Le principali differenze tra le nuove
Indicazioni e quelle precedenti riguardano:
l'idea di curricolo come strumento della scuola-comunità educante;
il tipo di prescrittività del testo; la struttura unitaria del
percorso 3-14 anni.
Indicazioni essenziali sul da farsi,
protagonisti saranno i prof.
Italo Fiorin da ItaliaOggi del
4/9/2007
Le principali differenze tra le nuove
Indicazioni e quelle precedenti riguardano, a mio modo di vedere:
l'idea di curricolo come strumento della scuola-comunità educante; il
tipo di prescrittività del testo; la struttura unitaria del percorso
3-14 anni. Come si sa il curricolo era stato dimenticato dalle
Indicazioni Moratti. In realtà si tratta di un riferimento dovuto,
perché, con l'autonomia, il curricolo è il principale strumento della
progettualità didattica di una scuola. Il curricolo viene elaborato
dalla comunità professionale, e quindi è frutto di riflessione,
confronto, discussione, negoziazione e diventa il documento
socialmente condiviso che fa da sfondo alle singole progettazioni.
Anche l'attenzione alla persona e alla sua centralità, pur presente
nelle precedenti Indicazioni, rimanda a una diversa visione. Se
privato della dimensione comunitaria, il riferimento alla persona
finisce per essere inevitabilmente inteso secondo connotazioni
individualistiche (competizione, selezione, successo...). Al
contrario, se collocato nello sfondo di una scuola intesa come
comunità, emergono valori diversi (cooperazione, inclusione..).
Una seconda differenza riguarda il livello di prescrittività. Le nuove
Indicazioni pongono molta attenzione a non invadere il campo di
competenza della scuola autonoma. Non è facile realizzare l'equilibrio
tra ciò che si ritiene indispensabile prescrivere e ciò che invece
deve essere o solo suggerito o taciuto, perché non di competenza.
L'attenzione all'autolimitazione la troviamo presente a diversi
livelli. Prima di tutto a livello di obiettivi.
È compito del centro definire gli obiettivi di apprendimento che tutte
le scuole di un certo ordine e grado devono sforzarsi di perseguire. È
però evidente che se non c'è una attenzione all'essenzialità, si
finisce per imporre alle scuole un tale carico che non resta loro
alcun spazio di autonomia progettuale e didattica. Era questo uno dei
punti di debolezza delle Indicazioni Moratti, che prescrivevano un
numero esorbitante di obiettivi, mentre le attuali Indicazioni sono
molto più essenziali. Anche per quanto riguarda i riferimenti
metodologici e organizzativi c'è una significativa diversità. Se le
Indicazioni Moratti prescrivevano minutamente forme di organizzazione
(si veda su tutor, équipe pedagogica...), modelli progettuali e
strumenti di lavoro ( portfolio..), ora la prescrittività si pone sul
piano dei criteri. C'è un preciso orientamento in direzione di una
scuola che sviluppi competenze, favorisca l'esplorazione e la
sperimentazione, aiuti gli alunni a misurarsi con problemi e ad
acquisire strategie, valorizzi le diversità, promuova la cooperazione,
favorisca la riflessività, documenti i percorsi. Si forniscono
criteri, non soluzioni o ricette. Sarebbe sbagliato concludere che le
nuove Indicazioni vietino il Portfolio o il tutor: vietare è
altrettanto sbagliato che imporre; semplicemente non entrano nel campo
di scelta degli insegnanti.
Anche la struttura complessiva del testo, unico per i tre ordini di
scuola, è molto diversa da quello precedente. Viene favorita una
progettazione che si sviluppi coerentemente dalla scuola dell'infanzia
fino al termine del primo ciclo. Una unica introduzione fa da sfondo
pedagogico ai tre ordini di scuola, si privilegia la logica dei
raggruppamenti (campi di esperienza e aree disciplinari), si indicano
in termini molto chiari i traguardi da prendere come punti di
riferimento per lo sviluppo delle competenze. Le discipline non
vengono intese come territori chiusi. Alla logica dei confini che
delimitano, si preferisce quella dei sentieri che uniscono, che
collegano. A questa esigenza risponde la scelta di presentare le
discipline all'interno di tre grande aree, così che meglio si possano
valorizzare le interconnessioni interne all'area e tra le diverse
aree. Da ultimo, ma non per importanza: il linguaggio del testo è
semplice, chiaro, familiare ai docenti: non ci sarà bisogno né di un
glossarietto né di molti convegni per capirlo.
Italo Fiorin docente di didattica generale
Università Lumsa Roma, coordinatore della Commissione nazionale per le
Indicazioni