La maggioranza delle università continuerà ad affidarsi alle selezioni
spesso molto lontane dagli studi dei ragazzi. E dalle indicazioni di Mussi

Maturità, gli atenei ancora non si fidano
"Più seria, ma meglio i nostri test".

Massimiliano Papasso, la Repubblica 7/6/2007

 

Qualcuno ha già scelto le sue matricole senza nemmeno aspettare la formazione delle commissioni. Altri prepareranno i loro test d'ingresso ignorando la maggior parte dei programmi studiati per le tre prove scritte. Tutti gli altri resteranno a guardare, convinti che per ridare peso specifico all'esame di Stato sia necessario ancora un po' tempo. Le università continuano a snobbare la maturità. Anche per il prossimo anno accademico, infatti, tutti o quasi gli atenei italiani non terranno conto di quel voto espresso in centesimi che sintetizza cinque anni di carriera scolastica.

Per selezionare le future matricole meglio fare affidamento sui collaudati test d'ingresso preparati dai propri esperti e magari sulle pagelle del penultimo e terzultimo anno di scuola superiore. Insomma niente sembra essere cambiato rispetto agli anni precedenti nonostante la neonata riforma della maturità avesse come obiettivo conclamato proprio quello di ridare credibilità e serietà ad una prova ormai ritenuta inadeguata per selezionare l'accesso ad un corso di laurea.


In cima alla lista di chi non si fida della maturità e dei suoi criteri di giudizio ci sono i prestigiosi atenei privati come la Luiss e la Bocconi. Entrambi ormai da qualche anno oltre a non tener conto del voto di maturità al momento dell'iscrizione delle proprie matricole, hanno deciso di fissare i test d'ingresso addirittura qualche mese prima dell'inizio dell'esame di stato. A Roma gli studenti hanno dovuto fare i conti con problemi di logica e cultura generale ad aprile, mentre nell'ateneo milanese la prova si è svolta lo scorso 5 maggio.

Nessuna speranza di vedere spalancate le porte dell'università solo grazie al voto particolarmente brillante del diploma nemmeno negli atenei pubblici. La stragrande maggioranza ormai da tempo ha deciso di guardare con disinteresse all'esame di Stato, considerato lo strumento meno adatto per giudicare studenti meritevoli e asini conclamati.


Come al Politecnico di Milano dove per selezionare i futuri ingegneri da qualche anno ha valore solo il punteggio conseguito durante i test d'ingresso. "Fino a otto anni per regolare l'accesso ai nostri corsi di laurea l'esito delle prove e il voto di maturità avevano lo stesso peso - racconta Mauro Santomauro, delegato del rettore per la didattica e l'orientamento dell'ateneo milanese - poi abbiamo deciso di cambiare metodo, facendo partire le nostre matricole tutte sullo stesso livello. Molto spesso il metro di giudizio della maturità non è sempre lo stesso e cambia da regione a regione, da scuola a scuola. Per questo abbiamo deciso di non tenerne più conto, proprio per assicurare a tutti in partenza le medesime possibilità di frequentare un corso di laurea. E per farlo il test d'ingresso ci sembra lo strumento più adatto. Se la riforma Fioroni ha ridato credibilità alla maturità? Direi che è ancora presto per dirlo. Per capire se funziona o no bisognerà conoscere il prodotto. Anche se credo che a meno di particolari sorprese anche per il prossimo anno continueremo su questa strada".


Insomma per quei 497.293 maturandi che hanno intenzione di iscriversi in una università si prospetta un'estate di studio infuocato, visto che per superare i test ingresso il più delle volte bisognerà ripartire da zero. Non a Roma Tre, dove invece il voto di maturità conta ancora qualcosa. "A seconda delle facoltà il giudizio dell'esame di Stato da noi ha ancora un certo peso - ammette Mario Morganti, prorettore della terza università romana - anche se il test di valutazione resta lo strumento più affidabile per saggiare la preparazione delle matricole. Le nostre statistiche evidenziano come un ragazzo che si iscrive con un buon voto di maturità, alla verifica del test evidenza diverse lacune e carenze che devono essere colmate. Per questo non possiamo basarci solo sull'esito dell'esame. I test sono uno strumento utile sia per gli studenti che per le università perché permettono di verificare quei prerequisiti che sono necessari per intraprendere un cammino di studi all'interno dell'università".


E se Fioroni, almeno per il momento, non è riuscito a "convincere" del tutto rettori e professori, non se la passa meglio il suo collega Fabio Mussi, a capo del dicastero dell'Università e della Ricerca. Solo qualche mese fa aveva scritto a tutti gli atenei chiedendo di limitare il più possibile i tetti alle iscrizioni ai corsi universitari (limitandoli soltanto a quelle lauree stabilite per legge come Medicina, Architettura, Scienze della Formazione, Veterinaria Odontoiatria e Professioni sanitarie) ma alla vigilia delle immatricolazioni la situazione non sembra essere cambiata di molto. Tanto che molti maturandi a settembre dovranno fare i conti con prove selettive molto spesso lontane anni luce dai programmi e dalle materie studiate a scuola.

"Per noi il numero programmato è una necessità - commenta il professor Santomauro del Politecnico di Milano - perché spesso è legato ai laboratori. Non possiamo permettere a 500 studenti di iscriversi al primo anno e poi non poter garantire la didattica. I tetti rimangono anche se nel nostro caso il 98% di chi sostiene il test selettivo poi comunque riesce ad frequentare i corsi. Magari il primo anno è costretto ad andare in una sede distaccata invece che in quella centrale".


E i test d'ingresso giudicati dai ragazzi spesso come difficili o incomprensibili? "Ci sono casi dove questa considerazione è vera e altri dove sono gli studenti a non essere adeguatamente preparati per affrontarli - precisa il prorettore Morganti di Roma Tre - Noi cerchiamo di risolvere questo problema instaurando dei rapporti diretti con alcuni istituti e proponendo ai maturandi i test che poi dovranno affrontare per iscriversi all'università. Solo così si può prendere coscienza dei prerequisiti necessari per un corso di studio".

Una strategia, quella di un maggior coordinamento tra scuola e università, peraltro prevista dalla stessa riforma Fioroni e che dovrebbe andare a regime per tutti gli istituti a partire dall'anno scolastico 2008/2009. Quando magari la nuova maturità avrà fatto breccia anche nei cuori degli scettici più accaniti.