Dini: votiamo a favore solo per senso di
responsabiliitaà
Finanziaria: arriva il sì del Senato.
Voto in serata: 161 a favore e 157 contrari
Finocchiaro: «Tentativi di corruzione politica». Polemica in
Aula
Il Corriere della Sera del
16/11/2007
ROMA - La Finanziaria è stata approvata dal
Senato con 161 voti a favore e 157 contrari. Via libera da parte di
palazzo Madama anche alle Note di vaziazione e al ddl di Bilancio (162
sì e 154 no). Si è così concluso l’iter della manovra al Senato che
passa adesso all’esame della Camera per la seconda lettura.
QUADRO POLITICO
- Il voto favorevole arriva al termine di una
giornata convulsa e che esprime alla fine il suo verdetto: la
maggioranza tiene, ma ora deve cambiare qualcosa.
DINI
- C'era molta attesa per il discorso che avrebbe fatto Lamberto Dini
il senatore leader dei Liberaldemocratici che più volte era stato
accusato di poter essere la quinta colonna del centrodestra
all'interno della maggioranza. Nella sua dichiarazione di voto Dini è
stato molto critico con la maggioranza. «Di altro, di meglio avrebbe
bisogno il Paese. L’etica dei principi ci farebbe propendere dunque
per un giudizio negativo. Sappiamo però che è importante farsi guidare
anche dall’etica della responsabilità, che ci induce a votare a favore
di questa Finanziaria. Non ci appartiene la cultura del "tanto peggio,
tanto meglio"». «Grazie all'azione politica di noi liberaldemocratici,
si sono scongiurati danni più gravi» ha spiegato Dini « E anche nel
corso dei lavori dell'aula - ha aggiunto l'ex premier - siamo riusciti
ad avere miglioramenti: fra l'altro il superamento di discriminazioni
fra i contribuenti nella riduzione dell'Ici, e il ridimensionamento di
una sanatoria dei precari nella Pubblica amministrazione che rischiava
di travolgere il principio costituzionale dell'accesso al pubblico
impiego mediante regolare concorso. Ma di altro, di meglio avrebbe
bisogno il Paese».
FINOCCHIARO
- Ma se l'attesa maggiore c'era per il discorso di Dini i rumori
maggiori e le grida in Aula sono risuonate per l'intervento della
senatrice Finocchiaro che segnalava come sui giornali venissero
riportati quotidiani tentativi di corruzione politica di alcuni
senatori della maggioranza. La senatrice ha parlato dell’«insensatezza
di una strategia politica decisa e imposta dal Presidente Berlusconi
che è stata disastrosa, per il centrodestra che è rimasto schiacciato
nella morsa di una attesa, che si è snocciolata sin dai primissimi
giorni della legislatura, giorno dopo giorno, votazione dopo
votazione, provvedimento dopo provvedimento, in attesa della
cosiddetta spallata. Termine da partita di rugby. E che non è venuta.
Su questa finanziaria per 715 voti. E mentre questo accadeva, - ha
aggiunto la Finocchiaro - sulla stampa, nelle dichiarazioni pubbliche
e private, una ridda di indiscrezioni, pettegolezzi, retroscena.
Espliciti anche sui tentativi di corruzione, così si chiama ovunque
nel mondo , corruzione politica di nostri senatori». Secondo
Finocchiaro «nel momento in cui questa Finanziaria verrà approvata qui
si aprirà una nuova stagione per l’Italia e per la politica, perché a
finire sarà la declinazione del bipolarismo come muro contro muro,
spallate e ginocchiate, e si aprirà finalmente un nuovo tempo per il
Paese, e per ciascuno di noi. Il tempo delle riforme di cui discutere
insieme, di una nuova legge elettorale, delle grandi questioni
nazionali».
RISSA IN AULA
- Le parole di accusa sul presunto tentativo di corruzione da parte
della Finocchiaro erano il detonatore di una piccola rissa in aula
dopo il voto finale. Quando infatti Sergio De Gregorio prende la
parola per stigmatizzare le parole di Anna Finocchiaro, invitandola a
tirare fuori le prove e a presentare denuncia alla magistratura,
vicino alle porte di uscita dall'emiciclo si forma un ingorgo. Lì
alcuni senatori della Cdl si sfiorano con i primi esponenti
dell'Unione che scendono dai loro banchi. Devono intervenire i
commessi per dividerli. La dinamica non è chiara. Alcuni senatori
della maggioranza e dell'opposizione raccontano che a essere coinvolti
nel breve scontro sono stati Franco Mugnai e Pasquale Viespoli di An e
Luca Marcora e Mario Gasbarri dell'Ulivo, ma secondo quale dinamica
non è chiaro. «Non so cosa è successo», dice per telefono a uno dei
suoi Gasbarri, «so solo che nella bolgia ho preso un cazzotto».
ACCORDO CON I
DINIANI -
Dal punto di vista politico per il centrosinistra tutto si era messo
per il meglio fin dal mattino quando il Senato aveva detto sì alla
proposta dei diniani (firmata da Natale D'Amico) sulla quale era stato
raggiunto l'accordo di maggioranza. L'emendamento pone alcuni paletti
alla regolarizzazione dei precari nella pubblica amministrazione. I
voti a favore erano 157, quelli contrari 145 e 2 gli astenuti.
