Il
senatur dà i voti all'esecutivo:
sette meno, ma Berlusconi merita otto e mezzo
Bossi attacca la Gelmini:
chiede troppi soldi.
«Governo rivoluzionario, la scuola non sia
fabbrica di stipendi».
Il ministro: i tagli ci sono
Marco Cremonesi Il Corriere della Sera,
15.8.2008
DAL NOSTRO INVIATO
PONTE DI LEGNO (Brescia) – Mariastella Gelmini? «Ona brava tosa. Ma
in un governo rivoluzionario bisogna essere rivoluzionari». Umberto
Bossi è arrivato a Ponte di Legno, il suo tradizionale ritiro
ferragostano all'ombra dell'Adamello in compagnia della famiglia,
inclusa la moglie Manuela Marrone. E guardando fuori dalle vetrate
dell'hotel Mirella, succhiando l'immancabile toscano, il capo
leghista ragiona sui temi della ripresa autunnale. Il primo è
proprio la scuola, su cui da un paio di mesi torna con insistenza.
Il leader lumbard sembra aver sposato in pieno la tesi di Giulio
Tremonti: e cioè, che il tempo della gradualità sia finito. «Se uno
fa parte di un governo rivoluzionario, non può esser sempre lì a
chiedere i soldi al Tesoro. Bisogna trovare nuove strade. Bisogna
inventare. Bisogna tagliare».
Non più le teste, magari, ma
certamente i posti di lavoro non
giustificati: «Troppi stipendi — sbuffa Bossi —. Bisogna decidere se
la scuola è una fabbrica di stipendi per gli insegnanti oppure è al
servizio delle famiglie». Da viale Trastevere, Mariastella Gelmini
se ne dice «perfettamente consapevole, come testimonia ciò che ho
detto di fronte alle Camere e in parecchie interviste». Tra l'altro,
i tagli son già previsti nel decreto 112, e neppure blandi... «Sì —
ribatte Bossi – ma è così che deve essere. Inutile aspettare». Poi,
torna a un altro tema caro a lui e a Tremonti: «Le tre maestre non
servono. Anche per i ragazzi è meglio un solo punto di riferimento».
Gli strali non riguardano solo la
pubblica amministrazione: «Ogni
anno i libri cambiano, per una famiglia sono una bastonata. Devono
rimanere gli stessi per almeno cinque anni». I toni bellicosi nei
confronti del resto della coalizione, sfoderati nell'uscita pubblica
di Pontida, sembrano, almeno per il momento, rientrati: «Il
federalismo fiscale si farà. Nessuno può più sostenere la vergogna
della spesa storica, chi più spende più riceve. È insostenibile». Ma
anche in quel caso, si tratta di carne viva, di stipendi, di
consenso. Non sono prevedibili fuochi di sbarramento serrati?
Umberto Bossi scuote la testa: «Il principio è che se un certo
lavoro costa dieci a Milano, deve costare dieci anche a Palermo. Se
per qualcuno costa di più, la differenza è a carico suo. Come si fa
a sostenere che non è giusto?». In ogni caso, per il federalismo è
in arrivo una sorta di roadshow al Sud: «L'ultima parola sul
federalismo fiscale la scriveremo in Puglia, penso in settembre, è
Raffaele Fitto che sta organizzando tutto». L'evento potrebbe
prevedere una tappa anche in Abruzzo.
Con Tremonti, peraltro, il feeling
sembra più saldo che mai: il
ministro all'economia nei prossimi giorni dovrebbe raggiungere Bossi
a Ponte di Legno, mentre la presenza di entrambi i ministri è
prevista alla festa nazionale del Pd di Firenze. Un pensiero,
infine, va anche al consiglio d'amministrazione dell'Expo 2015:
«Vorrei ci entrassero tutti presidenti delle province lombarde». E
già che si parla di scuola, Bossi dà i voti al governo: «Sette meno.
Però resta un governo che ha fatto molto. La Lega merita un sette
pieno». Mentre a Silvio Berlusconi dà un «otto e mezzo per come ha
pulito la Campania. È andato lì due volte alla settimana e ha
risolto la situazione». Ma il leader leghista è di buon umore e si
vede: a Edolo addirittura segna il tempo sull'inno nazionale suonato
dalla banda dei carabinieri.