Esami senza fine.

Marco Lodoli, la Repubblica del 22/9/2007

 

Certo per i giovani che faticosamente cercano di conquistarsi un posto da insegnante nella scuola, la notizia di un periodo di apprendistato da dover superare non è proprio da festeggiare con lo champagne. Anni e anni all'università, e poi la specializzazione, e poi i corsi della Siss per altri due anni, e alla fine nessuna certezza. Vai e prova. Se dimostri subito di essere un buon professore, allora puoi tenerti la tua cattedra, ma se vacilli, se hai dei passaggi a vuoto, se non convinci gli studenti e il preside, allora te ne torni alla casella di partenza, a casa di mamma e papà. Quando pensi di avercela fatta, di poter contare su uno stipendiuccio, di avere persino un piccolo ruolo nella società, tra capo e collo può arrivarti la mazzata. Non funzioni, ci dispiace. Non accalappi, non intrattieni, non conquisti. Hai sbagliato lavoro, e adesso non metterti a piangere, non tirare in ballo l'età non più verde, le energie che hai impegnato, le speranze che hai coltivato: non funzioni e basta, arrivederci e grazie. Che batosta, roba da provocare una depressione irreversibile. Ricominciare tutto, ma in quale direzione, con quali prospettive? Gli esami davvero non finiscono mai, e ora sappiamo che si può essere squalificati anche dopo il traguardo.

Un'incognita, forse addirittura un rischio è anche la faccenda del timbro di qualità alle scuole, una sorta di bollino Chiquita che garantisca la bontà di quell'istituto. Per ottenere questa certificazione che garantirà fondi e investimenti, le scuole potrebbero anche barare. Invece di bocciare dieci alunni somarissimi, per sottrarsi a questo chiaro fallimento del processo educativo, i presidi potrebbero spingere all'indulgenza plenaria, ad alzare i voti, per dimostrare che qui si studia con profitto, che gli alunni vanno alla grande. E poi ci saranno scuole di prima fascia, ambitissime, e scuolette senza bollino, banane fradicie da buttare via. Insomma, pensiamoci bene prima di separare le nostre scuole in buone e cattive, prima di dividere i vagoni in prima, seconda e terza classe. La locomotiva deve correre per tutti, provare a portare tutti o quasi alla meta.