A colloquio con il vice-ministro.

Il vice ministro Bastico:
«Una scuola più seria e aperta al mondo,
che promuova il merito».

di Piero Fornara, da Il Sole 24 Ore del 21/9/2007.

 

Con l'entrata in classe degli studenti della regione Sicilia si completa ufficialmente oggi, 18 settembre, l'avvio del calendario scolastico 2007-08. «Qual è l'idea di scuola che noi vogliamo dare? - così esordisce il vice ministro della Pubblica istruzione Mariangela Bastico nell'intervista al «ilsole24ore.com» - Il progetto è delineato in modo chiaro nei nuovi programmi per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione (elementari e medie) e nelle indicazioni sugli apprendimenti in uscita dal biennio delle superiori, reso obbligatorio da quest'anno. I livelli di competenze, le abilità e i saperi richiesti ai nostri ragazzi si articolano in quattro assi culturali: questi livelli devono essere raggiunti come saperi essenziali nel liceo classico, nel liceo scientifico, negli istituti tecnici, negli istituti professionali e (dove esistono) nei corsi triennali di formazione professionale istituiti dalle regioni».

Nata a Modena nel 1951, Mariangela Bastico dopo la laurea in scienze politiche ha insegnato per dieci anni discipline giuridiche ed economiche nelle scuole superiori, prima di entrare nel consiglio comunale di Modena e di diventare nel 1994 sindaco della sua città. Eletta consigliere regionale in Emilia Romagna nel 1995 e riconfermata nella successiva legislatura, nel 2000 è diventata assessore regionale alla Scuola, formazione professionale, università, lavoro e pari opportunità. Dal maggio 2006 è entrata a far parte del II Governo Prodi in qualità di vice ministro alla Pubblica istruzione. Incontriamo Mariangela Bastico a margine del convegno organizzato dalla Provincia di Novara per ricordare Don Milani, a quarant'anni dalla morte, avvenuta pochi mesi dopo la pubblicazione della sua «Lettera a una professoressa» scritta con i ragazzi della scuola di Barbiana.


Quest'anno l'anno scolastico si è aperto prima sulle pagine dei giornali e in tv che non nelle aule: «Ricominciamo dalle tabelline e dalla sintassi», «Tornano gli esami di riparazione», «Via gli insegnanti fannulloni». Ma non bastano questi titoli per fare una scuola più seria, più volte citata da lei e dal ministro Giuseppe Fioroni...

Cerco di rispondere senza fermarmi alle semplificazioni mediatiche: non dimentichiamo che i pochi casi accertati di "insegnanti fannulloni" stanno a fronte degli oltre 720mila docenti italiani con contratto a tempo indeterminato. Veniamo agli studenti: la legge n.1 dell'11 gennaio 2007 sugli esami conclusivi di Stato (la vecchia Maturità, per intenderci) ha teso a rendere la prova più seria e rigorosa, in modo da valorizzare il percorso fatto dal candidato restituendo sostanza, oltre che valore legale, al titolo di studio. Gli esiti dell'esame valorizzano il merito: abbiamo, ad esempio, introdotto la lode e, con uno schema di decreto legislativo Fioroni-Mussi, si è concordato con il ministero dell'Università di far valere per i test d'ammissione, fino ad un massimo di 25 punti (sul totale massimo di 105) i risultati conseguiti a scuola, sia come buona valutazione dell'esame finale, sia nei voti ottenuti negli scrutini dei tre anni precedenti. Quindi: maggior rigore sì, ma anche maggior riconoscimento del merito. La legge ha naturalmente prodotto degli effetti a ricaduta, uno dei quali è il recupero dei debiti contratti negli anni precedenti. Si tratta di una vicenda molto seria e preoccupante. Dal 1995 gli esami di riparazione vengono sostituiti da una promozione "con debiti". Oggi il 41% degli studenti delle superiori viene promosso con debiti, quindi si tratta di un fenomeno molto diffuso. Va aggiunto che questi debiti riguardano soprattutto materie caratterizzanti, a partire dalla matematica (dove se ne riscontra il maggior numero), seguita dalle lingue straniere, in particolare nei licei linguistici, dal latino nel liceo classico e dall'italiano nei vari corsi di studio: tutte materie fondamentali. Soltanto il 25% dei ragazzi promossi con debiti li colma effettivamente: ciò significa che un numero consistente di studenti, da un anno all'altro, manca in determinate materie di salde basi culturali per continuarne l'apprendimento. La gravità dell'attuale situazione ha indotto il ministro ad aprire una riflessione reale sulle modalità di recupero. La cosa è stata subito "divulgata" come il ritorno agli esami di riparazione (una bozza di decreto è tata inviata dal ministro Fioroni ai sindacati e al Consiglio nazionale della Pubblica istruzione, ndr): sicuramente, una modalità per superare questa situazione va trovata.


C'è poi chi ha evocato il ritorno del nozionismo...

