Osservazioni dei C.I.P. sulla Legge Finanziaria 2008 così come licenziata dal CdM del 28/9/2007. dal C.I.P.
Provvedimenti in favore della messa in sicurezza degli edifici scolastici e non solo.
Per certo il taglio del
10 per cento dei rimborsi ai partiti politici e la devoluzione ai
ministeri della pubblica istruzione e delle infrastrutture per la
messa in sicurezza degli edifici scolastici (cfr. legge 46/90 ed
integrazioni! La nuova Finanziaria conferma i 220 milioni di euro per corsi di recupero, scuole aperte il pomeriggio, sezioni primavera ed educazione agli adulti, come se bastasse stabilire un budget a definire tempi e modi, a mobilitare risorse umane, a individuare obiettivi e strategie dell’azione didattica. La scuola non è un’azienda, non la si gestisce con un’apertura di portafogli ma con apertura di idee e programmi. Con risorse economiche, certo, ma non prima di aver interpellato, motivato ed attivato quelle umane. Lì dove, per umane, s’intendono le varie componenti della comunità scolastica.
Fondi per il recupero, l’assolvimento dell’obbligo fino a 16 anni ed il miglioramento dell’offerta formativa. Meno di mezzo miliardo per tutto. Totò del film Miseria e nobiltà lo avrebbe paragonato al cappotto di Napoleone, impegnando il quale si riesce a soddisfare ogni desiderio. Passando dal comico al drammatico, analizziamo i dati. Il decreto legge assegna alla scuola 304 milioni di euro per il recupero scolastico e il miglioramento dell’offerta formativa, mentre 150 milioni di euro sono destinati per il sostegno alle famiglie contro il caro scuola e per favorire l’assolvimento dell’obbligo di istruzione fino a 16 anni. Non è tutto, certo, ma è un buon segnale di svolta contro la scuola della destra, quella per chi sa ed ha di più. Peccato che contrasti con le iniziative che mirano a tagliare le spese attraverso la “riduzione forzata” delle bocciature o la diminuzione delle ore nei professionali così come nei licei riservate ad approfondimenti, sperimentazioni e diversificazione della proposta didattica, abrogando di fatto l’autonomia scolastica sancita dalla Legge 59/97. E non finisce qui. Chissà se una “manica” del cappotto di Napoleone servirà anche per istituire i corsi di recupero propedeutici ai reintrodotti esami di riparazione?
Deduzioni fiscali per l’aggiornamento dei docenti. E che dire poi dell’obolo fiscale per l’auto-aggiornamento dei docenti? All’obbligo deontologico da sempre fatto proprio dagli insegnanti, nel 2002 la Moratti fece seguire la direttiva n. 70 del 17 giugno 2002, tanto clamore e nessun sostegno economico. Ora alle chiacchiere della destra sui “Criteri e modalità di rimborso per le spese di auto-aggiornamento sostenute dal personale docente”, la Finanziaria 2008 fa seguire la detrazione, dalla dichiarazione dei redditi, del 19 per cento delle spese sostenute dall’insegnante, e debitamente documentate, fino ad un importo massimo di 500 euro. Ai solerti ragionieri di stato non sarà sfuggito che questo presuppone una spesa effettiva di oltre 2.600 euro all’anno, ossia un sesto dell’intera retribuzione annua di un docente in ruolo, un quarto se è precario. Proposte che arrivano da chi non sa quali siano le retribuzioni reali o da di chi pensa che i docenti insegnino per missione e nulla più?
Lotta alla precarietà: più ATA e più docenti di sostegno in ruolo. Sul piano della precarietà arrivano segnali positivi con l'aumento di 10.000 unità del personale Ata, che vanno a sommarsi alle 20.000 gia previste nella precedente Finaziaria, di cui 10.000 già anominati nel 2007. La bella notizia riguarda i diversamente abili. A loro, dopo polemiche e proteste sui tagli degl’insegnanti di sostegno, la Finanziaria 2008 assegna un aumento dei posti dell’organico di diritto da 48.000 a 65.000. Se è vero che il passaggio dal 50 al 70% dell’organico di diritto riduce al 30% la quota di precari, è altrettanto certo che si stabiliscono limiti di un insegnante ogni quattro classi e per ogni due alunni, senza tener conto del reale fabbisogno degli alunni diversamente abili. Ancora una volta si presta attenzione alla quantità a discapito dello stato di necessità. Tornando all’immissione in ruolo dei docenti di sostegno, la disposizione solleva una domanda: ma l’incremento stabilito si somma alle previste 150.000 assunzioni programmate dalla Finanziaria 2007 o si decurta dalla stessa? Il quesito è tutt’altro che ozioso, vista l’esiguità del contingente previsto, l’enormità del fabbisogno e il dilagare della precarietà dovuto al perpetrarsi di ulteriori corsi abilitativi banditi dalle università. Come si vede non è né ozioso né capzioso, dal momento che nel citato contingente di 150.000, del quale si fa vanto il ministro Fioroni, sono state incluse, tacitamente e con destrezza (vedi il decreto n.56 del 03 luglio 2007), le 10.000 cattedre già programmate dal governo Berlusconi (cfr. D.L. n.79 del 18 ottobre 2005). Se si vuole per davvero sconfiggere la precarietà, è del tutto evidente che sarà necessario incrementare il precitato piano delle 150.000 assunzioni o vararne un altro che segua quello 2007/2009 e provveda ad esaurire le graduatorie in ogni regione e per ogni classe di concorso. Perché le graduatorie siano effettivamente ad esaurimento, è lapalissiano che, in assenza di un accertato fabbisogno, è assolutamente necessario non attivare nuovi percorsi abilitanti.
