«Provvedimento vecchio stile,
ma è sbagliato ricorrere a un tribunale».

 Anna Oliviero Ferraris, Il Corriere della Sera del 9/6/2007

 

MILANO — «L'unico appunto che posso muovere è che forse quella scelta dalla docente di Palermo è una punizione un po' "vecchio stile". Ma finire davanti a un magistrato è veramente una follia, che oltretutto rischia di fare molti danni».

Anna Oliverio Ferraris, psicologa dell'età evolutiva, è anche l'autrice di Piccoli bulli crescono (Rizzoli). Sottotitolo: «Come impedire che la violenza rovini la vita ai nostri figli».

Quindi, la punizione in sé non era sbagliata.

«Al contrario, sarebbe stato sbagliato passare sotto silenzio un atteggiamento di quel tipo.
Mettere in dubbio l'identità sessuale, a quell'età e non solo (ripenso, ad esempio, alla tragedia di Torino), può avere effetti molto negativi, aprire una ferita violenta. Certo bisogna sempre valutare caso per caso se sia un vero atto di bullismo; ma se l'insegnante è intervenuta in maniera così dura, un motivo ci sarà stato».

E il modo scelto dalla docente la convince?

«Forse sarebbe opportuno ricorrere ad altre modalità di intervento, basate sul dialogo con i ragazzi, o su punizioni con finalità più educative. È vero che la parola "deficiente" si poteva evitare, anche se in quel contesto ha senza dubbio un significato blando... Ripeto, ci sono sicuramente altri modi di intervenire, più efficaci di questo».

Però non la convince nemmeno il ricorso alla magistratura.

«Anzi, trovo inaccettabile che tra famiglie e scuola si faccia ricorso a vie legali: significa che non c'è fiducia reciproca. È un rapporto che va ripensato. In primo luogo per il bene del ragazzo, che alla fine penserà di avere ragione anche se si è comportato male. Questi problemi vanno risolti nell'ambito della vita dell'adolescente; se il giudizio passa a un'entità esterna, che non è più la scuola né i genitori, il ragazzo si sentirà del tutto deresponsabilizzato riguardo alle proprie azioni. E la situazione non potrà far altro che aggravarsi».