Un sistema di reclutamento universitario
parallelo a quello ufficiale. Concorsi, si indaga sui sistemi paralleli. da ItaliaOggi del 5/9/2007
Un sistema di reclutamento universitario
parallelo a quello ufficiale, non sempre coerente con i principi di
trasparenza e di imparzialità. Un sistema di «localismo accademico»
che ha spinto l'Alto commissario per la prevenzione e il contrasto
della corruzione e delle altre forme di illecito nella pubblica
amministrazione a volerci vedere chiaro e ad aprire perciò
un'inchiesta sulle assegnazioni e i trasferimenti legati alle cattedre
universitarie. A essere chiamati in causa i rettori delle università
pubbliche italiane che dovranno rispondere, molti dei quali lo stanno
facendo, di comportamenti più o meno trasparenti in merito al
reclutamento dei docenti. Il tutto parte, come sottolinea la relazione
dell'Alto commissario, da alcune criticità emerse dalla normativa
precedente alla legge n. 230 del 2005 che ha delegato il governo a
modificare la normativa dei professori nelle università. In sostanza,
la vecchia legge aveva consentito l'instaurarsi di un sistema di
reclutamento parallelo a quello ufficiale, basato su una sorta di
cooptazione dei candidati di volta in volta presentati dai singoli
atenei che bandivano il concorso, a fronte della quale le commissioni
concorsuali esprimevano valutazioni assolutamente unanimi e
standardizzate per favorire il candidato già individuato in precedenza
come vincitore. Il vecchio impianto normativo attribuiva infatti,
secondo l'organo di prevenzione, alle università la competenza a
bandire ed espletare le procedure per il reclutamento dei docenti.
Questo sistema, si legge nella relazione, «definito comunemente
localismo accademico, incentivava il verificarsi di un sempre più
accentuato carrierismo universitario, il fenomeno cioè dei cosiddetti
passaggi di carriera dal ruolo dei ricercatori a quello dei
professori, e dalla fascia degli associati a quella degli ordinari,
spesso in assenza di copertura finanziaria e di criteri meritocratici.
La situazione ha subito una modificazione in esito all'entrata in
vigore della citata legge n. 230 del 2005, che non ha trovato però mai
la sua applicazione. E a essere chiamato in causa qui è invece il
ministero dell'università e della ricerca scientifica, che dovrà
rispondere in merito allo stato di effettiva attuazione della riforma.
In particolare l'Ac ha chiesto al ministro Fabio Mussi un giudizio
sull'efficacia della nuova normativa e sulla sua idoneità a impedire
il perpetuarsi di tali fenomeni di localismo accademico. |