Taglio degli organici. Sugli organici, dalla Finanziaria, non arriva nessun ulteriore riduzione del personale della scuola, anzi no. L’art. 50, col sottotitolo “Rilancio dell’efficienza e dell’efficacia della scuola” provvede, come sempre, al taglio degli organici, come se la sola presenza dei docenti bastasse a sottrarre efficienza ed efficacia all’istruzione. Passando da una maggioranza ad un’altra, e da una finanziaria alle successive, la logica non cambia. Di nuovo c’è solo l’eliminazione della norma di salvaguardia imposta dal ministero delle finanze con la legge di bilancio 2007, In ottica di scalini al posto del gradone, ciò consentirà di diluire i tagli agli organici in tre anni (2008/2010) senza nulla togliere all'obiettivo della “razionalizzazione” delle 33.000 cattedre in meno. Già, perché razionalizzazione, a viale Trastevere, fa rima con amputazione. Stavolta, pur di ottenere il risultato, si calpesta il D.M. 331/98 che disciplina la formazione delle classi e dell’organico di fatto e si revoca l’autonomia decisionale dei dirigenti scolastici, subordinando ogni decisione in materia alla discrezionalità del Direttore scolastico regionale. In pratica, la conoscenza della realtà locale e delle esigenze didattiche concrete sono subordinate alla ratio burocratica ed alla ragioneria contabile. In estrema sintesi, come sempre, taglio alle classi, meno scuole, più alunni per classe, meno cattedre, più precarietà, meno qualità. Ma, non doveva essere una finanziaria di svolta?
Più efficienza della spesa per un’istruzione più deficiente. L a chiave di volta è l'art.67 della legge finanziaria 2008, ben al di là degli articoli sull’istruzione. Infatti, non è indirizzato alle scuole ma alle direzioni scolastiche regionali, a regioni ed enti locali. L’obiettivo è macinare l’acqua per ricavare un po' di milioni di euro - in tempi senza polpa – un’eresia.L’etichetta “al pacco” è doc, dice tutto e nulla, in puro stile ministeriale: “Sperimentazione modello organizzativo per la qualità dell'istruzione e l'efficienza della spesa” e prevede che entro il 31 marzo prossimo i Ministeri dell’Economia e dell’Istruzione, d’intesa con la Conferenza unificata Stato-Regioni, emanino un atto di indirizzo che stabilisca “finalità, criteri e metodi della sperimentazione di un modello organizzativo volto a innalzare la qualità del servizio di istruzione e ad accrescere efficienza ed efficacia della spesa”. La sperimentazione riguarderà gli anni scolastici 2008/09, 2009/10 e 2010/11 e gli ambiti territoriali individuati dall’atto di indirizzo stesso. In poche parole il progetto sperimentale dovrebbe servire ad individuare pratiche amministrative e organizzative che consentano di effettuare significativi risparmi di spesa. Come? La legge di bilancio fornisce già qualche idea: rimodulazione della distribuzione territoriale della rete scolastica, riorganizzazione del servizio delle singole istituzioni scolastiche (“ivi compresi gli eventuali interventi infrastrutturali e quelli relativi alla formazione e alla organizzazione delle classi, anche in deroga ai parametri previsti dal decreto ministeriale del 24 luglio 1998 n. 331”). Ma non finisce qui. Occorrerà modificare il coordinamento con le Regioni e gli Enti Locali, ma anche sul rapporto numerico insegnanti/studenti e sui dati previsionali del movimento demografico di ciascun ambito territoriale. Per farlo sarà istituito, in ciascun ambito territoriale, un organismo di coordinamento di cui faranno parte rappresentanti regionali e provinciali dell’Amministrazione scolastica, esponenti della Regione, degli Enti Locali e delle istituzioni scolastiche. Ed i rappresentanti del mondo del lavoro? Nel triennio di sperimentazione, tutti i fondi risparmiati saranno incamerati dal Ministero della Pubblica Istruzione per essere destinati “alle istituzioni pubbliche che hanno concorso al raggiungimento degli obiettivi, per le finalità di miglioramento della qualità del settore della pubblica istruzione". Finita la sperimentazione il modello entrerà a regime su tutto il territorio nazionale; la destinazione dei risparmi non è più indicata. Visti i precedenti, non si stupirebbe nessuno se diventasse un “fiume carsico” di denari da convogliare verso gli istituti gestiti dai privati, meglio se religiosi. D’altronde se gli impegni verbali presi a Rimini si manterranno a Roma. Nel frattempo si chiarisce: i risparmi andranno alle “istituzioni pubbliche che hanno concorso al raggiungimento degli obiettivi”. E’ del tutto evidente che a trarre maggiori benefici economici saranno quegli ambiti territoriali e quegli Enti Locali capaci di procedere all’accorpamento di scuole, magari con la chiusura delle sedi più piccole. Dal canto loro, le scuole coinvolte, se non saranno solerti nel tagliare classi e cattedre non potranno neanche avvalersi del piccolo “premio di consolazione” economico per la loro sussistenza prossima ventura. Ora si spiega l’assenza di rappresentanti sindacali?
