglio. Sono quelle che fanno testo e che contano, anche sotto il profilo formale, in quanto costituiscono un primo livello di uscita da un livello di istruzione di base, riconosciuto anche dalle istituzioni dell’Unione europea. Si dovrebbe anche considerare che tutte le competenze che possono essere certificate prima della fine della nostra istruzione obbligatoria decennale hanno pur sempre un carattere transitorio e devono assolutamente mirare e convergere verso quelle di cui al dm 139/07. Ragionare per compartimenti stagni, elevare steccati tra una scuola primaria, una secondaria di primo grado, che però conclude un primo ciclo, un successivo biennio e un triennio, che concludono un secondo ciclo – anche semanticamente il processo è assai impasticciato! – costituisce un esercizio deleterio per i nostri studenti che, invece, crescono e apprendono giorno dopo giorno e non secondo gradini – o gradi – loro imposti . Nessuno nega che lo sviluppo/crescita di un soggetto in età evolutiva ha i suoi tempi, i suoi ritmi, i suoi stili, i suoi stadi, se si vuole. Ma le frammentazioni ordinamentali che la nostra amministrazione da sempre ci propone sono funzionali ai loro concreti processi? Per di più in un mondo che cambia giorno dopo giorno e che investe in primo luogo le giovani generazioni!
Mi sembra che
l’incompetente sia più preoccupato di creare barriere laddove invece
dovrebbe creare ponti! Ma l’impresa è troppo grande! Se poi
mescoliamo l’esigenza di ridurre la spesa con quella di avviare la
costruzione di un effettivo Sistema educativo nazionale di
istruzione e formazione, allora diamo veramente i numeri! E chi paga
sono sempre i nostri ragazzi! E i nostri dirigenti e docenti che,
sempre più subissati da una continua superfetazione di norme, leggi,
decreti, regolamenti, circolari applicative e note varie, ormai da
tempo continuano a chiedersi quali siano gli spazi effettivi della
loro autonomia! |