Cari insegnanti arrendetevi.
Siamo in attesa solo della mazzata
finale: la designazione del nuovo ministro.
In questo panorama ci mancavano le parole di un preside
di un Istituto d’Arte di Perugia - Roberto Volpi - castigamatti di
professione,
che in una circolare esorta i docenti alla sanatoria delle
insufficienze.
Marina Boscaino da
l'Unità
del 25.4.2008
La scuola italiana e molti degli insegnanti che
vi lavorano sono in serie difficoltà. Siamo in attesa solo della
mazzata finale: la designazione del nuovo ministro. In questo
panorama ci mancavano le parole di un preside di un Istituto d’Arte
di Perugia - Roberto Volpi - castigamatti di professione, che in una
circolare esorta i docenti alla sanatoria delle insufficienze degli
studenti. Scrive Volpi: «Sia nelle prime quattro classi del corso
ordinario che nei bienni la valutazione degli alunni ha avuto esiti
catastrofici». E continua: se «fossimo oggi al termine dell’anno
scolastico le bocciature riguarderebbero percentuali tra il 70 e il
90 per cento degli iscritti, con conseguenze disastrose sugli
organici e sulla sopravvivenza stessa dell'istituto». Una risposta
eloquente a chi - trasversalmente - ha vincolato l’esistenza degli
istituti scolastici e le sovvenzioni da essi ricevute al numero di
iscritti: una sorta di mercato all’incanto che ogni anno sublimiamo
chiamandolo “orientamento”; in realtà, pura propaganda per far
acquistare il prodotto offerto dalla scuola. Perché da quell’acquisto
dipende il futuro. Non importa se il Piano dell’Offerta Formativa
sia rispettato. L’importante è che il marketing usi formule
accattivanti. E, di conseguenza, produca l’effetto di cooptare
clienti.
Continua Volpi nella sua circolare: «Il netto peggioramento (...)
non può che indurre al terribile sospetto che alla base di certe
valutazioni ci sia anche il desiderio di accedere alla spartizione
della torta rappresentata dai cinquanta euro l'ora per lo
svolgimento degli Idei (Attività didattiche educative integrative,
ndr)». Parole gravissime. Tra gli insegnanti, oggi, c’è di tutto:
demotivati, stanchi, incapaci, fannulloni, malpagati. Ma nelle
scuole esiste anche altro. La cifra (lorda) indicata dal preside -
indipendentemente dall’assoluta inadeguatezza del provvedimento sul
recupero delle criticità - è il primo riconoscimento vagamente
accettabile di una prestazione professionale nel nostro campo.
Evidentemente, però, Volpi non ritiene i docenti all'altezza della
situazione: «È comunque inaccettabile che in cinque mesi di lezione
non si riesca a coinvolgere (...) non dico la totalità o la
maggioranza, ma almeno una quota significativa delle proprie
classi». Pertanto, conclude la circolare, «è bene scoraggiare
qualunque corso di recupero e provvedere attraverso modalità
alternative e meno dispendiose». Insomma, nella penosa guerra tra
poveri di cui la scuola italiana - laboratorio del fallimento della
sua stessa missione - è protagonista, la colpa principale è degli
insegnanti. Non di una classe politica che tenta di dare risposte
farraginose, inadeguate e inefficaci al grave fatto che il 70% degli
studenti italiani abbia almeno un debito. Non che quella percentuale
fotografa una scuola che non è più in grado di fornire risposte
coerenti alle domande del reale e perciò produce disaffezione e
insuccesso. Non che il livello di professionalità degli insegnanti
italiani, sul quale da decenni nessuno investe più nulla (comunque
inadatto a giustificare la “Caporetto” della scuola italiana), è
tale da richiedere interventi sulla formazione iniziale e sulla
formazione in itinere e un dibattito più ampio sulla rifondazione
del cosa e del come insegnare, su efficaci risposte ai perché che il
mondo fuori pone ai nostri ragazzi. Non che il problema della
valutazione continua ad essere ignorato. La guerra tra poveri non
guarda alle ragioni di lungo periodo, non è lungimirante. Perché
proporre un surrettizio aggiustamento della valutazione,
delegittimando in modo ingiustificato intenzionalità, competenze,
conoscenze degli insegnanti che dovrebbero provvedere al recupero,
significa insultare non solo la professionalità di quanti lavorano
quotidianamente con impegno; ma anche dequalificare questa specie in
imminente via di estinzione che si chiama scuola pubblica. Peraltro,
non avere alcun autentico rispetto per i ragazzi che la frequentano
e per i futuri cittadini che saranno. E dare il “la” alle più
fantasiose (e pericolose) interpretazioni della valutazione degli
insegnanti: una proposta che mette d’accordo i due principali
schieramenti politici, ma ricca di insidie e di possibili
arbitrarietà o negazioni di diritti.