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Scuola e integrazione, 30 anni dopo.
Canevaro:
"Oggi serve fare incontrare bisogni e competenze".

Nel 1977 una legge sull’integrazione scolastica che è ancora oggi all’avanguardia. Anche i lettori di Superabile, nel sondaggio che è seguito ad una provocazione lanciata da Claudio Imprudente, si esprimono a maggioranza ritenendo che la 517/77 "sia una buona legge, ma si deve fare di più". Sulla situazione attuale abbiamo parlato con Andrea Canevaro, professore di pedagogia all’Università di Bologna, uno dei massimi esperti sulla disabilità... .

di Mauro Sarti, da Superabile del 23/11/2007

 

BOLOGNA - Formidabili gli anni settanta. Una legge sull'integrazione scolastica che è ancora oggi all'avanguardia. Una situazione politica e culturale favorevole al cambiamento. Le associazioni dei disabili che scendono in strada, la voglia di cambiare tutto prima che le scuole speciali diventino la normalità. Andrea Canevaro guarda indietro, e tira un sospiro: "Oggi no, non ci sono le condizioni, sono troppe la fragilità…". Tutto nasce dal sondaggio di Superabile sull'integrazione scolastica, dal compleanno della legge varata nell'agosto del 1977. Prima la pubblicazione di una provocazione di Claudio Imprudente, poi le risposte dei lettori, che in maggioranza hanno detto: "E' una buona legge, ma si deve fare di più". Ecco allora che siamo andati a cercare Andrea Canevaro, professore di pedagogia all'Università di Bologna, uno dei massimi esperti sulla disabilità che ci offre il paese. Lui c'era in quei formidabili anni settanta…

Professor Canevaro, una buona legge quella sull'integrazione scolastica. Eppure oggi, da tempo, stiamo segnando il passo.
I motivi sono diversi: la legge sull'integrazione scolastica ha fatto un'operazione di grande utilità perché ha intercettato, garantendo un apparato legislativo, quello che stava crescendo nel paese. Il limite è stato quello di non collegare tutto questo in una prospettiva più capace di osare. Allora, a metà degli anni settanta, era il momento buono. Oggi, con tutte le fragilità politiche che ci sono sia all'interno del governo che in parlamento, non lo è più.

Come nacque quella legge che ancora oggi tanti invidiano?
La legge sull'integrazione scolastica ha avuto il grande merito di fare proprie le istanze dei protagonisti, dei disabili. In altri paesi europei ci sono state più difficoltà perché le associazioni e le persone con disabilità sono storicamente più distanti riguardo al tema dell'integrazione. Noi, negli anni settanta, eravamo più avanti sebbene partissimo da una condizione fortemente arretrata. Quella legge, significava la volontà di uscire da una situazione che non funzionave bene: c'era stato il boom demografico, un movimento migratorio di molte persone dal sud al nord del paese, c'erano le scuole speciali e le classi differenziali… Ed anche il concetto di normalità andava rivisto: possibile che fossero così tanti i bambini che non rientravano nei canoni? Forse il problema era che bisognava rivedere anche le nostre posizioni rispetto al concetto di diversità.

Dove si può intervenire, concretamente, oggi?
Sarebbe utile avere chiaro che, per superare l'integrazione e mettere in campo l'inclusione, servono più capacità strutturali. Ad esempio il lavoro dell'insegnante di sostegno deve essere valorizzato, non si può limitare a far parte del bagaglio personale di un individuo solo per il fatto che ha una diagnosi. Bisogna passare dall'insegnante di sostegno, ad un insegnante che sia parte di una struttura di sostegno. La differenza sta qui: è tutta la struttura scolastica deve essere organizzata per sostenere.

Incontro tra bisogni e competenze…
Esattamente: la scuola oggi ha bisogno di avere più figure legate all'incontro tra bisogni e competenze: se una persona, ad esempio, ha un problema di autismo, serve qualcuno che sappia organizzare l'ambiente circostante, che sappia indicare ai colleghi le cose da fare, i sussidi giusti da approntare…

Ma c'è anche un problema di formazione. E dunque di inquadramento degli insegnanti di sostegno.
La formazione è fatta di due tempi: uno iniziale, a breve termine, e l'altro a lungo termine, una formazione che si costruisce lavorando: se un lavoratore è precario, se non ha stabilità lavorativa, non ha certo modo di crescere, e dunque di continuare la sua formazione… Non solo: io faccio di mestiere il docente universitario: nella mia vita quante persone ho preparato? Tra tutte quelle che hanno acquisito una competenza specifica e sono state formate sull'autismo, per continuare l'esempio di prima, oggi sono pochissime quelle che lavorano con ragazzi autistici: non c'è nessuna legge che garantisca questo. E' privilegiata al contrario l'assegnazione tramite elenco, secondo altri criteri. Oggi che siamo al passo con l'autonomia delle scuole, e che c'è un'organizzazione precisa, si dovrebbe lavorare anche per avere una maggiore qualità: e le scuole potrebbero farsene carico.

Come si spiega quello sta accadendo?
Negli anni Settanta sarebbe stato necessario seguire di più i pareri delle persone che stavano lavorando in quel periodo… Ad esempio quello che proponeva Aldo Zelioli, che a quel tempo lavorava al Ministero: ma così non è stato. In Italia, oggi, si è rimasti indietro per tante ragioni strane: le associazioni, ad esempio, sono state importantissime per tante cose, ma molte volte si sono perse nel guardarsi l'un l'altra, in una sorta di circolo autoreferenziale… E' stato perso del tempo.

Vede delle vie d'uscita?
Oggi non so, non è un momento favorevole, l'integrazione ha lasciato tante tracce, ha ragione Claudio Imprudente, ma il rischio è che la fretta porti a perdere dei pezzi per strada. Zelioli era una persona, ma ce ne sono tanti altri come lui oggi… Bisognerebbe ascoltare di più. E fare tesoro delle tante tracce lasciate in questi trent'anni.