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Esami di riparazione o corsi di recupero?

Non ancora chiarezza.

di Angelo Scebba dalla Gilda di Milano, 4/10/2007.

 

Ieri è stato firmato dal Ministro della Pubblica Istruzione, on. Giuseppe Fioroni, il decreto (che porta il numero 80) relativo all’organizzazione degli interventi di sostegno e di recupero finalizzati a colmare le lacune degli studenti della scuola media superiore valutati insufficienti in una o più discipline. Tale decreto, che tesaurizza in gran parte la precedente normativa in materia, ha concluso il percorso di gestazione recependo anche quasi tutti gli emendamenti proposti dal CNPI durante la sua ultima seduta di settembre, tra i quali risulta importante quello che permette alle famiglie una certa libertà decisionale in fatto di preparazione dei figli. Significativo l’art. 9 che affida al POF il compito di definire le modalità di recupero e di verifica dell’avvenuto saldo dei debiti formativi. Purtroppo l’emendamento più importante che il CNPI aveva avanzato e cioè quello relativo alla quantificazione delle risorse non è stato accolto. Ancora una volta si pensa di poter fare i matrimoni con i fichi secchi!

Ma torniamo al decreto dando uno sguardo alla “storia” dell’esame di riparazione.

D’ispirazione gentiliana, le rimandature a settembre, che hanno rovinato le agognate vacanze estive di tante generazioni di studenti, sono state abolite nel 1977 per la scuola elementare e media; nel 1995 sono state cassate per le superiori dall’allora Ministro della Pubblica Istruzione D’Onofrio, facendo un po’ miseramente crollare, in mancanza di un’organica alternativa, l’intera struttura della scuola secondaria di secondo grado. Ciò che è avvenuto in seguito è sotto gli occhi di tutti, e, purtroppo, non si tratta di uno spettacolo edificante. Il decreto di Fioroni giunge ora a mettere un po’ di ordine nella carriera degli studenti, dopo che i suoi predecessori, forse per evitare una sicura impopolarità, hanno sempre indugiato ad affrontare il problema in maniera articolata e con il senso della prospettiva.

Sosteniamo la tesi di una non coincidenza fra decreto e restaurazione del vecchio esame di riparazione perchè numerosi appaiono i fattori che li distanziano. Vediamone alcuni. Prima dell’abolizione dell’esame di riparazione lo studente era rinviato alla sessione di settembre e le famiglie (anche con gravi oneri economici) dovevano provvedere alla preparazione estiva dei ragazzi. Adesso è l’istituzione scolastica che giudica e offre nel contempo le occasioni per gareggiare in parità: non è un passo da poco, data la lentezza delle trasformazioni del nostro Paese. E’ vero che il decreto prevede la sospensione del giudizio finale per gli studenti insufficienti in qualche materia e il suo rinvio agli esiti delle verifiche prima dell’avvio del nuovo anno scolastico (ciò probabilmente ha creato la confusione tra recupero e odiato esame di riparazione), ma, francamente, quale strumento hanno i docenti per accertare l’acquisizione di un basico patrimonio di conoscenze e competenze, cioè la progressività dell’apprendimento? Non certamente quello di una conversazione salottiera!

In definitiva, quand’anche si trattasse di una subdola e strisciante reintroduzione del vecchio esame di riparazione (ma, ribadiamo, non è così!), bisognerebbe chiedersi se sia legittimo che uno studente abbia il placet dei suoi insegnanti a frequentare la classe successiva senza aver eliminato le carenze profittuali pregresse. Tutti i docenti sanno che le ragioni di uno scarso rendimento scolastico sono molto eterogenee, ma certamente è sbagliato collocare sullo stesso piano chi resiste ad ogni motivazione allo studio e chi invece è dotato di pochi strumenti cognitivi o chi ha sbagliato nella scelta del proprio indirizzo di studio e chi non sa studiare. Ecco, forse il decreto avrebbe dovuto associare strettamente al suo contenuto la parte concernente il riorientamento degli studenti nella scuola superiore, perché ciascun ragazzo dovrebbe trovare il contesto scolastico più congeniale alle sue potenzialità, che invece è compito ineludibile dell’istituzione scolastica far emergere e sviluppare.
 

Angelo Scebba (componente del CNPI)