Governo, la stretta finale
Il Cavaliere sigla l'intesa con la Lega.
Nessun vicepremier per Berlusconi
Gianni Letta ancora sottosegretario,
Diviso in due ministero delle Riforme
Ugo Magri La Stampa del
27.4.2008
ROMA
Lo spadone della Lega si abbatte sul simbolo vivente del «volèmose
bene»: Gianni Letta. Berlusconi rifiuta di prendersi Calderoli come
vice-premier? Bossi china la testa, ma a patto che nemmeno Letta
ricopra quel ruolo. E pareggia il derby Milano-Roma.
Dunque, Berlusconi non avrà un vice. O meglio, Letta continuerà a
svolgere quel ruolo che ricopre da sempre (sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio), con il personale prestigio che gli deriva
dalla simbiosi col Cavaliere, ma pure dall’avvolgente trama di
relazioni che ha saputo tessere, perfino a sinistra. Proprio questo
suo «fair play» ha finito per trasformare lui, l’Ambasciatore
talmente schivo che non ha mai rilasciato una sola intervista, nel
parafulmine della Lega. E non solo di Bossi. Pure An aveva mostrato,
nei giorni scorsi, di non gradire un ruolo politico per questo
personaggio tutto sommato estraneo ai partiti, al loro sistema di
lealtà reciproche. Chissà, forse non ha torto chi sostiene che in
fondo a Letta non spiace restare semplicemente un «tecnico» al
servizio delle istituzioni.
A questo punto i giochi sono fatti, le poltrone importanti risultano
tutte «battezzate». Ora Berlusconi ha una decina di giorni per
sistemare le rimanenti caselle del governo: ministri senza
portafoglio, vice-ministri e sottosegretari. Assisteremo a liti e
sgomitamenti, pianti e proteste, ma certo non è una missione di
quelle impossibili. L’ultimo vero inciampo il Cavaliere lo ha
scavalcato ieri, accordandosi con Bossi e gettando le basi per una
pace durevole con i «lumbard». Pendeva il caso Calderoli, del quale
non era ben chiaro il destino. Si era parlato di lui quale possibile
vice-premier, in coppia con Gianni Letta. E come sempre, alla
vigilia di incontri risolutivi, il Senatùr aveva dato segni di
nervosismo. Bastava aprire ieri mattina la «Prealpina» per leggere
sue minacciose espressioni tipo: «Berlusconi tergiversa, con Letta
cerca di fare qualche vecchio giochetto democristiano. Ma il
coltello dalla parte del manico ce l’abbiamo noi...».
Questo in pubblico. A quattr’occhi, invece, è filato tutto liscio.
Anzi, si può dire che nella sostanza l’ha spuntata Berlusconi.
Astutamente s’è recato lui da Bossi (non viceversa) nella tana
leghista di via Bellerio, un onore che non riservava al Carroccio
dal lontano ‘94. Ha ribadito di non volere Calderoli come vice. Si
spenderà per trovargli un ruolo alternativo. L’ipotesi, da
verificare nelle prossime ore, consiste nel farlo ministro per
l’Attuazione del programma. In pratica riceverebbe una scatola vuota
da riempire sottraendo deleghe agli Affari regionali (in predicato è
il forzista Fitto) e soprattutto alle Riforme, cioè proprio il
ministero di Bossi. Il leader della Lega si occuperebbe dell’unica
cosa che davvero gli preme, da quando è entrato in politica: il
federalismo.
Ricapitolando, la nomenklatura del nuovo potere è la seguente:
Berlusconi presidente del Consiglio, Fini della Camera, Schifani del
Senato. Gasparri capogruppo Pdl a Palazzo Madama, Cicchitto a
Montecitorio (con Rotondi che prova a insidiarlo). Frattini ministro
degli Esteri, Maroni all’Interno, Vito alla Giustizia, La Russa alla
Difesa, Tremonti all’Economia, Scajola alle Attività produttive
(inglobano Sviluppo e Comunicazioni). Quindi
Mariastella Gelmini
titolare dell’Istruzione (ma anche
di Università e ricerca), Zaia
dell’Agricoltura, Matteoli delle Infrastrutture (comprendono i
Trasporti), Fazio alla Salute (verrebbe «spacchettata» dal Welfare).
Tra i ministeri con portafoglio restano da attribuire l’Ambiente (Prestigiacomo?
Brambilla?), i Beni culturali (Bondi o Bonaiuti), ma soprattutto il
Welfare, tenuto in caldo per Alemanno se dovesse perdere la gara con
Rutelli a Roma. Se invece dovesse farcela, sono in pista due donne
di An, Meloni e Poli Bortone. Gli ultimi nodi verranno sciolti
martedì.