La ricetta inglese per incrementare il rendimento del sistema scolastico. I prof migliori dove servono. I docenti più bravi dirottati nelle scuole peggiori da ItaliaOggi del 9/10/2007
La scuola non ha bisogno di più soldi ma degli insegnanti migliori nelle scuole peggiori. Le risorse se ci sono vanno meglio amministrate e per calcolare benefici e costi delle politiche educative serve insistere con la valutazione internazionale delle competenze degli studenti nelle aree più strategiche del curricolo, lingua e matematica in testa. È così che va in Inghilterra dove la parola d'ordine è puntare alla formazione del capitale umano ma senza aumenti di costo per la scuola. È quanto rileva uno studio dell'Ocse che fa il punto sull'economia inglese dal titolo Economic survey of the United Kingdom. Lo studio apre un dibattito sull'efficacia della scuola in un paese che oggi occupa il terzo posto nella classifica dei paesi Ocse in fatto di prodotto interno lordo, quando solo dieci anni fa era all'ultimo posto. Ma non si tratta di benefici indotti dal maggiore investimento in istruzione, quanto piuttosto dalle politiche fiscali e monetarie. Il rischio è proprio quello che in futuro non si riescano ad intercettare le opportunità offerte dalla globalizzazione che invece presuppone l'esistenza di un mercato del lavoro centrato tutto sulla conoscenza.
Ma qualcosa non ha funzionato. È bene ricordare
che in Inghilterra vige un sistema privatistico di gestione della
scuola esercitato dai manager e soprattutto dagli organismi di
gestione come governing body e local authority. Un'impostazione che
evidentemente non sembra essere riuscita a produrre l'attesa efficacia
di gestione delle risorse. Tutto questo mentre aumentano gli
investimenti e la priorità torna ad essere quella di un'alfabetizzazione
robusta nel campo della lingua e della matematica (literacy e numeracy).
Scuola ricca ma no global, così le retribuzioni scendono. Se da una
parte il governo investe di più nei settori strategici della
formazione, quello pre-primario e post secondario, e se il numero dei
diplomati va gradualmente crescendo, le retribuzioni dei lavoratori
della conoscenza, impegnati soprattutto nel settore Innovation
communication technology, aumentano sì ma non come ci si sarebbe
aspettato. La redistribuzione della ricchezza prodotta, d'altra parte,
taglia sempre più fuori i lavoratori meno istruiti e deprime
complessivamente le prospettive di crescita dell'economia. Insistere con Pisa
Serve insistere sulla valutazione
internazionale, come accade con i programmi Ocse per la valutazione
delle competenze in lettura, scienze e matematica degli studenti di 15
anni d'età (Pisa) o con il programma internazionale di valutazione
delle competenze degli adulti (Piaac). Solo così, sostengono i
ricercatori dell'Ocse, se è vero che la globalizzazione richiede
sviluppo educativo, potremo disporre di indicatori chiari
dell'incidenza delle politiche educative sull'economia. Attualmente
infatti non esistono certezze empiriche sulla supposta relazione
diretta fra aumento degli investimenti in istruzione e miglioramento
dei risultati di apprendimento. Come evidenziato da education at a
glance 2007, la relazione fra l'aumento di spesa per studente e i
risultati di apprendimento dei quindicenni, come misurati dal Pisa, al
massimo è «debole» e gli investimenti in denaro spiegano solo il 15%
della varianza nella performance degli studenti ai test fra i diversi
paesi. Se l'obbligo aumenta
Il governo inglese sta studiando la possibilità
di aumentare gli anni di obbligo scolastico. Ma se questo avverrà a
discapito della qualità non ne beneficeranno né l'economia né il
mercato del lavoro della conoscenza, che sottende a sua volta
all'aumento di domanda di mobilità professionale e di equità
educativa. Scarsa mobilità
In Inghilterra il livello di mobilità
professionale è fra i più bassi d'Europa (così anche in Italia), ciò a
causa della staticità del sistema dei titoli e delle qualifiche
professionali. Ma le criticità riguardano anche i livelli di equità
formativa con conseguente dissesto economico per l'abbassamento
generalizzato delle retribuzioni. D'altra parte, spiegano gli
studiosi, in Inghilterra i contributi sussidiari in istruzione per le
famiglie più povere sono già molto alti. Ma i soldi in più dovrebbero
servire soprattutto a dirottare gli insegnanti migliori verso le
scuole che se la passano peggio, che operano nei territori più
svantaggiati e deprivati. È da lì che si costruisce l'economia della
conoscenza. |