L'istruzione per tutte le persone del mondo
è ancora un sogno
«Quando i sistemi finanziari falliscono le
conseguenze sono palesi e i governi agiscono prontamente. Quando
invece falliscono i sistemi di educazione, le conseguenze sono meno
visibili, ma non meno reali. La disparità di opportunità
nell’accesso all’istruzione alimenta infatti la povertà, la fame, la
mortalità infantile e riduce le prospettive di crescita economica.
Per questo motivo i governi devono agire con un maggiore senso
dell’urgenza». Sono le parole con cui Koïchiro Matsuura, direttore
generale dell'Unesco, ha recentemente presentato un rapporto che
documenta il "fallimento" in corso, da parte dei Paesi ricchi, nel
diffondere l'educazione primaria a tutte le persone del mondo. E
quelle con disabilità - non va mai dimenticato - restano sempre
ancora più escluse delle altre...
Giuliano Giovinazzo e Stefano Borgato,
Superando
16.12.2008
Secondo quanto dichiarato in un Rapporto recentemente reso
pubblico dall'Unesco
- l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la
Scienza e la Cultura - il fallimento dei governi di tutto il mondo
nell’affrontare le profonde e persistenti disuguaglianze
nell'accesso all'istruzione sta condannando milioni di
bambini a vite di povertà e di ridotte opportunità.
Puntando il dito, infatti, su una combinazione di indifferenza,
politiche nazionali troppo deboli e sul fallimento dei Paesi
donatori di aiuti nel dare seguito ai propri impegni, il
Rapporto di Monitoraggio Globale 2009 Education For
All -Overcoming Inequality: Why Governance Matters denuncia che
le «inaccettabili disparità a livello nazionale e globale in ambito
di istruzione stanno minando gli sforzi per raggiungere gli
obiettivi di sviluppo internazionale».
«Quando i sistemi finanziari falliscono - ha commentato il direttore
generale dell'Unesco Koïchiro Matsuura - le
conseguenze sono palesi e i governi agiscono prontamente. Quando
invece falliscono i sistemi di educazione, le conseguenze
sono meno visibili, ma non meno reali. La disparità di
opportunità nell’accesso all’istruzione alimenta infatti la povertà,
la fame, la mortalità infantile e riduce le prospettive di crescita
economica. Per questo motivo i governi devono agire con un
maggiore senso dell'urgenza».
Il Rapporto presentato dall’Unesco documenta quello che viene
definito come un vero e proprio «abisso» nell'opportunità di
istruzione che separa i Paesi ricchi da quelli poveri.
Viene sottolineato in particolare che:
- nei Paesi in via di sviluppo un bambino su tre
(193 milioni in totale) arriva all’età della scuola primaria con uno
sviluppo cerebrale e prospettive di istruzione compromesse dalla
malnutrizione; cifra, questa, che supera il 40% nelle zone dell’Asia
meridionale. In alcuni Paesi, poi, la prorompente crescita economica
non ha corrisposto alla riduzione della malnutrizione;
- 75 milioni di bambini nell'età della scuola
primaria non la frequentano affatto;
- laddove nei Paesi ricchi più di un terzo dei
ragazzi arrivano a completare il ciclo di istruzione universitaria,
nell’Africa Subsahariana una parte ancora minore di essi
riesce a terminare la scuola primaria e solo il 5% arriva a
frequentare l’università.
Le disparità all'interno dei vari Paesi rispecchiano poi le
ineguaglianze globali. Infatti, i bambini all’interno del
20% più povero nelle società di Stati come l'Etiopia,
il Mali o la Nigeria hanno tre
volte meno probabilità di essere inseriti nella scuola primaria
rispetto a quelli appartenenti al 20% più ricco.
E ancora, nel Perù e nelle Filippine
i bambini delle classi povere ricevono
un'istruzione di cinque anni minore rispetto a quella di
cui godono i figli delle famiglie più facoltose.
Ma la situazione economica non è l’unico contrassegno dello
svantaggio: le bambine e le ragazze sono infatti ancora
discriminate nell'accesso all'istruzione, come dimostra
l'ampia differenza di iscrizioni a causa del genere ancora
persistente in numerosi paesi dell’Asia meridionale e dell’Africa
Subsahariana.