Per quanto riguarda i contenuti, si è mirato a fornire gli apprendimenti essenziali nelle quattro aree fondanti dell'impianto culturale della vita di ciascuno di noi: l'area linguistica, intendendo con ciò prima di tutto il possesso e la comprensione dell'italiano parlato e scritto; l'area matematica, non lo studio teorico, ma i fondamenti del sapere matematico che sono alla base dell'uso di qualsiasi tecnologia; l'area scientifica, dove importante non è la somma di tante conoscenze, ma l'acquisizione del metodo scientifico, sperimentale e induttivo, che dall'esperimento giunge alla teoria, mentre oggi ci si basa sul metodo deduttivo e sul linguaggio parlato; quarta area è quella della conoscenza del mondo (storica, sociale, geografica). Queste quattro aree accompagnano il percorso dalla scuola dell'infanzia al biennio delle superiori. Nell'ordinamento unitario dell'istruzione superiore abbiamo anche voluto ripristinare la scuola tecnica e la scuola professionale. A proposito dell'accusa di nozionismo che ci è stata mossa, riteniamo che oggi i ragazzi abbiano a disposizione una enorme quantità di informazioni, fornite dai mass media, da Internet. Quando questi mezzi non esistevano, toccava alla scuola provvedere trasmettendo le nozioni necessarie; oggi, invece, il suo compito è quello di fornire ai ragazzi gli strumenti per orientarsi all'interno di esse, strumenti di carattere critico e valutativo. Dunque possiamo dire che è il contrario del nozionismo. Ci sono, ad esempio, autori importanti dai quali non si può prescindere e che pertanto vanno studiati, ma proprio perché la loro conoscenza fornisce la chiave di lettura della nostra storia e del nostro pensiero.

Con l'immigrazione extracomunitaria e anche dai Paesi dell'Est, che oggi fanno parte della Ue, la scuola italiana sta progressivamente diventando sempre più multiculturale e multietnica: nel Triveneto l'incidenza degli alunni non italiani è di poco inferiore al 10% del totale. Quali direttive arrivano dal suo ministero? Quest'anno la presenza dei ragazzi stranieri nella scuola italiana supera le 500mila unità (il 5,6% di tutti gli alunni) e, pur distribuiti in modo non omogeneo (molte più presenze nel nord-est rispetto al sud) rappresentano la quasi totalità degli Stati del mondo (circa 190). Noi pensiamo a una scuola che fornisca dei saperi universali, che parli un linguaggio capace di superare barriere culturali e religiose, senza però staccarsi dall'identità culturale del proprio territrorio. Le porto un esempio preso dalla mia città, Modena: la scomparsa di Pavarotti, un grande concittadino e un maestro che ha insegnato a tutti noi la grandezza della musica. Pavarotti aveva i tratti tipici di noi modenesi: il modo diretto e schietto di essere, l'impegno sul lavoro. Come grande maestro di musica è stato capace di educare al canto intere generazioni di giovani e ha trasformato il Teatro comunale di Modena in una scuola aperta a ragazzi di tutto il mondo. La musica è arricchimento ed è uno dei saperi fondamentali che la scuola deve trasmettere e per questo avrà maggiore spazio d'ora in avanti come materia di insegnamento.


Proprio da Novara, nei giorni scorsi, è arrivata sulle pagine di un importante quotidiano nazionale il caso di uno studente di origine tunisina, che sarebbe stato inserito in una prima media con troppi stranieri e ripetenti...

Nel caso specifico della scuola media Duca d'Aosta di Novara abbiamo avuto una relazione dal dirigente scolastico e dalla dirigente dell'ufficio scolastico provinciale da cui è emerso un quadro di riferimento abbastanza diverso dai dati pubblicati: non è vero che è la "classe dei bocciati" e nemmeno che ci sono solo stranieri (otto ragazzi sono italiani). L'istituto in questione, peraltro, mi pare una scuola seria, che ha operato bene nel campo dell'integrazione e non ha mai creato percorsi discriminanti: molte famiglie, residenti in altri quartieri della città, scelgono di iscrivere i figli in questa struttura. Piuttosto la concentrazione di alunni extracomunitari (specie nordafricani) in una sola classe è dovuta all'insegnamento della lingua francese, da essi stessi richiesto. In effetti la composizione delle classi si presenta complicata proprio per la presenza di etnie diverse tra loro. Ciò comporta che, mentre finora abbiamo sempre pensato in termini di convivenza tra italiani da una parte e stranieri dall'altra, oggi il problema si allarga alla convivenza tra cinesi, nordafricani, indiani, europei dell'Est e così via. Abbiamo comunque elaborato delle linee-guida, già sperimentate ampiamente in molte scuole, che indirizzano la formazione dei docenti in vista dell'integrazione. Le riassumo qui in breve. 1) L'insegnamento della lingua italiana: non ci può essere integrazione per lo straniero se non gli viene offerta l'opportunità di apprendere la lingua del Paese che lo ospita; 2) metodologie didattiche più "universali" (come ho già detto) : per esempio, la storia e la geografia devono allargare lo sguardo sul mondo, e non dimentichiamo che la presenza di un ragazzo straniero offre straordinarie opportunità di migliorare i rapporti interculturali; 3) formazione dei docenti non tanto sulla base di lezioni teoriche, ma concretamente attraverso la modalità dello scambio di esperienze concrete fatte in classe.