Scuola,
aboliamo il recupero degli asini.
Paola Mastrocola, La Stampa del
7.4.2008
In questi mesi le scuole italiane sono
impegnate nella «Missione Recupero». Credo che tutti lo sappiano
perché se n'è parlato molto da dieci anni a questa parte: il
recupero fu introdotto dal ministro Berlinguer, fu conservato
mirabilmente intatto dal ministro Moratti ed è ora più che mai
voluto, sostenuto e moltiplicato dal ministro Fioroni; è quindi un
concetto - nonché una legge - che transita beatamente da un governo
all'altro, di qualsivoglia colore politico esso sia.
Credo altresì che tutti non possano che essere d'accordo
sull'opportunità di recuperare gli allievi: per una ragione molto
semplice, che la parola recupero è una bellissima parola! Rimanda a
nobilissimi sentimenti di umanità e fratellanza. Chi mai potrebbe
dire, infatti, che non è bene recuperare - cioè salvare - qualcuno o
qualcosa? È bene recuperare relitti in fondo al mare, recuperare
fondi e refurtive, recuperare l'uso di un arto… A maggior ragione, è
bene, anzi, benissimo recuperare ragazzi in difficoltà nello studio.
Credo però, anche, che nessuno (se non un'esigua minoranza) sappia
veramente che cosa sia nella sostanza il recupero. E quindi vorrei
provare a raccontarlo. Partiamo da un allievo, ad esempio di prima
liceo, che prenda quattro di italiano per quattro mesi di fila. Lo
chiameremo Giovanni.
Giovanni prende quattro perché non sa l'analisi logica. Davanti alla
frase «Si vedono gabbiani al mare», egli scrive:
Si: soggetto
vedono: predicato verbale
gabbiani: complemento oggetto
al mare: complemento di termine.
Piccola parentesi: potremmo chiederci perché Giovanni non sa
l'analisi logica. Forse alle elementari e alle medie la grammatica
non va più di moda, l'hanno abolita e si son dimenticati di dircelo?
Oppure sono i ragazzi che non la studiano, o dimenticano all'istante
quel che (labilmente) studiano? Nel qual caso, perché mai sono
arrivati fino al liceo? Domanda oziosa: c'è la scuola dell'obbligo.
Come potremmo obbligarli ad andare a scuola e nello stesso tempo,
solo perché non studiano, cacciarli dalla scuola? Fine della
parentesi.
Ma non importa: i ragazzi arrivano digiuni di grammatica e noi,
buoni buoni, alle superiori gliela insegniamo daccapo, come se nulla
fosse mai stato prima. Nessun problema, siamo gente responsabile, ci
mancherebbe! Rispieghiamo tutto a Giovanni, dall'articolo in poi. Ma
Giovanni continua a prendere quattro. Si: soggetto; gabbiani:
complemento oggetto. Oibò! Che fare? Ecco che scatta il magico
recupero! Ci travestiamo da agenti in missione speciale (calzamaglia
blu con R cubitale sul petto e mantello rosso) e recuperiamo
Giovanni! In due possibili modi. Modo A: interrompiamo le lezioni
del mattino, sospendiamo i programmi e ripetiamo per la
centoquarantesima volta che differenza c'è tra soggetto e
complemento oggetto. Modo B: diciamo a Giovanni di venire al
pomeriggio e facciamo a lui e a tutti i Giovanni delle altre classi
un corso supplementare. Ottenendo i seguenti risultati: con il modo
A, obblighiamo tutti gli altri allievi, anche quelli bravi e
studiosi che prendono 10 in grammatica, a ristudiare gli articoli
non insegnando loro nulla di nuovo e più difficile; con il modo B,
occupiamo il tempo pomeridiano di Giovanni, che egli dovrebbe
passare, finalmente!, a studiare. Già, perché è inutile centuplicare
le ore di lezione, se poi uno non apre un libro! Il sapere non passa
ancora così, via etere, wireless o con altra diavoleria elettronica.
Giovanni quindi, dopo la prima dose di recupero, continua a prendere
quattro. E siamo ad aprile. Dobbiamo ora iniziare la seconda dose, e
poi una terza, una quarta e via così fino ad agosto, fino alla prova
finale, detta un tempo «esami di riparazione». Ed è qui che mi nasce
la domanda: siamo sicuri che la scuola debba diventare un
recuperificio?
Siamo sicuri che l'Italia debba pagare così tanto denaro pubblico
perché Giovanni si ostina a non aprire un libro? (ogni ora di
recupero è pagata 50 euro e, così a naso, i Giovanni di ogni singola
classe si aggirano tra il 30 e il 50 per cento). Ma soprattutto,
pensiamo davvero che faccia bene ai ragazzi essere così tanto
imboccati, pedinati, inseguiti e perseguitati: in una parola,
recuperati? Non dovrebbe esserci un tempo in cui gli insegnanti,
dopo avere svolto e ri-svolto con professionalità e passione gli
argomenti del programma, li lascino finalmente soli a rispondere
delle loro azioni o non azioni? Non dovremmo esigere che diventino
responsabili dei loro insuccessi? Responsabili e liberi, anche di
non studiare. Non sarebbe questa un'azione nobilmente educativa?
Di qui, quattro piccole pulci nell'orecchio: e se il recupero fosse
una violenza ai ragazzi? E se fosse, da parte nostra, un'ignobile
ipocrisia, visto che per recuperare 8 anni di totale ignoranza
grammaticale (3 anni di medie e 5 di elementari), ci vorrebbero
tutte le ore di lezione di almeno 2 anni e non certo le miserabili
15 ore a cui ci impegna il decreto ministeriale? E se, a forza di
recuperare, non avessimo più il tempo di fare i programmi? Chi li
svolgerebbe, l'università? E chi farebbe i programmi universitari,
le case di riposo? E se il recupero non fosse che l'ennesimo
escamotage per autoesentarci dal nostro compito educativo di formare
persone responsabili? Fine delle pulci.
Siccome caso vuole che ci si trovi in periodo elettorale, mi
piacerebbe molto che si parlasse di scuola. Non le solite generiche
parole in libertà: riconosciamo alla scuola la sua centralità per la
crescita del Paese… blablabla. Vorremmo scendere nei dettagli.
Vorremmo sapere cosa pensa l'un partito e l'altro a riguardo del
recupero. C'è una forza politica, almeno una!, che ritenga il
recupero un obbrobrio, e pertanto s'impegni a raderlo al suolo? O
qualcuno che ci dica che semmai è l'analisi logica da radere al
suolo? Non so, vedete voi, cari partiti.