Profondamente radicate sono anche le discriminazioni basate sul
linguaggio, sulla razza, sull’appartenenza
etnica e sulle differenze tra zone urbane e rurali,
come in Senegal, dove i bambini
delle città hanno il doppio delle possibilità di frequentare la
scuola rispetto a quelli delle campagne.
Gli autori del Rapporto concludono dunque che «le condizioni in cui
i bambini nascono, il loro genere, la ricchezza dei loro genitori,
la loro lingua e il colore della pelle non deve determinare
il loro grado di opportunità di istruzione».
Gli obiettivi mancati
Il documento dell'Unesco fornisce poi una valutazione
dettagliata dei progressi raggiunti negli obiettivi chiave
riguardanti l’istruzione, incluse l’educazione primaria
universale, l’uguaglianza di genere, l’alfabetizzazione
e l’istruzione di buona qualità.
Pur evidenziando miglioramenti incoraggianti in alcuni dei
Paesi più poveri del mondo, il rapporto ammonisce che senza
azioni drastiche molti di questi obiettivi verranno mancati e in
alcuni casi in modo assai vistoso. Ad esempio
sull’istruzione primaria universale il rapporto documenta
alcune situazioni nazionali e regionali davvero spaventose.
Ma vediamo qualche dato nel dettaglio. Nell'Africa Subsahariana e
nell’Asia meridionale e occidentale vengono sottolineati sensibili
incrementi nelle iscrizioni a partire dal 1999.
Tanzania ed Etiopia, ad
esempio, hanno ridotto il numero dei bambini che rimangono fuori
dalla scuola di oltre tre milioni.
A dispetto poi di un protratto conflitto civile, il Nepal
ha registrato forti progressi, mentre in una regione
contraddistinta da profonde disuguaglianze di genere, come il
Bangladesh, vi sono più ragazze che ragazzi
iscritte alla scuola secondaria.
La cattiva notizia, invece, è che il mondo non è affatto "in corsa"
per il raggiungimento del secondo Obiettivo di Sviluppo del
Millennio (Millennium Development Goals), ovvero quello
riguardante l'educazione primaria universale da raggiungere
entro il 2015.
Stando infatti ad alcune proiezioni ancora parziali, nel 2015 almeno
29 milioni di bambini resteranno ancora fuori dalla scuola,
una cifra, per altro, sottostimata, in quanto non include gli
effetti di conflitti che interessano Paesi quali il Sudan
e la Repubblica Democratica del Congo.
Inoltre è previsto che sempre nel 2015 la Nigeria
avrà 7,6 milioni e il Pakistan 3,7 milioni di
bambini fuori dal sistema scolastico («Entrambi questi Paesi -
sottolinea il Rapporto - soffrono di una debole governance
e di alti livelli di iniquità in ambito finanziario e di risorse»).
Nel Pakistan, tra l'altro, si iscrivono a scuola ottanta ragazze
ogni cento ragazzi.
E ancora, l'Etiopia e il Burkina Faso
nel 2015 avranno più di un milione di bambini al di fuori
del sistema scolastico, mentre saranno più di mezzo milione in altri
dodici Paesi.
Il Rapporto ammonisce anche sul fatto che le cifre riguardanti i
bambini estromessi dalla scuola costituiscono solo un
barometro parziale dell’entità di questa sfida: milioni di
loro, infatti, iniziano il loro percorso educativo, ma
abbandonano gli studi prima di portare a termine la scuola
primaria.
Inoltre le valutazioni sull’apprendimento documentano in modo
significativo il fallimento dei sistemi scolastici nel
fornire un'istruzione di buona qualità, cosicché molti
bambini escono dalla scuola senza avere acquisito la più elementare
abilità nel leggere, scrivere o "far di conto".
Si pensi ad esempio che il 60% degli studenti della scuola
secondaria in Brasile, Indonesia e
Tunisia sono in coda - staccatissimi - nella
classifica internazionale riguardante le conoscenze scientifiche
degli studenti o che una ricerca condotta in India
ha rilevato che meno della metà degli alunni di una terza classe
sono in grado di leggere correttamente un testo destinato agli
alunni della prima.
Ebbene, dare risposte a queste carenze richiederebbe riforme
di ampio respiro e un aumento degli investimenti, dal
momento che i sistemi scolastici di molti Paesi sono
cronicamente sottofinanziati e non godono delle opportune
risorse.