La riconversione coatta come esercizio illogico ed iniquo.
Quali conseguenze
produrranno i tagli passati e quelli futuri? Che ne sarà delle
migliaia di insegnanti che nei prossimi tre anni saranno in
soprannumero? Semplice, dovranno obbligatoriamente frequentare i corsi
di riconversione su materie per le quali vi sono disponibilità La novità è solo nella dilazione dei termini a tutto il 2010 e non più all'anno scolastico in corso. L’obiettivo, invece, è illogico ma chiaro: sottoporre i tanti insegnanti di ruolo privi di cattedra a corsi intensivi al termine dei quali si ritroveranno abilitati ad insegnare materia non loro o licenziarli. Per quanto il Ministero non abbia mai divulgato stime precise - anche perché soggette a dilatazioni continue per i vari tagli ed accorpamenti delle classi - si tratta di un numero cospicuo. Il rilascio delle abilitazioni tout court permetterà all’amministrazione di evitare l’assunzione dei precari, con buona pace della qualità dell’offerta formativa. Basti pensare che i docenti interessati al provvedimento sono in prevalenza quelli della scuola media superiore, con particolare riguardo loro provengono dagli istituti tecnici, commerciali o per geometri, e dai professionali. Sono perlopiù insegnanti di materie di laboratorio, di ragioneria oppure di discipline in disuso, come dattilografia, oreficeria, falegnameria. Colleghi che la scuola occupa, ormai da tempo, solo come personale di “supporto” ai progetti dei singoli istituti o, in certi casi, per fare semplici supplenze. Nel disegno di legge si caldeggia, in aperta violazione con lo spirito della L.104/92, anche la loro riconversione sul sostegno, notoriamente ricco di posti vacanti ma anche troppo delicato per un docente “riciclato”, ciò in palese contrasto con lo spirito della Legge104/92. Questo la dice lunga sulla considerazione che si nutre sulla qualità didattica da garantire, ma anche sul rispetto delle priorità acquisite dai precari in graduatoria, sulle loro abilitazioni, sui concorsi e sulle specializzazioni, sui tirocini, i corsi di perfezionamento, i master ed i titoli specifici accumulati da costoro nel tempo.
Si poteva fare peggio? Alla domanda che il mondo della scuola si fa, il governo risponde di sì, anzi, si doveva(!). Già, perché gli obbiettivi di risparmio fissati dalla Finanziaria 2007 non sono stati rispettati. Così invece di farsene un vanto il governo se ne rammarica, ed allora dilaziona i tagli non realizzati e rilancia programmandone altri. Ecco i dati. Si prevedeva per il 2007 una riduzione della spesa per 418,7 milioni di euro e se ne è realizzata una di “solo” 136,3 milioni. Si sarebbe dovuto far a meno di 43.000 posti di lavoro e ne sono saltati “solo” 14.000. Ma si rifaranno. I 29.000, aggiunti ai 4.000 previsti nel 2008, ne determineranno 35.000 occupati in meno. Come? Con quanto stabilisce il comma 1 dell’art.50, lettere a) e b), in materia di riduzione delle sperimentazioni nei licei, con particolare riguardo a quelli artistici e tecnologico, ma anche con la soppressione di quattro ore settimanali negli istituti professionali, facendo a meno dei docenti specialisti di inglese nella scuola elementare, con la riduzione delle classi prime e terze delle scuole superiori, ottenute con l’aggregazione “forzata” degli alunni orientati a seguire indirizzi diversi e, per finire, con riduzioni crescenti degli insegnanti di sostegno rispetto al fabbisogno, con 570 in meno nel 2008, 3570 nel 2009, 6570 nel successivo e così via di 3.000 in 3.000. Facendo un bilancio contabile tutte queste manovre comporteranno riduzioni progressive dei finanziamenti per la scuola per 515,9 milioni nel 2008, 637,2 milioni nel 2009, 1.158,5 milioni nel 2010 e 1372,7 milioni nel 2011. Il bilancio formativo lo trarremo in futuro e, transitoriamente, lo lasciamo ai dotati di buon senso: si poteva fare di peggio?
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