I presidi: la decisione spetta solo agli istituti.

Ferrero:
una sciocchezza vietare il velo nelle scuole.

Il ministro commenta la direttiva del governo inglese su niqab e burqa

 da Il Corriere della Sera del 22/3/2007

 

ROMA — «Proibire il velo nelle scuole mi sembra una grande sciocchezza». Non piace vietare al ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero. Che tuttavia, spiega, «non si tratta di essere favorevoli al velo islamico integrale. È il contesto della discussione che mi pare sbagliato». Ferrero replica alla notizia che arriva dall'Inghilterra, dove le scuole potranno vietare il velo islamico integrale in aula, il niqab e il burqa (il primo lascia scoperta solo la fessura degli occhi, il secondo copre gli occhi con una rete), perché possono «influire negativamente su apprendimento e partecipazione». «Da noi la questione non esiste, le polemiche nostrane sono pretestuose e comunque i divieti servono soltanto a innalzare muri invece di favorire il dialogo. La cultura si cambia ma occorre gradualità», ha aggiunto il ministro.

In Italia, per ora, il problema non si è ancora posto. Già sono sporadici i casi di ragazze che vanno a scuola con il foulard, di burqa o di niqab non se ne sono ancora mai visti. Eppure, il divieto inglese ha sollecitato una deputata di Forza Italia, Michaela Biancofiore, a chiedere di fare altrettanto da noi: «Il ministro della Pubblica istruzione Giuseppe Fioroni dovrebbe prendere l'esempio e invitare i presidi delle scuole italiane a proibire il velo integrale».

Fioroni non risponde. Dal ministero fanno sapere che la questione, se mai si ponesse, ricadrebbe nella sfera dell'autonomia scolastica. Il presidente dell'Associazione nazionale presidi Giorgio Rembado conferma: «In Inghilterra il governo non ha imposto nulla, ha soltanto fatto presente alle scuole che se necessario possono vietare il velo integrale. In Italia, il ministro non potrebbe fare diversamente: come ha fatto per i telefonini può solo inviare una circolare per invitare le scuole ad assumersi la responsabilità di decidere. Il principio dell'autonomia scolastica va salvaguardato».

Autonomia sì ma se fosse necessario «sarebbe bene che il ministro intervenisse per sottolineare la laicità dello Stato — replica la presidente dell'Associazione genitori democratici Angela Nava —. I segni distintivi così radicali, come il burqa, non possono essere tollerati. La radicalizzazione dei simboli religiosi è il contrario del dialogo».

Del resto persino il segretario nazionale dell'Unione delle comunità islamiche (Ucoii) Roberto Hamza Piccardo non se la sentirebbe di protestare: «Il velo integrale — dice — è un'interpretazione estrema e difficilmente sostenibile nelle società occidentali. E infatti in Italia è rarissimo. Capisco quelle donne musulmane inglesi ma anche loro devono capire che possono scegliere un'alternativa più accettata, il foulard».

Il foulard nelle scuole italiane è già entrato, anche se i casi sono per il momento soltanto poche decine. Per esempio, è accaduto in una scuola media di Paese, in provincia di Treviso. Spiega il preside Claudio Baccarini: «Un anno fa una ragazza musulmana nella nostra scuola ha scelto di indossare il velo sul capo. ma questo non ha creato problemi. Era accettata dagli altri ragazzi e dalle loro famiglie. Vietare non mi piace, tuttavia il velo integrale lo proibirei se non riuscissi a trovare una soluzione parlando con la famiglia».

I divieti servono solo a innalzare muri invece di favorire il dialogo