I ''Pof'' di Fioroni ispirati dal Papa. di Mario Pirani, la Repubblica 21/5/2007
E' singolare che, mentre sulla contrapposizione tra famiglia regolare e Dico il dibattito dilaghi nelle piazze e sui mass media, su altre questioni di profilo ideale e, magari di natura più generale, il disinteresse regni sovrano. Eppure anche su queste si scontrano visioni opposte. Nell'ignoranza e nel silenzio, anche se - tra genitori, alunni e insegnanti - concernono milioni di italiani. E' infatti alla scuola che sto alludendo. Ne ho parlato la settimana scorsa ("La carica dei 500 in nome della Falcucci", Repubblica del 14 u.s.) indicando quale iattura rappresenti il ribadito abbandono dei programmi nazionali di studio per sostituirli con "programmi personalizzati" decisi scuola per scuola. Non ci si ferma qui. Come denuncia, anche in questo caso il benemerito Gruppo dei 500 (insegnanti e genitori) di Torino (email: manifestodeicinquecento@email.it), la commissione ministerial pedagogista, insediata dal ministro Fioroni, ha pubblicato altri documenti ufficiali su "il curricolo nella scuola dlel'autonomia" la cui lettura accresce le preoccupazioni a proposito dell'abbassamento culturale e dello smembramento del sistema scolastico. Nell'ultimo documento del ministero della P.I. si legge, infatti: "Con il riconoscimento dell'autonomia alle istituzioni scolastiche il posto che era dei Programmi Nazionali viene preso dal Pof (piano dell'offerta formativa) che è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche". Tanto per chiarirlo ai lettori che ne siano ignari, il Pof è una specie di manifesto che reclamizza la qualità, le caratteristiche, gli accattivanti progetti della singola "azienda scolastica", al fine di ottenere più iscritti e maggiori possibilità di sponsorizzazioni territoriali, visto il taglio dei bilanci pubblici. Se le parole hanno un peso, adombrare una identità culturale à la carte, con programmi diversi da scuola a scuola, adombra qualcosa di molto grave. Ricordo che nemmeno la Repubblica Italiana si fonda su un' "identità culturale", mentre la Costituzione precisa solo l'impegno alla promozione della cultura (articolo 9) e ne garantisce la libertà, così come la libertà di insegnamento (articolo 33), di cui è titolare ogni singolo docente. Lo Stato non è, dunque, indifferente nei confronti della cultura ma non si identifica in nessuna cultura. La differenza non è di lana caprina. Si ricorderà come attorno alla reiterata richiesta papale per introdurre nella Costituzione europea il principio di "identità cristiana" si sviluppò una fortissima resistenza in quasi tutti i Paesi, tanto che la formulazione venne respinta. Nel contempo la crociata identitatia si sviluppò in parallelo con l'obbiettivo, tanto caro ai teo-con e ai teo-dem, di debellare in ogni settore il deprecato "relativismo culturale", baluardo del pensiero laico. La scuola è terreno privilegiato di conquista ed ecco che l'"identità" rispunta dal basso, contando sul fatto che, dissolti i dettami su scala nazionale, l'alleanza cattolica destra-centro-sinistra, col supporto di parroci e vescovi, secondo lo schema del Family Day, riesca a permeare il Pof . Del resto è nelle scuole private, le cattoliche in primis ma anche in quelle ebraiche (e presto nelle musulmane), che le "identità" culturali e ideali vengono esplicitamente definite a priori, selezionando su questa base insegnanti e allievi. Scegliendole le famiglie agiscono di conseguenza. Resta (o restava?) l'ampio baluardo di una scuola pubblica, neutrale e relativista per principio costituzionale, incui la dialettica delle eventuali diverse identità promana dalla libertà dei singoli, siano essi insegnanti o alunni, e si arricchisce o muta nel confronto reciproco. Ma lo smottamento in atto dei principi della scuola non si ferma qui e lascia intuire le linee di un disegno coerente. Ad esempio laddove indica l'obbligo di ascoltare "le culture locali e le specifiche esigenze della famiglie e del territorio". Cosa significa questo per le scuole, si chiede il Gruppo dei 500? "I consigli di istituto metteranno ai voti l'identità culturale della scuola? Vincerà chi saprà imporsi e ottenere più voti? E quale fine sarà riservata alle identità perdenti? Si rifaranno alla prossima occasione?". Lo spazio non mi consente di soffermarmi su altri punti altrettanto gravi, del pegdagogismo di Fioroni, del resto perfettamente coerente con i suoi predecessori. Ne dovrebbe uscire una scuola rispondente ai dettami di Benedetto XVI, con un contentino territoriale optional per i leghisti padani.
L'Ulivo, lo si è già
capito, resterà, come in casi simili, in "attento ascolto". |