L'insostenibile leggerezza del denaro.

Stefano Borgarelli da DocentINclasse,15/6/2007

 

Quando ricorda a tutti che i giovani (gli studenti) sono intelligenti, il collega (e scrittore) Marco Lodoli ci rincuora. Lo sono per esempio nella sua scuola, “che traballa sul bordo della città”. Su Repubblica (7/6/07) ha raccontato di una ragazza che ha trasformato la classe – a mezz’ora dalle fine delle lezioni – in un’aula di filosofia teoretica. Spiegando al professore, pedagogicamente preoccupato, ma anche sinceramente incuriosito (“Perché, cara Jessica, i soldi sono così decisivi? Spiegamelo, io non lo capisco.”), che “i soldi sono il contrario della realtà”, che più sei ricco, “più puoi rimanere fuori dal mondo.”

Nella teoresi dell’allieva, gli autori spiegati a suo tempo dal professore si torcono contro di lui (che invocava, contro il denaro: l’amore, lo studio, l’impegno, l’amicizia ecc.): “Lei professore ci ha spiegato gli scrittori realisti e neorealisti: e questi scrittori cosa raccontano? Miseria, degradazione, squallore. Questa è la realtà. Chi ha molti soldi, invece, può vivere da un'altra parte, lontano dalla minaccia della realtà.”

Visto inservibile il Realismo (ma l’occasione era buona, per distinguere tra realtà e sua rappresentazione codificata), pensavamo che il professore avrebbe rovistato nella sua cassetta degli attrezzi, ripescando magari il vecchio Leopardi (dovrebbe essere in programma, la ragazza ha diciassette anni…) quale grimaldello, per aprire qualche contraddizione in quest’idea della salvezza “in un mondo a parte, tutto fantastico, tutto inventato e invulnerabile” (garantito dai soldi, o dalla falsa coscienza?) : “Se tu desideri un cavallo, ti pare di desiderarlo come cavallo, e come un tal piacere, ma in fatti lo desideri come piacere astratto e illimitato. Quando giungi a possedere il cavallo, [166] trovi un piacere necessariamente circoscritto, e senti un vuoto nell’anima, perché quel desiderio che tu avevi effettivamente, non resta pago.” Zibaldone, 12 luglio 1820)

Lo scrittore, invece, alla cassetta del professore preferisce una generica sociologia: “Bisogna rimettersi seriamente al lavoro per aggiustarla meglio possibile, questa realtà italiana, […] bisogna riparare subito le falle: la nave è già inclinata e le poche scialuppe di salvataggio sono tutte piene, di ricchi o di spaesate illusioni.” Suonata la campanella, svuotata la classe, ci accorgiamo che il professore ci ha rincuorati solo a metà. Restiamo un po’ scorati su noi docenti. Studentesse sveglie, spigolose, “adulte” come Jessica, meritano esortazioni generiche, interviste benevole, o piuttosto rigorosi contraddittori?