Burnout

Mentre a Roma si discute . . .
. . . cosa avviene a Sagunto?

Anna Di Gennaro, da Orizzonte scuola del 15.4.2008

 

Dopo un periodo burrascoso di atti di bullismo e filmati osè ripresi a scuola col telefonino, destò scalpore la triste vicenda della ventenne “cattiva maestra” che - durante le faticose ore pomeridiane - aveva ferito un esuberante scolaro “tagliandogli” parte della lingua.

Evidentemente povera di mezzi educativi adeguati circa le strategie metodologico/didattiche da utilizzare durante simili frangenti, la malcapitata ricorse ad un gioco pericoloso, le cui conseguenze le erano decisamente ignote. Dell'ennesimo caso di cronaca si occupò sia la stampa nazionale sia il più seguito TG italiano, quello di RAI 1, ore 20.00 del 27 febbraio 2007. Andò in onda una breve intervista non solo al Ministro Fioroni ma anche allo specialista Vittorio Lodolo D'Oria. Tuttavia mentre per il primo – medico - si trattava delle solite rare “mele marce”, per il secondo l'accaduto era riconducibile ad una “scottante” questione ben più drammatica e pericolosamente sottostimata. Il noto ricercatore, da un osservatorio privilegiato come quello dell'equipe ASL Città di Milano, aveva dimostrato che:

“La categoria professionale degli insegnanti – in controtendenza con gli stereotipi diffusi nell'opinione pubblica – è soggetta ad una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori manuali. A documentarlo sono recenti studi scientifici, che evidenziano tra gli insegnanti un costante aumento della percentuale di accertamenti per idoneità al lavoro a causa di patologie psichiatriche (dal 44.5% del triennio 92-94 al 56.9% del periodo 01-03)”.

L'intera corposa ricerca, pubblicata dall'autorevole rivista La Medicina del Lavoro n° 5/2004 e riportati nel suo dossier Scuola di follia (ed. Armando, Roma 2005) è stata recentemente oggetto di serio interesse e nuove azioni preventive, avviate dalle istituzioni francesi, che dimostrano di aver maggiormente a cuore il benessere dei loro docenti. Ma se l'insegnante era giovanissima, perché ricorrere a codeste argomentazioni? Di certo lo specialista la difese ma l'intervista andò in onda parzialmente e anche a lui fu…tagliata la lingua! Per comprendere meglio il nesso, segnalo la schematizzazione sottostante, tratta dal suddetto libro, consegnato brevi manu dalla sottoscritta al gentile Ministro durante una gradita visita qui a Milano. Essa chiarirà i numerosi e legittimi dubbi di chi ignora la materia, decisamente complessa, sulla quale è giunta l'ora di far luce visualizzando la “piramide” degli insegnanti http://www.orizzontescuola.it/orizzonte/images/percorsi.gif
 

• L'apice: composto da coloro che sono oramai vittime di una psicopatologia franca. Si dovrà pensare, insieme al mondo medico-scientifico, ad individuarli, agganciarli e curarli, affinché non arrechino danni a se stessi e all'utenza. L'intervento, ad opera di personale specializzato, deve tendere a perseguire la guarigione dell'individuo, con l'obiettivo finale di favorirne il reinserimento lavorativo e sociale.

• Lo strato intermedio: popolato da coloro che sono in una situazione di burnout. Deve essere messo a punto quello che gli anglosassoni chiamano social support; che si traduce nella creazione di strutture di ascolto, informazione, condivisione, counselling e – all'occorrenza – sostegno psicologico. L'obiettivo delle suddette iniziative consiste nell'evitare all'insegnante in difficoltà quei sentimenti di vergogna ed isolamento, tipici dell'individuo che si trova ad attraversare questa fase transitoria. Intervenire per tempo è fondamentale poiché la situazione, anziché regredire, può evolvere verso la patologia psichiatrica con la perdita delle capacità di critica e giudizio e la conseguente espulsione sociale (spesso scambiata per mobbing dall'interessato).

• La base: vi si trovano coloro che sono in buona salute. Ci si deve occupare di preservare la loro condizione che è potenzialmente a rischio di logoramento psicofisico. Formare gli insegnanti in modo completo, senza tralasciare di metterli in guardia sugli effetti usuranti della loro professione, diviene perciò una tappa cruciale per un'oculata attività di prevenzione da parte dei dirigenti scolastici . Occorre inoltre abituare i docenti a gestire le proprie energie, non smarrire nel tempo la capacità di auto-valutare le proprie condizioni psicofisiche, monitorare sistematicamente lo stato di salute e soprattutto non scordarsi di fare ricorso a buone dosi di autoironia durante il lavoro scolastico. Diviene infine fondamentale un coinvolgimento dei mass-media per cercare quantomeno di ridurre i dannosi stereotipi sulla professione insegnante e restituire dignità alla funzione sociale dell'intera categoria.


Pochi giorni fa la giusta sentenza: “ORA IL MINISTERO PAGHI I DANNI”

Per il giudice Laura Cairati il taglio della lingua fu un incidente. Fu una “reciproca provocazione” tra maestra e alunno, un “gioco pericoloso” una “sfida” provocata da un “bambino disturbatore”. Per il giudice “il quadro probatorio porta a riflettere che la lesione sia stata provocata dalla maestra attraverso un comportamento colposo”. Anche se lo stesso giudice considera l'atto “azione volontaria deve ritenersi che l'imputata sia caduta in errore sulle potenzialità lesive dello strumento da lei maneggiato”. Chi è causa del suo mal pianga se stesso dunque…con un caloroso augurio al pm Marco Grezzi, che dopo aver letto le motivazioni firmate dal giudice Laura Cairati, ha deciso di fare ricorso contro la condanna per lesioni colpose.

Come spesso accade, l'intuito, l'acume e – soprattutto - la maggior sensibilità delle donne hanno avuto il sopravvento, ci auguriamo non demorda e vinca nuovamente!

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