Elezioni 2008/5.
Se l'istruzione non fosse più
il brutto anatroccolo.

da TuttoscuolaNEWS, n. 340, 21 aprile 2008

 

Forse è un sogno, forse non accadrà mai. Ma a noi di Tuttoscuola piacerebbe svegliarci una mattina, magari il giorno dopo la celebrazione delle elezioni politiche, in un Paese nel quale, in previsione della costituzione della squadra di governo, si scateni la competizione tra i più autorevoli esponenti della formazione uscita vincitrice dalle urne per l'assegnazione del Ministero dell'istruzione. Sarebbe un sintomo di una considerazione della scuola come una delle priorità della nazione.

Ma quel Paese per ora non è l'Italia, anche se quella poltrona ministeriale è nel frattempo diventata una superpoltrona, sommando alle competenze sul sistema scolastico quelle sull'istruzione superiore e sulla ricerca scientifica.

Sembra anzi - a leggere le cronache - che ci sia una specie di gara al contrario, in cui a chi perde viene aggiudicato il MIUR, quasi un premio di consolazione. Nella precedente occasione elettorale ricordiamo le resistenze di Clemente Mastella, che non si "accontentava" del MPI. Ora la storia sembra ripetersi.

Eppure non mancano esempi di Paesi anche a noi vicini, come la Francia della commissione Attali (in cui siedono anche gli italiani Monti e Bassanini), che fanno dell'impegno prioritario nel settore dell'educazione la chiave di volta dei destini futuri della nazione. E si ricordano i casi di Tony Blair, che vinse le elezioni del 1997 con lo slogan "Education, Education, Education", e quello dello stesso George W. Bush, nel cui programma del 2001 campeggiava in primo piano la riforma scolastica "No Child Left Behind", poi approvata con maggioranza bipartisan.

Ecco: le cifre impressionanti che Tuttoscuola ha riportato nel dossier presentato il 1° aprile 2008, quelle cifre che hanno fatto dire a Gian Antonio Stella, sul Corriere della Sera, che "in un Paese serio non farebbero chiuder occhio agli aspiranti premier", meriterebbero ben altra attenzione, e la scelta di un ministro, come si usa dire, di "serie A", possibilmente con una conoscenza approfondita della materia. Un ministro che lavorasse in stretta sinergia con un lungimirante ministro dell'Economia, visto fra l'altro che gli studi OCSE, Unesco e di molti autorevoli studiosi concordano nel valutare che gli investimenti in istruzione hanno nel lungo periodo un effetto sulla crescita del PIL assai più elevato di qualunque altro tipo di investimento.

Ma occorrerebbe considerare veramente, e non soltanto a parole, l'istruzione una scelta strategica per il sistema Paese e ragionare, appunto, in termini di investimenti e di lungo periodo. Per ora resta un sogno, purtroppo.