Insegnanti di sostegno:
no alla separazione delle carriere.

Critiche unanimi all'idea di Fioroni:
gli alunni devono essere presi in carico dall'intero corpo docente.

da Vita del 23/10/2007

 

Dopo la querelle dei numeri degli insegnanti di sostegno che ha accmpagnato l'inizio dell'anno scolastico, il Coordinamento italiano insegnanti di sostegno interviene con una lettera a commento della situazione attuale del solstegno a scuola. Due le accuse principali: la prima riguarda i numeri, con i quali non si risolve tutto, anzi a volte rendono ancora meno limpide le situazioni. La seconda riguarda la scelta ministeriale della separazione delle carriere. Il coordinamento non ci sta, come già prima di lui le associazioni Anffas e Fish.

Ecco alcuni stralci della lettera, pubblicata su www.disabili.com

Il gioco dei numeri e i numeri in gioco: è proprio questa la prospettiva in cui porsi, quando si affronta la tematica dell'integrazione scolastica e sociale degli alunni in situazione di handicap? Quando, cioè, si pone quale obiettivo il rispetto dei diritti all'educazione e all'istruzione per gli alunni disabili?
Numeri, numeri e solo numeri... Lo stesso Hans M. Enzensberger, autore de "Il Mago dei Numeri", forse troverebbe esagerato e fuori luogo lo "stra-uso", per non dire "l'abuso", di questi dati quando si parla di «integrazione dei disabili».

Perché? Perché quando si affronta una tematica come quella dell'integrazione scolastica e sociale degli alunni disabili, si parla di "persone", di alunni e di alunne che frequentano la scuola:
- ciascuno presenta particolari e specifiche esigenze,
- ciascuno esprime bisogni personalissimi,
e se per ognuno di loro è necessario prevedere e costruire percorsi individualizzati, per tutti e per ognuno deve essere garantito e assicurato il diritto all'educazione e all'istruzione.

La prospettiva da cui affrontare le problematiche dell'integrazione non può pertanto essere ricondotta solamente ai tagli al sostegno e all'aumento degli alunni per classe, limitandosi per lo più al dato numerico. A nostro avviso, il punto dal quale partire, da cui inquadrare il tema dell'integrazione dovrebbe coincidere con questo quesito: «Per quell'alunno che si trova in situazione di handicap (e per ciascun alunno disabile della scuola italiana) sono assicurate le risorse che rispondano in modo adeguato ai suoi bisogni e che gli garantiscano i diritti di cui è destinatario?». Ogni situazione, infatti, merita attenzione particolare e risposte adeguate: nel campo dell'integrazione nulla è generalizzabile, se non i diritti degli alunni.

Come riportato in questi giorni dagli organi di stampa, fa piacere apprendere direttamente dal sottosegretario De Torre che sono stati assegnati ulteriori 702 insegnanti di sostegno e che questi siano stati attribuiti in base a bisogni documentati. Ma altri fronti restano aperti.

Anche il Sottosegretario con delega all'handicap, on. Letizia De Torre, si è fatta sentire, e ha proposto qualcosa di diverso dalla permanenza di 10 anni su posto di sostegno, riallacciandosi, tuttavia, alle indicazioni del ministro Fioroni, ossia le "carriere differenziate" che vengono interpretate come "classe di concorso" [se così non fosse, è gradita la smentita], perché secondo il Sottosegretario è necessario separare le carriere e «fare in modo che quella del sostegno sia intesa come una "scelta di vita": chi sceglierà di esserlo lo sarà (tendenzialmente) per sempre».

Ma, ed è lecito il dubbio, in quale modo le carriere differenziate potrebbero contribuire a promuovere e a sostenere l'integrazione? Eppure pareva fosse chiaro che la presa in carico dell'alunno in situazione di handicap fosse di competenza di tutti i docenti della classe e si basasse su:
- il riconoscimento della professionalità dell'insegnante di sostegno, quale effettivo insegnante di classe, ed una maggiore attenzione alla continuità educativo-didattica, essenziale per il successo formativo degli alunni;
- un percorso di formazione per i docenti curricolari, che invece troppo spesso delegano la loro parte all'insegnante di sostegno, scaricando la responsabilità;
- la non attribuzione al docente di sostegno di competenze proprie della categoria sanitaria.

Gli insegnanti di sostegno non sono e non vogliono essere né specialisti né sanitari. Essi si occupano degli aspetti educativo-didattici, del coordinamento delle risorse, in quanto possiedono, per la loro specializzazione, competenze in ambito psicologico e pedagogico, ma non sanitario. Patologizzare l'alunno, ricorrendo all'insegnante "specializzato nel trattamento della sua patologia", significa negare la dignità di persona all'alunno, inquadrandolo anche a scuola nel framework della malattia.

Nel trentesimo anniversario della L. 517/77, a fronte dei numerosi convegni celebrativi promossi nel territorio italiano, le idee sull'«integrazione degli alunni disabili» sono purtroppo ancora fortemente controverse: si propongono scorciatoie inutili, si sposta l'attenzione del problema, mentre appare particolarmente carente di approfondimento la riflessione sulla professionalità docente che, a nostro avviso, rappresenta il grimaldello per uscire da una situazione che si sta attorcigliando, suscitando malcontento e reazioni conseguenti da parte di famiglie e operatori