DOPO LA DECISIONE DEL GOVERNO DI AFFIDARE ALLA GELMINI 120 MILIONI
 DA DESTINARE QUASI CERTAMENTE ALLE SCUOLE NON PUBBLICHE

La Cei chiede altri soldi per le private

Alessandro Barbera e Giacomo Galeazzi La Stampa, 7.12.2008

ROMA
Le cronache ufficiali ieri erano tranquillizzanti. «Due emendamenti alla Finanziaria in discussione al Senato stanziano 120 milioni per il 2009. Potrebbe così rientrare in buona parte il taglio inizialmente previsto di 134 milioni rispetto a quest’anno», si ascoltava in mattinata sulle frequenze di Radio Vaticana. Dall’altra parte del Tevere si è tirato un sospiro di sollievo per la decisione del governo di far marcia indietro sul taglio di oltre il 30% delle risorse a favore delle scuole parificate, circa 500 milioni l’anno sui 50 miliardi destinati invece alla scuola pubblica. Ma in realtà alla Cei i conti ancora non tornano. E il messaggio è già stato fatto recapitare ai piani alti del governo. «Siamo parzialmente soddisfatti», sottolineava sempre dai microfoni della Radio il presidente di Fidae (la federazione delle scuole cattoliche) don Francesco Macrì. Da un convegno sull’educazione a Venezia rincarava la dose il cardinal Angelo Scola: «Sulla parità scolastica siamo sempre in grave sofferenza». Da un lato le gerarchie ecclesiastiche vogliono la certezza che i 120 milioni di euro per il 2009, messi genericamente a disposizione della Pubblica Istruzione, siano tutti destinati a coprire il taglio subìto. Dall’altra la Chiesa rivendica altri 54 milioni, gran parte dei quali relativi al 2008. «Posso assicurare che il governo li sta recuperando altrove, sono in arrivo», assicura Gabriele Toccafondi, deputato Pdl, ma soprattutto uomo di Cl in commissione Bilancio alla Camera, da dove la manovra dovrà ripassare per il via libera definitivo.

Nei Sacri Palazzi i conti li hanno fatti con precisione: la Cei chiede altri 14 milioni di euro per il 2009 (il taglio complessivo avrebbe dovuto essere di 134 milioni), più altri 40 milioni relativi al periodo settembre-dicembre di quest’anno. «Un mese fa le risorse sono sparite dalle disponibilità degli uffici scolastici regionali», denuncia Toccafondi. Proprio per questo, prima di cedere alle richieste pressanti dei vescovi, il sottosegretario al Tesoro Giuseppe Vegas aveva ipotizzato un intervento «in via amministrativa». Ma quelle somme, secondo quanto si vocifera nei corridoi del Tesoro, erano già state tagliate d’ufficio dalla Ragioneria e all’insaputa di Giulio Tremonti.

«Quale che sia la ragione, il governo deve recuperare quei fondi», dicono in Cei. «Abbiamo avuto ampie assicurazioni sul loro reintegro. Non c’è bisogno di alcun emendamento». In realtà, a meno di recuperare le somme dal bilancio dell’Istruzione, di un emendamento ci sarebbe bisogno. Nel Pd c’è chi si frega le mani per un cortocircuito che - volente o nolente - il Pdl ha prodotto con le gerarchie ecclesiastiche. Il coordinatore del governo-ombra Enrico Morando rivendica di aver sollevato la questione del taglio in Senato: «Il governo dovrà decidere come coprire il taglio anche nel 2010 e nel 2011, quando supererà i 200 milioni di euro». Eppure il rischio è che la questione esploda anche nel Pd, dove c’è un’anima laica che potrebbe a questo punto rivendicare minori tagli per la scuola pubblica. «Il governo ci dica con chiarezza che cosa intende fare», dice l’ex segretario confederale della Cisl, ed ora deputato del centro-sinistra, Pierpaolo Baretta.

In tarda serata Maurizio Gasparri, numero uno dei senatori Pdl in Senato, lascia intendere che tutto s’aggiusterà, anche se non subito: «L’emendamento approvato venerdì era doveroso per il ruolo insostituibile svolto dagli istituti cattolici. Ora la manovra è blindata e deve essere approvata così com’è. Ma dopo Natale corrisponderemo alle giuste richieste della Cei in vari altri provvedimenti». Fonti ben informate raccontano che avverrà nel passaggio alla Camera del decreto anti-crisi alla ripresa dei lavori dopo l’Epifania.