Corsi di recupero come veicolo del "tempo pieno"? Paolo Mazzocchini, da DocentINclasse, 2/11/2007
Una postilla breve all'interessante articolo di Di Raimo: io sono del parere che lo stato possa, non debba necessariamente, istituire corsi di recupero; ma perché essi siano seri ed efficaci (ribadisco quanto dicevo in un mio precedente contributo) sono imprescindibili almeno due condizioni: 1) i corsi devono essere distribuiti durante tutto l'anno (da novembre in poi) secondo un orario di doposcuola interamente stabilito all'inizio dell'anno scolastico e poi protratti più intensivamente in giugno-luglio, ma senza obbligo né per gli alunni ritardatari di seguirli, né per i docenti di classe di tenerli. Questi corsi infatti si giustificano solo per allievi volenterosi e con ritardi lievi e recuperabili. Somari danarosi paghino pure, se vogliono, lezioni private e somari irrecuperabili cambino scuola o cerchino lavoro. Quanto agli insegnanti, per supplire a quanti legittimamente rifiutano un'incombenza aggiuntiva non dovuta, si reclutino neoabilitati sulla base di graduatoria di merito. 2) dato comunque che sono i ragazzi a dover recuperare e non la scuola, non sarebbe inopportuno che si chiedesse alle famiglie che vogliono avvalersi dei corsi un contributo, istituendo così di fatto un servizio intra moenia a parziale carico dell' "utenza".
Mi sembra importante ribadire questi due punti
per scongiurare il legame perverso "debito comminato- corso di
recupero obbligato" che da un lato suona punitivo per molti insegnanti
i quali (a prescindere dalla retribuzione) non gradiscono tali corsi e
sarebbero pertanto - se costretti a tenerli- fortemente tentati dal
sei politico; dall'altro deresponsabilizza famiglie e alunni
instillando obliquamente in loro l'idea che per guadagnarsi la
promozione basti seguire sportivamente qualche ora di corso (per di
più gratis) anziché impegnarsi a fondo nelle ore normali e nello
studio domestico. |