Con la vittoria del Pdl e l'affermazione della Lega,
come cambierà il rapporto stato-regioni

Scuola, soffia il vento federalista.

Dagli stipendi alle assunzioni, la sfida del governo Berlusconi

Alessandra Ricciardi, da ItaliaOggi del 22.4.2008

 

È un settore difficile, segnato da una storia di riforme tentate, fallite e/o abrogate, da una spesa alta -e quasi del tutto fissa perché imputata al pagamento degli stipendi-, da un elevato tasso di sindacalizzazione, che ha reso complicata la vita a molti governi, anche di colori politici diversi. Un settore, è quello scolastico, per il quale da tempo si rivendica un urgente rilancio strategico. Nella scuola lavorano oltre un milione di dipendenti e studiano oltre sette milioni di ragazzi. Su di essa si riversano le colpe dello sbandamento giovanile, dell'impoverimento culturale, pure dell'arretramento economico del paese. Il ministro che entrerà al dicastero di viale Trastevere per prendere la guida dell'Istruzione, università e ricerca - il dicastero tornerà alla veste che aveva ai tempi di Letizia Moratti - avrà insomma davanti a sé una sfida non da poco. E su tutte le riforme in agenda, c'è ne è una che diventa indifferibile, anche alla luce dell'affermazione che, nella vittoria del centrodestra, ha contrassegnato la Lega Nord di Umberto Bossi. È la riforma del federalismo scolastico, o meglio la piena attuazione di quanto già prevede il rinnovato titolo V della Costituzione. Dove in sostanza si stabilisce che le scuole sono competenti nella progettazione formativa, e quindi hanno la responsabilità del curriculum scolastico e della sua declinazione in rapporto alle esigenze dello studente e del territorio; che alle regioni spetta la programmazione e la gestione del servizio; e allo stato, invece, fissare le norme generali, i principi fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni. Una ripartizione che, se pienamente attuata, si tradurrebbe nel passaggio dallo stato alle regioni della competenza in materia di assunzioni e di stipendi del personale scolastico. Si delineerebbe in questo scenario un sistema regionalizzato in quanto ad organizzazione, con l'obiettivo -evidenziano i sostenitori- di un servizio più flessibile ed efficiente.

Ma non è l'unico riflesso del vento federalista che si è alzato sulla scuola italiana. Sulla formazione professionale, per esempio, si assisterà al reiterato tentativo delle regioni di appropriarsene in pieno, riprendendosi gli istituti professionali. Così come del resto stabiliva la riforma Moratti prima che fosse stoppata sul nascere dal governo Prodi. Il compito di garantire l'equilibrio tra le contrapposte esigenze-quelle delle regioni, quelle dello stato, dell'Unione europea, ma anche quelle avanzate da insegnanti e studenti- spetterà probabilmente al coordinatore del partito del premier in pectore, Silvio Berlusconi, ovvero Sandro Bondi, dato in pole position per il dicastero che oggi è diviso tra Beppe Fioroni (Istruzione) e Fabio Mussi (Università e ricerca).

Nella squadra è atteso anche un vice ministro, ed è tra i papabili Guido Possa, già vice della Moratti per la ricerca, e uomo che gode della stima personale del Cavaliere; e poi due sottosegretari: l'arrembante Valentina Aprea, già responsabile scuola di Forza Italia e sottosegretario nell'ultimo governo Berlusconi, che tornerebbe a occuparsi di istruzione; e Giuseppe Valditara, responsabile scuola e università di An, che ha riscosso consensi bipartisan in commissione cultura al senato nella passata legislatura. Per lui ci sarebbe in vista la delega per l'università.