Tra tagli e precariato,
la “crisi” della scuola italiana.

da Legambiente Scuola e Formazione 13/6/2007

 

E’ cambiato il Governo, ma non lo stato di crisi della scuola italiana. Crisi che è facilmente leggibile nel dato relativo al precariato: nell’ultimo anno i “senza cattedra” sono aumentati di 54.000 unità arrivando a 156.568, ben il 18,3% del totale, il livello più alto di precarietà mai raggiunto.

Questa esplosione è stata determinata dall’aumento generalizzato degli alunni, particolarmente significativo nella scuola superiore, più di 140.000: dal 2001 si sono iscritti a scuola 127.994 alunni in più, l’equivalente di 3.694 classi. Si è venuta così a creare una situazione paradossale: sono aumentati gli alunni e le classi, sono quindi aumentati i docenti, ma il tutto a “vantaggio” del precariato.

La scuola è oggi dunque più precaria. Infatti dal 2001 al 2005 gli insegnanti di ruolo sono diminuiti di 46.528 unità, l’incremento di 10.701 unità nell’ultimo anno non inverte la tendenza.

L’incremento della precarietà vuol dire non poter garantire alcuna continuità nel percorso formativo e, ciò che è più grave, è che questo avviene in due settori particolarmente delicati del sistema scolastico italiano. La maggioranza dei docenti “a tempo determinato” si trova infatti negli istituti professionali (42,72%), anello debole del nostro sistema scolastico con un altissimo tasso di abbandono, o è impiegata nel sostegno, dove i precari hanno raggiunto il 50% del totale degli insegnanti impiegati in questa funzione. E’ quanto emerge dal dossier “Scuola Pubblica: cambio di passo?” in cui Legambiente analizza, con dati e numeri, il controverso mondo scolastico del nostro Paese.

Il primo paradosso, per cui l’aumento di posti di lavoro determinato dall’aumento del numero di alunni ha determinato una inedita precarizzazione della categoria, è accompagnato da un altro paradosso: aumentano alunni e docenti ma diminuiscono le risorse finanziarie per l’offerta formativa.

“Oltre all’esplosione del precariato, assistiamo a una sempre più significativa riduzione dei finanziamenti - spiega Vittorio Cogliati Dezza, responsabile nazionale di Legambiente Scuola e Formazione, nel commentare i dati del dossier -; i tagli sono oggi ancor più “pesanti” perché la crescita degli alunni è determinata in gran parte dai ragazzi di origine straniera (nell’ultimo anno più di 430.000, pari a quasi il 5% della popolazione studentesca) che, proprio per le difficoltà linguistiche e le differenze culturali, avrebbero bisogno di una scuola ricca di più funzioni, prima fra tutte quella del mediatore linguistico e culturale”.

I tagli per l’arricchimento del Piano dell’offerta formativa sono stati del 22% rispetto allo scorso anno, e raggiungo più del 50% rispetto al 2001. Quelli per le consulte provinciali e per le attività integrative orientate alla promozione della cittadinanza attiva degli studenti sono calati di oltre il 16% rispetto allo scorso anno (60% rispetto al 2001, ndr).

“Un disinvestimento paradossale se si è convinti, come si dovrebbe essere, che il coinvolgimento degli studenti nel volontariato e in attività di educazione al rispetto della legalità, della democrazia e delle regole sia il miglior deterrente rispetto ai sempre più diffusi casi di bullismo e di prevaricazione.

In questo primo anno del nuovo Governo pesano certamente le decisioni della finanziaria 2006, predisposta dal governo Berlusconi, ma non ci sono stati, sul piano finanziario, segnali chiari ed evidenti di discontinuità.

“La scuola è ancora affrontata come un costo – sostiene ancora Vittorio Cogliati Dezza - Ma ciò che è più grave è che nelle scuole italiane si respira sempre la stessa aria di sfiducia, sia tra gli insegnanti che tra gli studenti, sempre più demotivati. Nonostante alcune innovazioni molto importanti, come l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale, la riforma dell’esame di stato e l’avvio del riesame delle Indicazioni nazionali piuttosto che la ripresa degli investimenti nell’edilizia, nella vita quotidiana della scuola non si registrano effetti tangibili. La scuola non se n’è accorta.”

In calo anche gli investimenti nell’Educazione per gli adulti (in controtendenza con quanto deciso a Lisbona nel 2000) solo lievemente compensati da una piccola crescita dei corsi presso i Centri territoriali permanenti. Come pure si è ridotto l’investimento per la formazione degli insegnanti, che scende del 60% rispetto al 2001 e del 34,49% rispetto all’altr’anno. Del tutto azzerati, come ormai succede dal 2003, i finanziamenti per le nuove tecnologie nelle scuole.

Unico, consolante, dato in controtendenza: nella finanziaria 2007 tornano gli investimenti nell’edilizia scolastica, con decreti che dispongono incentivi per l’installazione del solare fotovoltaico nelle scuole.