Il quaderno bianco e la questione del merito.
Gianfranco Giovannone da
DocentINclasse, 30/9/2007
Il Quaderno bianco, firmato congiuntamente dai
ministri Padoa Schioppa e Fioroni, oltre a diagnosi e proposte di
intervento – si dice policy, sembra – è innanzitutto un prezioso e
informato database dal quale nessun ragionamento sulle questioni
legate al nostro sistema formativo può prescindere .
Esso mostra ad esempio che la differenza delle ore di insegnamento tra
l’Italia e la media OCSE – differenza definita “leggera” dal rapporto
OECD, “Education at a glance” – non è tale da giustificare il fatto
che gli insegnanti italiani guadagnino 8-9000 euro meno della media
europea. Tra l’altro,se si escludessero dalla comparazione gli Stati
Uniti, che hanno un monte ore eccezionalmente alto, la differenza tra
l’Italia e la media OCSE sarebbe decisamente trascurabile, mentre la
Finlandia, che si piazza invariabilmente al primo posto nelle
comparazioni internazionali relative al profitto degli studenti, ha un
monte ore inferiore a quello italiano, a dimostrazione che non vi è
correlazione automatica tra orario di cattedra degli insegnanti e
successo scolastico.
La necessità di valutare l’efficacia del lavoro degli insegnanti,
avanzata con forza nel Quaderno bianco non può essere elusa, anche se
gli stessi studiosi che vi hanno contribuito non ne nascondono la
complessità, soprattutto quando si tratta di legarla
all’incentivazione dei docenti. Ogni anno il rapporto OCSE-PISA – ma
non solo - riporta dati sconfortanti in proposito, evidenziando una
drammatica disparità tra il Nord e il Meridione del nostro Paese – ma
al Centro i risultati sembrano largamente insoddisfacenti - , una
situazione preoccupante per quanto riguarda le competenze raggiunte
dagli studenti del settore tecnico-professionale e la cronica
incapacità del sistema a colmare lo svantaggio sociale e culturale di
base degli studenti, perpetuando invece di attenuare questo
svantaggio. La questione può essere così sintetizzata:
1. A partire dagli anni ottanta, la maggior parte dei paesi
economicamente avanzati – ma non l’Italia - si è dotata di un sistema
nazionale di valutazione basato sulla misurazione degli esiti della
scuola, ad esempio in termini di competenze degli studenti e dei
molteplici fattori che concorrono a tali risultati. Un sistema
nazionale di valutazione permette di monitorare l’efficacia dei
sistemi educativi meglio di quanto non avvenga con i benchmark desunti
dai confronti internazionali come l’OCSE-PISA perché la definizione
degli standard di apprendimento rispetta le peculiarità, l’eredità
culturale e l’identità propria di ciascun paese. Condividiamo
pienamente l’istanza, posta con forza dal Quaderno bianco, di colmare
l’evidente e grave ritardo italiano, per dotare il nostro paese di uno
strumento indispensabile per elaborare e assumere indirizzi di
politica scolastica e per migliorare la qualità complessiva del nostro
sistema educativo. Nel quaderno si dice che “la maggioranza degli
insegnanti avverte chiaramente la necessità della valutazione”, ma la
percentuale di tale maggioranza in realtà supera di poco il 50%, a
dimostrazione del ritardo culturale di una parte consistente del corpo
insegnante.
2. Come lo stesso Quaderno bianco suggerisce, la correlazione tra
valutazione dell’azione educativa e l’incentivazione dei docenti non
può essere automatica – non lo è in Francia o in Germania, ad esempio,
dove l’esistenza di sistemi di valutazione nazionali non si riflette
sui criteri di determinazione della carriera dei docenti. In realtà
l’unica esperienza in cui si sta tentando di implementare questa
correlazione è il Regno Unito e, in parte, negli Stati Uniti.. Nel
Quaderno bianco si affronta il problema di questa correlazione con
molta cautela e avendo ben presenti i complessi problemi che tale
correlazione implica: “ Appaiono innanzitutto evidenti le difficoltà e
i rischi connessi a un utilizzo automatico dei risultati della sola
misurazione delle conoscenze e competenze per indurre miglioramenti
dell’azione educativa. Sia nell’esperienza delle graduatorie di scuole
della Gran Bretagna, sia nell’esperienza degli Stati Uniti, si è
tentato di indurre in modo automatico, in un caso l’abbandono da parte
delle famiglie e studenti delle scuole “peggiori”, nell’altro un
impegno maggiore degli insegnanti legando le loro retribuzioni ai
risultati misurati. In entrambi i casi, si è aperto un confronto sui
possibili effetti perversi di tali meccanismi” L’insieme di queste e
altre considerazioni “ non preclude alcun utilizzo della valutazione,
ma suggerisce cautela nel suo insieme”. E ancora: “Mentre è evidente
che l’obiettivo ultimo è quello di assicurare dati livelli essenziali
di conoscenza e competenza, si è visto che tentare di conseguire
questo obiettivo attraverso la fissazione di meccanismi automatici
premio/sanzione può introdurre effetti perversi. … La strada
appropriata è dunque da un lato quella della misurazione dei
progressi, dall’altro, quella di meccanismi flessibili e modificabili
per la valutazione del contributo della scuola a quei progressi, che
eviti rigidi meccanismi pianificatori. E’ agli esiti di questa
valutazione che appare possibile e ragionevole legare la retribuzione
accessoria”. Tre sono le soluzioni – non alternative ma complementari
– che si ipotizzano:
• Un impegno didattico aggiuntivo da parte degli insegnanti più adatti
in relazione alle necessità accertate. Riducendo i vincoli che
limitano oggi il numero massimo di ore che un singolo insegnante può
esercitare potrebbe consentire maggiore flessibilità nell’impegnare,
di volta in volta, gli insegnanti che appaiono adatti alle necessità
emerse dalla diagnosi.
