L’ITALIA DEGLI ASINI
Il preside ordina il "sei politico".
"Gli insegnanti speculano sui corsi di recupero"
Alessandra Cristofari, La Stampa del
21.4.2008
PERUGIA
Sarebbe da chiedersi a che genere di meritocrazia si riferisca il
ministro Giuseppe Fioroni che sulla necessità di riformare l’attuale
sistema d’istruzione ha speso più di una parola. Sarebbe da
chiederlo al professor Roberto Volpi, dirigente scolastico
dell’Istituto d’Arte «Bernardino di Betto» di Perugia, che di suo
pugno ha firmato e poi fatto protocollare una circolare nella quale
esorta i docenti a ridurre le insufficienze degli studenti, a meno
di non voler compromettere i rapporti con la presidenza.
In una specie di apologia del sei politico, il preside perugino
invita difatti i professori del suo istituto a rivedere i parametri
di valutazione, così da sfoltire le schiere degli asini. «Sia nelle
prime quattro classi del corso ordinario che nei bienni - scrive il
preside - la valutazione degli alunni ha avuto esiti catastrofici».
Un bilancio così in passivo che «fossimo oggi al termine dell’anno
scolastico - si legge nella circolare - le bocciature
riguarderebbero percentuali tra il 70 e il 90 per cento degli
iscritti, con conseguenze disastrose sugli organici e sulla
sopravvivenza stessa dell’istituto». Già, la sopravvivenza
dell’istituto. A guardarla dal suo punto di vista non è che abbia
tutti i torti.
La scuola-azienda dell’azienda Italia non può difatti prescindere da
una logica di mercato che al numero degli iscritti fa dipendere
l’esistenza stessa dell’istituto. Ecco allora che il preside, alla
ricerca della quadratura del cerchio, si slancia in giudizi tutt’altro
che lusinghieri nei confronti dei suoi docenti «che, giudicando
sufficienti due o tre alunni in una classe intera, bocciano in primo
luogo se stessi». Ma non è tutto. Oltre a dubitare della
professionalità degli insegnanti («Senza assolvere la tendenza al
disimpegno degli studenti e senza dimenticare la loro responsabilità
personale - si legge alla quindicesima riga della circolare - è
comunque inaccettabile che in cinque mesi di lezione non si riesca a
coinvolgere in un minimo di interesse per la propria materia non
dico la totalità o la maggioranza, ma almeno una quota significativa
delle proprie classi»), il preside perugino fa di più, instillando
il dubbio che i prof vogliano mettere le mani sul piatto dei corsi
di recupero. «Il netto peggioramento, statisticamente rilevabile
rispetto agli scrutini quadrimestrali dell’anno passato - insinua il
dirigente - non può che indurre al terribile sospetto che alla base
di certe valutazioni ci sia anche il desiderio di accedere alla
spartizione della torta rappresentata dai cinquanta euro l’ora per
lo svolgimento degli Idei (Attività didattiche ed educative
integrative, ndr)». Ma i prof che avessero pensato di arrotondare lo
stipendio con qualche rientro pomeridiano avrebbero fatto male i
loro conti «visto che - ammonisce il preside - la torta dei corsi di
recupero è ben misera cosa». Diciassettemila euro in tutto. «Una
cifra - spiega - da cui vanno detratti i compensi per i corsi già
effettuati e che dovrà coprire anche le attività estive». Elementare
la conclusione: «Visto che pochissimi corsi potranno essere avviati
prima di giugno, sarà da privilegiare un altro genere di azioni come
il fermo della didattica, il recupero in itinere e l’attività di
sportello». Un clima vagamente inquisitorio, quello che si respira
nelle aule dell’istituto d’arte perugino, che ha fatto andare su
tutte le furie i destinatari della circolare che la correzione
all'insù dei voti la ritengono una indebita invasione di campo.
«Non diventerò un vigilante»
Eppure sembra proprio che dovranno capitolare visto che il preside
conclude la circolare con una sorta di avvertimento: «Resto
fiducioso sull’equilibrio e sulla professionalità dei docenti ma non
vorrei essere costretto a un serio controllo e a precisi interventi,
qualora continuino a pervenire segnali che mettono in pericolo i
rapporti con l’utenza e quindi la tenuta dell’istituto come entità
autonoma». Promozioni da hard discount, dunque, che imbarazzano non
poco il corpo docente, che ad essere largo di manica non ci pensa
nemmeno. «Vorrebbe dire - spiega un insegnante punto sul vivo -
trasformarsi in vigilante e rinunciare al mandato educativo». Ma
tant’è. Il sei d’ufficio, che sembrava archiviato con le occupazioni
sessantottine, torna prepotentemente di moda, diventando, prima che
un diritto degli studenti, un dovere degli insegnanti.
NATO NEL '68
Tutti promossi
Il «sei politico» è uno dei prodotti della contestazione studentesca
del ‘68. Rovesciando il principio di autorità e predicando il
diritto allo studio generalizzato contro la scuola di classe, gli
studenti teorizzavano la sufficienza a prescindere dal merito.
I voti collettivi
Nelle università, l’ideologia si declinava con gli esami collettivi
e il «18 politico». Negli ultimi anni, il declino dell’istruzione
pubblica ha aperto un dibattito in senso revisionista. E al ‘68 si è
attribuita la degenerazione della scuola italiana.