LA CAMPAGNA IN CENTO SCUOLE DEL KENT Basta maestrine con la matita rossa
L'Inghilterra vieta le correzioni con quel
colore. La Stampa 27.12.2008
TORINO La notizia è di ieri. Ma il bando del rosso è ricorrente. Ogni tanto rispunta in qualche angolo del mondo per riformare la scuola, sempre in bilico tra severità e modernismo. Nel '97 un liceo dell’Inghilterra centrale, annunciò lungimirante il tramonto della temutissima matita rossa. A quel tempo, le punizioni corporali, le sculacciate per esempio, non erano ancora abolite del tutto, ma la scuola cancellò quel colore dai compiti perché «simboleggiava pericolo, e dominio maschile, e poteva essere interpretato come segnale di fallimento». Qualche anno dopo una trentina di scuola australiane fecero la stessa cosa. E chissà quanti altri istituti, meno mediatici, hanno sospeso le matite sanguigne. La psicologia, d’altronde, lo sostiene da tempo. Mostrate macchie rosse al più gandhiano degli esseri umani e anche lui svilupperà un certo nervosismo. Il rosso, per lunga convenzione, segnala errori gravi, divieti, proibizioni. A parte il manto di babbo natale, o le luci dei film sporcaccioncelli, rosso è il semaforo dell’alt, rosso è il cartellino che ti butta fuori dal campo sportivo, rosso era il colore delle sinistre, oggi un po’ in declino. Rosso, appunto, è il colore che fin dall’infanzia ci segnala compiti disastrosi, anche se gli errori più gravi, nella scuola italiana, si sottolineano in blu. La notizia del Kent è stata commentata con scetticismo e ironia. Anzi, con una bella dose di lazzi dai blog su internet. «Ma che sgargiante fesseria!». «Ma perché i nostri governanti non si concentrano su qualcosa di più serio?». Ben altri sono i rossi che oggi inquietano i cittadini e i risparmiatori. Ovvero i bilanci in rosso, le borse in rosso, le banche in rosso: in economia le sfumature cremisi pare siano più inquietanti delle «e» senza accento. Il rosso, dicono i tradizionalisti, è un sistema molto rapido per evidenziare gli errori. «Il divieto di usare l’inchiostro rosso - tuona Nick Seaton, capo di un’associazione che si batte per l’educazione tradizionale in Inghilterra - è una cosa balorda. Il senso comune ci dice che i bambini imparano dagli errori e in qualche caso bisogna infastidirli per insegnar loro qualcosa». L'obiettivo delle classi dal volto (e dal colore) umano è arrivare a una percezione più soft dell'errore. Il preside Richard Sammonds sostiene che «la scuola moderna non è più chiamata sfornare impiegati e contabili ma la forza-lavoro del ventunesimo secolo». La scuola moderna, fanno eco i professori del fronte anti-rosso, deve insistere con «l'approccio positivo», «non insistere solo sulle manchevolezze, ma incoraggiare». E magari sottolineare con altri pennarelli colorati, evidenziatori gioiosi, anche le parti più riuscite di un compito a mo' di sprone. Qualche decennio fa Maria Montessori sosteneva più o meno la stessa cosa. Non si preoccupava di cromopedagogia, né di penne rosse. Ma di zeri, doppi zeri, e altre punizioni varie. Il bimbo, spiegava, non ha bisogno di umiliazioni, per migliorarsi, per perfezionarsi. Forse aveva ragione, forse no (molti pargoli usciti delle scuole montessoriane hanno poi scoperto la libidine della tolleranza zero).
Di quasi certo, invece, c’è che la crociata del rosso può aspettare.
La riforma più urgente è abolire per legge il proverbio «sbagliando
s’impara». E’ vecchio, démodé, e ricorda troppo sovente che gli
esseri umani prendono cantonate, un sacco di cantonate. E non è
detto che poi imparino sul serio. Un detto pessimista. Altro che
penna rossa. |