Evviva, arriva il villaggio dell'audience .

Marco Lodoli, la Repubblica 21/6/2007

 

Si doveva cominciare alle otto e trenta, ma come accade quasi tutti gli anni manca una studentessa: i minuti passano, fioccano le telefonate per capire dove diavolo sia finita, la dispersa ancora non appare e il nervosismo cresce. La ragazza arriva con calma verso le nove e venti: "Mamma non mi ha svegliato", si scusa, e i compagni di classe se la mangerebbero viva. Via, veloci, recuperiamo il tempo perduto, apriamo la busta e facciamo ventitré fotocopie.

Mentre la macchina moltiplica i fogli, leggo le tracce e comincio a preoccuparmi. La prima è impossibile, il Paradiso di Dante non è in programma, bisogna saltarla a piè pari e passare alla seguente. "I luoghi dell'anima nella tradizione artistico-letteraria" è senz'altro un bel tema, le citazioni sono scelte con cura: le chiare e fresche e dolci acque petrarchesche e uno sfogo di Romeo esiliato da Verona, l'ermo colle di Leopardi e il manzoniano addio ai monti, ma anche un brano di Ragazzi di vita e i morti che dormono sulla collina di Edgar Lee Masters. Si potrebbero scrivere tante cose interessanti, ma temo che i ragazzi non si sentano all'altezza del compito, che puntino i piedi di fronte a tanta poesia. La nascita della Costituzione repubblicana mi pare un tema impervio, sono pronto a scommettere che in pochi lo sceglieranno, e così pure quello di taglio epistemologico sulla nascita della scienza moderna. Per fortuna le ultime cinque righe del fascicolo offrono una via di scampo a tutti quanti. Si tratta di ragionare sulla fine della comunità antica, quella del borgo, della piazza, e sulla nascita di questo villaggio globale che ha al suo centro il vuoto televisivo. "E' cosa molto diversa guardare i fatti del mondo passivamente, o partecipare ai fatti della comunità", dice il brano di Tamburrano: e qui c'è trippa per tutti i miei gatti, che difatti subito si lanciano famelicamente sulla traccia. Molti di loro hanno ancora i nonni in qualche paesetto intorno a Roma, hanno intravisto gli ultimi bagliori di una comunità reale, interclassista, pettegola e disponibile, e sanno quanto la città sia spesso un luogo di solitudine e alienazione. Sanno che dieci milioni di audience significano soltanto dieci milioni di persone sole e mute di fronte alla televisione.

Che in ogni famiglia ci sono tre o quattro televisori. Che la folla sulla metro è composta da sconosciuti che si ignoreranno per sempre. Questo è un tema perfetto per i ragazzi delle periferie, che vorrebbero rimanere amici per sempre, ma già intuiscono che la morale del nostro tempo è "tutti contro tutti", per un posto al sole o per un posto e basta. Li invito a raccontare storie vere, a non perdersi in fumisterie retoriche. "Professore, va bene se scrivo di un vecchio signore che hanno trovato morto da dieci giorni, seduto davanti alla televisione accesa…" Certo che va bene, va benissimo. "E io posso raccontare la nuova festa dei vicini di casa? E' una bella idea, ma significa che c'è bisogno di un giorno speciale per stare insieme." Scrivi, scrivi, e ragionaci sopra. La ragazza mussulmana è contenta, può spiegare cosa sia la Umma, la comunità dei fedeli. "Siamo tutti nella stessa mano", mi dice, e io la incoraggio a raccontare il suo mondo, che ormai è anche il nostro. Gli spunti sono tanti, le chat, le nuove piazze cittadine, centri commerciali, discoteche, muretti. Alla fine mi sembra che siano tutti soddisfatti: avevano tanto da dire, speriamo che l'abbiano detto bene, con le acca e i congiuntivi al posto giusto, con le parole precise, quelle che spesso mancano.