Il futuro democratico Angela Giustino, la Repubblica 14.4.2008
Napoli Ad esempio: se una scuola oggi si accredita in relazione al numero dei promossi non può certamente lavorare per la qualità dell’apprendimento poiché ciò che conta è la quantità di promozioni che vanno garantite. Ciò rende anche debole la figura dell’insegnante che, da un punto di vista umano e professionale, perde credibilità agli occhi degli studenti e soprattutto di quelli più impegnati e meritevoli che non vedono premiati i loro sforzi di fronte a promozioni garantite anche ai nullafacenti. Va ricordato che i docenti, il cui obbligo dovrebbe essere l’aggiornamento costante, percepiscono stipendi indecorosi, per cui molti di loro, demotivati, si tuffano in progettazioni spesso inutili per la formazione degli studenti ai quali viene sottratto un tempo produttivo di sapere. Non vanno sottovalutate le carenze strutturali che rendono vergognosa la realizzazione di qualsiasi progetto educativo poiché gli spazi nei quali si educa interagiscono con la formazione. Persiste inoltre un dilagante precariato nemico di ogni continuità didattica; classi sovraffollate dove è impossibile prendersi cura dei bisogni dei singoli allievi; mentre manca un serio ripensamento dei modelli di insegnamento i quali risultano obsoleti rispetto a una realtà in continua trasformazione. Purtroppo la risposta a queste problematiche l’abbiamo avuta con la notizia dei tagli operati sui finanziamenti alla scuola, dei quali un quarto riguarderebbe la sola Campania. Ciò suona come una condanna a morte per la nostra regione e per Napoli soprattutto in quanto sarebbe gravemente leso il diritto allo studio con inevitabili riflessi negativi sul sociale, mentre aumenterebbe considerevolmente la disoccupazione in ambito scolastico (circa 3000 insegnanti perderebbero il posto di lavoro). Al di là del degrado nel quale versiamo è sconcertante pensare che in un’epoca di complessità in cui nuove emergenze educative quali la questione ecologica, la pace nucleare, l’interculturalità si affacciano a livello locale e planetario, emergenze che reclamano la crescita di senso di responsabilità, capacità di autodeterminazione, partecipazione attiva alla vita pubblica da parte dei singoli, si pensi di ridurre le spese destinate alla scuola. Sottoporre a restrizioni finanziarie la scuola significa trattarla alla stregua di un qualsiasi altro servizio e dimenticare di interrogarsi su quale umanità si sta costruendo. Non a caso in campagna elettorale è tornata la proposta di una scuola delle 3 "i" (internet, inglese, impresa) il che la dice lunga sul significato che la formazione può avere per certa politica la quale vede nella scuola un’azienda, magari in questa fase storica, poco produttiva, poiché non si preoccupa abbastanza di insegnare ciò che è immediatamente utile e funzionale al mercato del lavoro. Ciò che ormai conta è la competenza e non la formazione della personalità; in una scuola delle 3 "i" l’amore per il sapere è messo al bando poiché vanno veicolati solo contenuti freddi, oggettivati, miranti a formare efficienza, il tutto in una dimensione di calcolabilità da cui scompare ogni emozione, ogni creatività che anzi risultano d’intralcio per il profitto. Questo modello di scuola può solo istruire, quando ci riesce, mentre le è estranea l’idea di educare, di coltivare la singola personalità, per aprirla alla socializzazione e per renderla capace di scelte etiche e politiche.
C’è un lavoro di
bonifica da fare sul territorio nazionale e soprattutto campano che
solo una scuola rinnovata e opportunamente incentivata potrebbe
svolgere, un lavoro che non è circoscritto alle limitate attuali ore
scolastiche, ma richiederebbe l’apertura 24 ore su 24 dei locali,
riservati non solo agli studenti ma anche ai genitori e ai
cittadini, poiché c’è urgenza di educare soprattutto gli adulti.
Qualche progetto di scuola aperta è già in atto, ma costituisce una
goccia in un mare di bisogno formativo che dovrebbe essere
permanente e riguardare tutti gli strati sociali, coinvolgendo non
solo le periferie ma anche il centro delle città, poiché il
benessere economico e sociale nonché lo sviluppo e la stabilità
democratica passano attraverso l’incremento e la qualità della
formazione, cosa che in altri paesi europei è stata da tempo
recepita. Una formazione che, va ribadito, non può riguardare in
maniera unidimensionale la sola professionalizzazione, come
accadrebbe con la scuola delle 3 "i", poiché ciò significherebbe
spegnere nei giovani ogni capacità di pensare, ogni senso critico,
creando una massa di servili e addomesticati, perfetto prototipo
antropologico utile al funzionamento dell’ingranaggio totalitario. |