Carabinieri a scuola? No, Grazie.
di Sergio Torcinovich, 29/5/2007.
La questione educativa
delle giovani generazioni oscilla, parossisticamente, tra aspetti di
inusuale permissivismo e dichiarazioni di stato di emergenza, specie
per quanto riguarda le fasce adolescenziali.
Troppo spesso, come docenti ci capita di osservare una disarmante
inadeguatezza delle famiglie nella gestione delle problematiche
tipiche di un’età di transizione; d’altro canto, noi stessi ci
sentiamo sempre più spesso privi di strumenti di fronte a
comportamenti collettivi e individuali dei nostri allievi. Siamo quasi
mandati allo sbaraglio, presi fra due fuochi rappresentati dalle
esigenze della didattica (i programmi da sviluppare,il dover fare cioè
quello che dovrebbe essere il nostro mestiere) e quelle di educatori
in senso lato (allo stare insieme, al rispetto di sé nel rispetto
degli altri ecc.), a ciò costretti proprio dalle forti difficoltà che
i genitori incontrano nel “tirar su” i propri figli. Soprattutto
quest’ultimo e improprio compito deve essere svolto con molta
discrezione, per non urtare suscettibilità delle famiglie che si
sentono inadeguate, ma sicuramente non vogliono ammetterlo.
Del resto, oggi non vi è istituzione più in crisi della famiglia, con
buona pace di vescovi e politici con e dem.
Forse ha ragione chi va sostenendo che non riusciamo più a produrre, a
livello sociale, alcuna scala valoriale di un qualche spessore, che
non sia la foglia di fico di un conformistico perbenismo di facciata.
Soprattutto, preoccupa la mancanza di una pratica etica a tutti i
livelli dell’agire pubblico. Siamo forse giunti all’esasperazione dei
“vizi privati, pubbliche virtù”.
Se così stanno le cose, non è da stupirci se i nostri ragazzi vivano
in un vuoto pneumatico, del tutto o quasi privi di punti di
riferimento. Si rivolgono al gruppo, e questo è quasi naturale; che
spesso diventa incontrollato branco, e questo lo è un po’ meno. Ma il
dato che emerge dalla lettura della stampa e dalla pratica di chi
frequenta le scuole è che sono sempre meno controllabili e
prevedibili; in estrema sintesi, cominciano a fare paura. Ed ecco
allora le belle pensate di far venire a scuola i carabinieri (come se
ce ne fossero a sufficienza!). Ma non sarebbe coerente e onesto
dichiarare la bancarotta del sistema educativo italiano, dovuto ad
anni di tagli dissennati della spesa per la scuola e l’università?
Alla doverosa e auspicata scolarizzazione di massa si è risposto nel
peggiore dei modi, risparmiando cioè su tutto e umiliando soprattutto
i docenti non universitari con stipendi ridicoli che nel nostro ambito
culturale comportano il discredito sociale. Così la maggior parte dei
commentatori ha potuto infierire sottolineando come la spesa per la
scuola vada tutta in salari per i docenti, con il corollario della
bubbola che in Italia saremmo troppi rispetto agli altri paesi europei
(già, mica hanno gli insegnanti di religione cattolica e quelli di
sostegno, gli altri … senza contare la pletora dei “distaccati”). I
dati della
débacle formativa
ci sono tutti: basti pensare agli ultimi posti dei nostri studenti
nelle classifiche internazionali relativa alla preparazione in materie
scientifiche.
Che si fa, allora? Chiamiamo i carabinieri? Mah?!?!?
E’ sconfortante il fatto
che a nessuno venga in mente che far riprendere autorevolezza
all’istituzione scolastica e perciò a chi in essa opera, in primo
luogo ai docenti, sia forse il modo migliore per togliere ai ragazzi
ogni concessione ai loro eccessi non più trasgressivi (cosa c’è da
trasgredire, oggi?), ma semplicemente distruttivi. Se la scuola e i
docenti tornassero a fare il loro mestiere, anche le forze di polizia
potrebbero tornare a fare quello per cui sono destinate. Bisogna però
crederci, e soprattutto gli insegnanti devono cominciare a pretendere
la valorizzazione del loro ruolo e della loro funzione. Ma questo temo
sia il versante più arduo della questione.