Venivano comunque previsti concorsi per l'accesso alla pubblica
amministrazione ed escluso «il personale di diretta collaborazione
degli organi politici» cioè i portaborse.
«SERVE NUOVO QUADRO»
- Dini, in ogni caso, manteneva ancora il riserbo sulla posizione
definitiva che il suo gruppo avrebbe adottato. «Noi ci riserviamo un
giudizio complessivo quando tutti gli emendamenti saranno stati visti,
approvati o respinti dall'aula, e a quel punto decideremo» spiegava.
GOVERNO BATTUTO
- Subito dopo il sì ai diniani, tuttavia, con 156 sì, 153 no e un
astenuto, il governo e la maggioranza venivano battuti nell'aula su un
emendamento di Forza Italia, sempre sul tema della regolarizzazione
dei precari, a cui il relatore di maggioranza, Giovanni Legnini, aveva
dato parere negativo. Il testo proposto dal senatore Izzo era passato
tra l'altro a causa dell'assenza al momento del voto dello stesso Dini
e del suo compagno di gruppo Giuseppe Scalera, ma anche di alcuni
senatori ulivisti eletti all'estero, tra cui Luigi Pallaro e Edoardo
Pollastri.
IL NO DI COSSIGA
- Intanto il senatore a vita Francesco Cossiga,
citando Napoleone e i lanceri di Balaclava, ha scritto a Prodi per
confermare il suo voto negativo sulla manovra, non tanto per il
contenuto della Finanziaria quanto per esprimere dissenso nei
confronti di una maggioranza «che intende istituire una commissione
d'inchiesta su i fatti del G8 di Genova, che sarebbe in realtà una
commissione d'inchiesta contro la polizia di Stato e contro l'Arma dei
carabinieri».
CLASS ACTION: UN ERRORE, E IL SENATORE
PIANGE - Alla ripresa nel pomeriggio
l'opposizione continuava nel suo comportamento paraostruzionistico.
Cuore del dibattito diventava l'emedamento dell'Ud sulla class action,
che alla fine, dopo una lunghissima discussione riceveva il sì del
Senato. L'aula approvava con 158 sì, 40 no e 116 astenuti
l'emendamento all'articolo 53 di Roberto Manzione e Willer Bordon (Ud)
che istituisce e disciplina l'azione collettiva risarcitoria a tutela
dei consumatori. Nell'emendamento è previsto l'ampliamento della
platea dei soggetti che possono avviare l'azione, rispetto alle
associazioni del consiglio nazionale consumatori e utenti. Il voto
favorevole gettava nello sconforto i senatori della Cdl che uscivano
dall’aula di Palazzo Madama.. «Eravamo pari - dichiarava Maurizio
Sacconi (Fi) - Antonione (Fi), credo, si è sbagliato e ha votato con
la maggioranza. Senza di lui loro avrebbero avuto un voto in meno e
noi uno in più, saremmo andati pari. E’ incredibile, ma purtroppo non
si può correggere in nessuno modo l’errore nel voto». Già è andata
proprio così: il senatore di Forza Italia Roberto Antonione ha
sbagliato a votare. E per questo, quando se ne è reso conto, si è
messo anche a piangere. «È vero - confessa - ma se questo è successo è
perchè in aula c'è sempre una confusione terribile. Non è possibile
che si voti in queste condizioni. Con la confusione che c'era mi sono
sbagliato e ora sto pensando addirittura se non sia il caso di
dimettermi dal mandato. Saremmo stati pari, e per un voto, il mio,
invece è passato». Antonione si è seduto al suo banco, dietro al
senatore a vita Giulio Andreotti che imperterrito ha continuato a
scrivere, e si è abbandona ad un pianto irrefrenabile. «Non siamo
fatti di legno», commenta il presidente Marini per sollevare il
senatore di Forza Italia. E meolti colleghi sono andati a consolarlo.
STIPENDI CONDUTTORI RAI
- La maggioranza approvava poi anche un emendamento di Francesco
Storace che prevede che gli stipendi dei conduttori Rai, compresi
quelli di trasmissioni giornalistiche, siano resi pubblici e
consegnati alla commissione di vigilanza Rai.
SI A TETTO STIPENDI PER I MANAGER PUBBLICI
- Dopo il sì alla class action c'era anche il via libera con 160 sì e
156 no, all’emendamento del relatore che introduceva un tetto agli
stipendi dei manager pubblici. Le retribuzioni dei dirigenti non
potranno superare quella del primo presidente della Corte di
Cassazione (274 mila euro). Vengono fatti salvi i contratti in essere
di natura privatistica in corso alla data del 28 settembre 2007: il
tetto non si applicherà fino alla fine del contratto. Per tutti gli
altri manager, con contratti di diritto pubblico, lo stipendio sarà
ridotto gradualmente (un 25% ogni anno per quattro anni) fino ad
arrivare al limite massimo consentito. Restano escluse le Authority,
gli Organi Costituzionali, i contratti d’opera (si salvano in pratica
gli artisti Rai), le società quotate e le attività di natura
professionale. E’, inoltre, prevista una deroga per 25 posizioni di
più elevato livello di responsabilità.
Era l'ultimo scoglio per la maggioranza che doveva attendere solo il
voto finale: conclusosi positivamente con un risultato inequivoco.