A confronto i modelli europei sulla formazione utile per l'accesso immediato al lavoro.

Sistema tedesco, i vizi e le virtù.

Buoni risultati per l'impiego, i giovani però decidono a 10 anni

ItaliaOggi, 22/5/2007

 

Bocciato senza appello dall'Ocse (Indagine Pisa, Program for international student assessment) ma pervicacemente sostenuto dall'ex ministro all'istruzione Letizia Moratti, il cosiddetto modello tedesco resta al centro di qualsiasi dibattito sullo stato della formazione professionale in Europa e su di esso vale la pena tornare a soffermarsi soprattutto in vista della riforma scolastica che dovrebbe entrare in vigore in Italia a partire dall'anno scolastico 2009-2010; una riforma che, proprio in merito ai percorsi di istruzione e formazione professionale, si vorrebbe innovativa e radicale. Una sfida possibile a condizione di non lasciarsi ancora una volta sedurre da quel modello tedesco che seleziona rigidamente gli alunni già a partire dai dieci anni indirizzandoli, in base a test di valutazione, verso i licei o verso le scuole professionali. Un sistema di orientamento, dunque, basato su una canalizzazione assai precoce che, in Germania, ha provocato una enorme divaricazione tra alti e bassi livelli di prestazione scolastica e accentuato le disparità sociali. A fronte, però, di ottimi risultati dal punto di vista lavorativo.

Il calvario dei bambini tedeschi comincia molto presto: acquisiti gli esiti dei test di valutazione, ai piccoli non resta infatti una grande possibilità di scelta. Saranno i risultati dei test a decidere a quale dei quattro percorsi previsti dalla scuola media tedesca potranno accedere. Nell'ordine, quelli che aprono agli studi liceali, alla formazione tecnica, alla formazione professionale e, infine, quello che mira ad una integrazione delle tre aree di istruzione rinviando così il momento della scelta. E' bene sottolineare che il 40% di coloro che frequentano le Hauptschulen - le scuole medie che preparano al professionale - proviene dalle classi più disagiate della società e che, nella sola Berlino, il 50% dei nuovi alunni figli di immigrati ha difficoltà nel formulare una frase in tedesco mentre uno su cinque non riesce a terminare gli studi. Quanto a quelli che ce la fanno, non resta loro che optare per una delle due tipologie previste dal sistema dell'alternanza scuola-lavoro: quella formativa e quella lavorativa. L'alternanza formativa viene offerta dalla Fachoberschule (Fos), una scuola professionale a tempo pieno che offre una formazione di carattere generale ma anche specializzazioni nei settori più disparati: dalla tecnologia all'economia, dall'amministrazione alle scienze sociali, dal design all'economia agraria. L'accesso alla Fachoberschule è consentito dopo il compimento dei 15 anni d'età mentre i corsi durano in media dai due ai tre anni (15-18). Il primo è dedicato alla formazione di base mentre durante il secondo anno hanno inizio la specializzazione e il lavoro in azienda disciplinato da regolare contratto e coperto dal punto di vista sindacale. Per assumere studenti-lavoratori, comunque, le aziende devono dimostrare livelli adeguati di produzione e utilizzo di tecnologie moderne nonché disporre di formatori in grado di seguire da uno a un massimo di tre studenti-lavoratori. Quanto all'alternanza lavorativa, essa viene offerta all'interno di un sistema duale di istruzione che si svolge in due luoghi di formazione - a scuola (Berufsschule) e in azienda - e che contempla ben 350 qualifiche riconosciute. Resta comunque il fatto che in Germania, a differenza della stragrande maggioranza dei paesi europei, al termine del percorso scuola-lavoro non è possibile accedere all'università.

Rispetto, invece, alla gestione vera e propria del sistema della formazione professionale, essa è di esclusiva competenza dei Lander mentre il governo federale è responsabile della formazione all'interno delle aziende. Imprese e scuole professionali formano tuttavia una rete integrata che si avvale di consistenti e continui rapporti reciproci. Sia a livello centrale che a livello dei singoli Lander, inoltre, le parti sociali giocano un ruolo determinante nella definizione dei percorsi di formazione professionale. Una notazione, quest'ultima, non inessenziale considerato che uno dei punti più critici del sistema della formazione professionale in Italia è rappresentato proprio dal suo essere affidato e gestito unicamente dalle regioni. Diverso il caso della Francia che già dal 1982 ha avviato un processo di trasferimento di responsabilità e poteri alle autorità locali mentre lo stato resta comunque garante del funzionamento del servizio pubblico e della coerenza del sistema a livello nazionale.

Nel '93, sempre in Francia sono stati istituiti piani regionali per la formazione professionale elaborati in collaborazione con i consigli accademici dell'Educazione nazionale (emanazione del governo centrale) ai quali è riconosciuta la responsabilità specifica della formazione. Tipi e livelli delle qualifiche vengono definiti, infine, a livello nazionale e adeguati ogni tre anni. Quanto alla Spagna, la responsabilità sulla formazione professionale è esclusiva dello stato che garantisce l'unitarietà dell'intero sistema a partire dal riconoscimento su tutto il territorio nazionale delle qualifiche scolastiche e professionali nonché dei requisiti minimi curriculari.

Un caso isolato, infine, è quello dell'Inghilterra dove a livello di istruzione secondaria non obbligatoria non esistono curricula obbligatori ma spetta agli stessi studenti decidere se frequentare, tra le qualifiche riconosciute a livello nazionale e fra i programmi stabiliti dagli Awarding bodies, corsi di tipo generale o di tipo professionale. Il numero di materie per le quali lo studente può decidere di ottenere una qualifica varia da due a quattro ma si raccomanda di sceglierne almeno tre, abbinando qualifiche generali e qualifiche professionali.