Il titolare dell'Economia è riuscito a imporre
la necessità di salvaguardare l'opera di risanamento.
Tutti contro Padoa-Schioppa.
"Non vogliamo lo sciopero".
Voci di dimissioni del
ministro, poi il compromesso
Roberto Mania, la Repubblica
21/5/2007
ROMA - La politica
costringe Padoa-Schioppa all'accordo sugli statali. Il ministro
tecnico ha resistito fino all'ultimo, poi ha ceduto perché lo sciopero
del pubblico impiego, di fatto preludio di quello generale contro la
riforma delle pensioni, il governo Prodi, già in continua caduta nei
sondaggi tra gli elettori, non avrebbe potuto reggerlo. La linea del
rigore è stata attenuata alla vigilia di un delicato appuntamento
elettorale. "Ci manca solo lo sciopero generale", avrebbe confidato ai
suoi più stretti collaboratori il vicepremier Massimo D'Alema, che, di
certo, non rappresenta l'ala filosindacale nella compagine di governo,
anzi.
Il vertice di ieri sera a Palazzo Chigi è cominciato in un clima
tesissimo. Nel pomeriggio si erano anche rincorse le voci di possibili
dimissioni del ministro dell'Economia. In alcuni colloqui privati,
l'ex banchiere di Francoforte non le aveva escluse seppur solo come
ipotesi estrema. Per lui non era - neanche in questo caso - una
questione di consenso, ma di coerenza. Perché essere usciti
dall'emergenza sul versante della finanza pubblica, aver ottenuto la
promozione dai guardiani di Bruxelles e aver riconquistato la fiducia
dei mercati, non vuol dire che si debbano accontentare tutte le
richieste, allentando i cordoni. Ci sono delle priorità, e tra queste
non c'è mai stato l'aumento garantito a 101 euro pro capite per gli
statali. "I vincoli di bilancio - ha insistito anche ieri il ministro
dell'Economia - esiste anche per i sindacati". Alla fine della
riunione di Palazzo Chigi, Tommaso Padoa-Schioppa, ha lasciato che
fosse il premier Romano Prodi a illustrare in sala stampa i contenuti
dell'accordo e anche le prossime mosse del governo sul fronte
economico e sociale. Ha lasciato, insomma, che si celebrasse
plasticamente il pieno primato della politica. Per la prima volta il
ministro-tecnico non è uscito vittorioso dal duello con i politici.
D'altra parte aveva largamente previsto l'esito della riunione, dato
il pressing che c'era stato su di lui da parte di molti, a cominciare
dal vice premier Francesco Rutelli.
Padoa-Schioppa avrebbe voluto anche mettere a verbale la sua
contrarietà a quella che in qualche modo considera una resa
all'offensiva sindacale. Perché il suo non è un ruolo da testimone o
da notaio. Su un punto Padoa-Schioppa, però, non ha lasciato spazio
agli appetiti della politica, dopo aver respinto nelle settimane
scorse anche la tentazione che l'onerosa operazione di sgravi sull'Ici
avesse l'obiettivo a breve delle elezioni amministrative: la
redistribuzione dell'extragettito, infatti, non intaccherà il processo
di risanamento dei conti pubblici. Non poco, date le premesse. E che
giustifica quel "la riunione è andata bene" concesso a denti stretti
alle insistenze serali del cronista.
La palla è passata nelle mani di un altro ministro tecnico,
all'ingegnere chimico napoletano di area diessina, Luigi Nicolais.
Sarà lui che dovrà sbrogliare la matassa con i sindacati perché
l'intesa nel governo non vuol dire che automaticamente si tradurrà
nell'accordo anche con Cgil, Cisl e Uil. "Abbiamo fatto un passetto
avanti - dicevano ieri dallo staff del Professore - ma la partita non
è ancora chiusa". Cautela, dunque. Mercoledì dovrebbe esserci un
incontro con i sindacati che, però, sono già tutti a Siviglia dove
proprio oggi si aprono i lavori del congresso della confederazione
sindacale europea (l'Etuc). Dunque non è escluso uno slittamento anche
se il nuovo appuntamento finirebbe, pericolosamente, troppo a ridosso
con il voto amministrativo di domenica prossima. Dopo le tensioni di
questi giorni sarebbe un autogol rinviare l'accordo, considerando che
i lavoratori del pubblico impiego (in particolare quelli della scuola)
sono quelli che in maggioranza e con una certa omogeneità territoriale
hanno votato per il centrosinistra.
Il percorso proposta da Nicolais - tra l'altro una sua dichiarazione
rilasciata prima dell'inizio del vertice e che dava per imminente
l'intesa ha infastidito non poco Padoa-Schioppa - non è ancora in
discesa. Da una parte c'è la sostanziale accettazione della richiesta
di 101 euro dei sindacati per il biennio 2006-2007, ma dall'altra si
prospetta una parziale riforma del sistema di contrattazione con
l'allungamento a partire dal 2008 della durata dei contratti dagli
attuali due anni a tre per avere il tempo - dicono i tecnici - di
misurare l'effettiva produttività degli uffici così da poter
distribuire gli aumenti retribuitivi in base al merito e ai risultati
ottenuti e non a pioggia come accade oggi. I sindacati in linea di
principio non sono contrari al progetto, ma è evidente che un
intervento di questa natura non potrà non riguardare anche il settore
privato, allargando il confronto alla Confindustria.
Insomma è difficile scommettere su una soluzione rapida su un capitolo
della relazioni industriali in discussione senza alcun costrutto da
almeno dieci anni, da quando cioè si è cominciato a parlare di un
aggiornamento del protocollo Ciampi del luglio '93. Solo tre anni fa,
quando l'allora neo presidente della Confindustria, Luca Cordero di
Montezemolo, portò al tavolo del confronto quella materia ricevette il
niet di Guglielmo Epifani che si alzò e se ne andò.
Ma neanche sul nodo delle risorse tutto è davvero pacifico. Prima di
dare qualcosa in più, il tecnico Padoa-Schioppa, qui d'accordo con
Nicolais, ha ottenuto che venga fatta una ricognizione su quanti sono
realmente i lavoratori interessanti, considerando le uscite e i nuovi
assunti. E se alla fine, anziché 6-700 milioni, ne basterà la metà da
mettere nella prossima legge Finanziaria, per Padoa-Schioppa, quella
di ieri sera, sarà stata solo una mezza sconfitta.