• Il secondo fattore – un impegno più motivato e focalizzato di tutti
gli insegnanti di una data scuola – riguarda essenzialmente le scuole
che si trovino in una “situazione di criticità” che richiedano la
missione del “team di supporto” . Il team di supporto aiuterebbe la
scuola a fissare gli obiettivi di progresso e l’incentivazione sarebbe
legata, appunto, ai progressi compiuti dalla scuola nel suo complesso
rispetto alla situazione iniziale. “A tali obiettivi può essere legata
la previsione di risorse aggiuntive premiali, per l’intero corpo
insegnante e per il personale in genere della scuola. Particolarmente
efficace può essere l’incentivazione per i dirigenti scolastici”
• Il terzo fattore riguarda l’incentivazione dei singoli insegnanti. “
Per i singoli insegnanti non si tratta di vedere una parte della
retribuzione legata ai risultati ottenuti l’anno precedente, quanto di
individuare il modo in cui i risultati stratificati nel tempo possano
consentire un “salto” di carriera. Non si tratta di una strada
semplice, ma su di essa si potrebbe lavorare, legandone l’attuazione
ai progressi del sistema nazionale di valutazione”. Inoltre, si
potrebbero prendere in considerazione i successi ottenuti nelle scuole
in cui si è operato per raggiungere gli obiettivi stabiliti nelle
diagnosi valutative; i crediti formativi derivanti sia da iniziative
pianificate sia da iniziative degli insegnanti; i risultati
professionali ottenuti dagli insegnanti in aree diverse
dall’insegnamento.
Dire che “non si tratta di una strada semplice” sembra davvero un
eufemismo, perché il tentativo di legare l’incentivazione alla
valutazione dell’efficacia educativa così come enunciata nel Quaderno
bianco appare non solo estremamente complessa, ma alcune proposte
appaiono difficilmente comprensibili.
Intanto, sembrerebbe di capire, che la maggior parte degli insegnanti
coinvolti dovrebbero essere, prevalentemente, quelli che lavorano in
scuole in situazione di criticità: Non a caso si fa spesso riferimento
al Mezzogiorno, l’area che in tutti gli attuali confronti
internazionali viene individuata quella a maggior sofferenza sia per
quanto riguarda la matematica, le scienze e la capacità di lettura.
Proprio questa criticità iniziale permetterebbe di rilevare i
progressi degli studenti che permetterebbero di premiare le scuole
“virtuose”. E gli altri?Quelli che lavorano in un liceo di Bolzano, di
Bologna o di Firenze, che si piazzano già ora ai primi posti dei
confronti internazionali e magari superano la mitica Finlandia?. Per
quanto riguarda poi l’incentivazione dei singoli insegnanti, riesce
difficile comprendere come si facciano a cogliere “ i risultati
stratificati nel tempo”.
Resta il fatto però che l’ipotesi di collegare il risultato
dell’azione educativa allo sviluppo di carriera dei docenti appare non
solo condivisibile, ma fa apparire sbrigativi e dilettanteschi sia i
tentativi passati di instaurare forme di meritocrazia nelle scuole,
sia gli appelli accorati alla premiazione dei migliori che appaiono
periodicamente sulla stampa. A noi sembra un’ipotesi di difficilissima
realizzazione, ma crediamo che vada sostenuta la volontà di realizzare
un efficace e condiviso sistema di valutazione dell’azione educativa,
mentre l’ipotesi di collegare tale valutazione all’incentivazione dei
docenti dev’essere discussa e approfondita molto seriamente.
E vogliamo sperare, infine, che nell’attesa che si realizzi nel nostro
paese un sistema di valutazione scolastico, gli stipendi dei docenti
vengano intanto portati ad una soglia dignitosa, poi si studierà come
premiare le eccellenze. Come afferma lo stesso Quaderno bianco, se la
maggioranza – esigua – degli insegnanti è favorevole a forme di
incentivazione legate ai risultati conseguiti, questa maggioranza
afferma perentoriamente che ciò sarà possibile solo quando tutti gli
insegnanti godranno di stipendi europei.