Studenti italiani "mammoni"
in pochi all'estero per un anno.

Ricerca Ipsos sugli atteggiamento di studenti,
 famiglie e presidi sugli scambi scolastici

 La Stampa del 26/10/2007

 

ROMA
Famiglie e scuole italiane rappresentano un freno a partire per lunghe esperienze di studio all’estero e i giovani italiani si confermano «mammoni». È quanto emerge da una ricerca condotta sull’atteggiamento degli italiani verso gli studi all’estero, commissionata dalla Fondazione Intercultura ad Ipsos, per capire cosa adolescenti, genitori e insegnanti pensino degli scambi scolastici, e cioè dell’opportunità di passare un anno di scuola in un altro Paese durante gli anni delle scuole superiori.

La ricerca, presentata alla Camera dei Deputati in occasione di un recente convegno cui hanno partecipato esponenti illustri del mondo della scuola e della politica, ha confermato un dato decisamente sconfortante nei confronti delle nuove generazioni: rispetto all’intera popolazione scolastica italiana, sono solo un’esigua minoranza, Ipsos stima il 6,5%, quelli che hanno il coraggio di partecipare ad un programmo scolastico annuale all’estero, un’esperienza che è largamente riconosciuta come estremamente formativa, ma anche molto impegnativa.

Dallo studio emerge infatti che i ragazzi italiani si dimostrano interessati verso i coetanei di altri Paesi, ma sono insicuri di fronte alle lingue straniere, al cibo diverso e alle differenze di vita. L’ideale resta una vacanza estiva, divertente, poco impegnativa: «una parentesi che non rientra in una progettualità educativa globale». Le loro famiglie si dichiarano aperte e favorevoli ad occasioni di incontro con lo «straniero», ma poi le vivono con disagi e resistenze. Si privilegiano esperienze protette, organizzate, di breve durata, finalizzate allo studio dell’inglese e «non interferenti con il percorso scolastico».

Le scuole ritengono che un’esperienza all’estero arricchisca l’apprendimento scolastico e «costituisca un’importante palestra in cui affinare l’autonomia e la capacità di cavarsela da soli». Ma nella pratica quotidiana gli insegnanti sono fra i dissuasori più forti di questo progetto educativo.

Il fenomeno degli scambi scolastici interculturali è sicuramente più conosciuto ed accettato di 6 anni fa (nel 2001 Intercultura registrava 313 studenti italiani partecipanti al programma annuale in circa 30 paesi diversi; per l’anno scolastico 2007-08 questo numero è cresciuto a 545) ma le sue dimensioni sono cresciute di poco, soprattutto se si pensa come invece sia cambiata la società in questi anni, e come sia cresciuta l’esigenza di formazione internazionale.

Ipsos stima che complessivamente siano oggi meno di 3.000 i giovani italiani che si recano all’estero per soggiorni individuali prolungati (un anno scolastico); una cifra che denota come la formazione all’internazionalità e all’interculturalità dei giovani studenti italiani rimanga una questione aperta.