Un dato per tutti: nella sola Africa Subsahariana dovrebbero essere
assunti almeno 3 milioni e 800.000 insegnanti entro il 2015
per raggiungere l’obiettivo dell’istruzione primaria
universale!
Oltre poi alle attuali inefficienze delle scuole, il Rapporto ne
documenta molte altre che guardano "al passato". Si stima infatti
che vi siano ancora 776 milioni di adulti in tutto il mondo che non
hanno ricevuto un'alfabetizzazione di base, pari cioè al 16%
della popolazione mondiale e due terzi di questi
sono donne. Con la tendenza attuale ci saranno quindi, nel
2015, più di 700 milioni di analfabeti!
Politiche a sostegno dell'equità
«Superare la disuguaglianza: perché governance significa
fissare un'agenda di riforme ad ampio raggio». Il messaggio centrale
del Rapporto è quello che i governi attribuiscano una
maggiore importanza all'equità e alla giustizia sociale.
«Se i governi di tutto il mondo intendono seriamente il concetto di
Educazione per Tutti, devono diventare ben più seri
nell’affrontare la disuguaglianza», ha commentato Matsuura.
Tracciando un bilancio a livello internazionale, il Rapporto
identifica un ventaglio di politiche utili a porre
rimedio alle situazioni di estrema disuguaglianza.
Ad esempio la rimozione delle tasse scolastiche per
l'istruzione di base, l’aumento degli investimenti pubblici,
una serie di incentivi diretti alla maggiore inclusione di
bambine, ragazze e di persone appartenenti agli altri gruppi
discriminati, oltre a un impegno più forte per raggiungere
un'istruzione di qualità.
E qui vale senz'altro la pena ricordare che quando si parla di
«gruppi discriminati», sono proprio le persone con
disabilità ad essere quelle che forse più di tutte le altre
restano escluse dal sistema scolastico in tutto il mondo.
Il Rapporto cita in ogni caso un esempio incoraggiante
proveniente dall’America Latina, dove alcuni Paesi hanno
introdotto dei programmi di trasferimento di denaro per le famiglie
povere, con pagamenti condizionati alla frequentazione della scuola
e alle visite mediche.
Il "braccio corto" dei Paesi donatori
Chiara è infine l'accusa ai Paesi donatori di avere calato
progressivamente gli aiuti per raggiungere tutti questi
obiettivi. Infatti, secondo una stima calcolata per difetto, il
Rapporto calcola che per raggiungere entro il 2015 il risultato
dell'educazione primaria per tutti servirebbero almeno 7
miliardi di dollari all'anno e invece - al di là delle
dichiarazioni sempre incoraggianti, in occasione degli eventi
ufficiali - i fatti portano a tutt'altre conclusioni.
Nel 2005, ad esempio, i Paesi donatori si erano impegnati ad
aumentare gli aiuti entro il 2010 di circa 50 miliardi di dollari,
ma a tutt'oggi, quasi all'inizio del 2009, ne mancano ancora
30, la metà dei quali da destinare all'Africa Subsahariana.
In realtà è dal 2004 che il sostegno economico all'educazione
primaria è fermo, ciò che provoca ripercussioni anche sugli impegni
a medio termine, come la Fast Track Initiative,
progetto multilaterale di supporto all'educazione per tutti che
rischia di provocare un "buco" di più di 2 miliardi di
dollari entro il 2010.
«Se i Paesi donatori intendono impegnarsi seriamente per
l'educazione - si dichiara nel Rapporto - non possono più
continuare a calare ancora i finanziamenti».
Molto critico, poi, anche il giudizio nei confronti di quegli Stati
che fanno letteralmente "scivolare" il budget degli aiuti verso
l'istruzione superiore al proprio interno. Infatti, mentre Paesi
come l'Olanda o la Gran Bretagna
destinano il 60% dei loro aiuti all'educazione primaria nelle zone
del mondo a più basso reddito, altri - come la Francia
e la Germania - lo fanno solo per
il 12 e il 7%.
«Per questi ultimi, dunque, è più importante finanziare le loro
università che non sostenere l'educazione primaria nei Paesi a basso
e bassissimo reddito. Ne prendiamo atto», commenta il Rapporto.
Da segnalare infine che un maggiore investimento in aiuti è stato
chiesto dall'Unesco anche agli Stati Uniti e al
Giappone.