Ma fa paura l'asilo nido?

di Daniela Del Boca e Daniela Vuri, da La Voce del 4/1/2007

 

La Finanziaria prevede lo stanziamento di 100 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2007-2009 per finanziare un piano straordinario per i servizi socio-educativi per la prima infanzia (articolo 193). L’obiettivo è fare un primo passo verso il raggiungimento della soglia fissata dall’Agenda di Lisbona (33%).

Al di la dei limiti dello stanziamento, non viene prevista una sperimentazione della politica che permetta di stabilirne l’efficacia sia in termini di utilizzo che in termini di incentivo dell’offerta di lavoro femminile. Le domande da porsi sono: un aumento del numero di posti asili nido porterebbe le famiglie italiane a utilizzarli effettivamente? E se sì, ciò renderebbe più facile per le donne restare sul mercato del lavoro dopo la nascita dei figli? E che effetti ha tale utilizzo per i bambini

La situazione

I dati mostrano che gli asili nido in Italia sono pochi, costano molto e sono disponibili solo nelle Regioni del Centro Nord.

1)     I sussidi agli asili nido pubblici sono più bassi rispetto a quelli offerti in altri paesi. L’Italia si posiziona all’undicesimo posto nell’Europa a 15. (1)

2)     Il numero di posti in asili nido (sia pubblici che privati) è tra i più bassi d’Europa: meno del 10 per cento contro più del 50 per cento in Danimarca, e 35-40 per cento in Svezia e Francia. (2)

3)     Nelle Regioni del Sud la disponibilità di asili nido è quasi inesistente, circa l’1-2 per cento contro il 15 per cento del Nord. (3)

4)    Gli orari degli asili pubblici sono più limitati di quelli offerti in altri paesi, poco coerenti con gli orari di lavoro full time prevalenti in Italia.

Alcuni studi empirici, pur non avendo la validità di una sperimentazione hanno analizzato gli effetti di variazioni nei costi e accessibilità del child care sul suo utilizzo e sull’offerta di lavoro femminile, e le preferenze delle famiglie. Ci sono d’aiuto nel pensare a come, dove e in quale forma costruire più asili.

 

I costi

I costi degli asili pubblici sono più alti che in altri paesi. In Italia, il finanziamento pubblico è circa l’80 per cento dell’intero costo, mentre in Svezia, Finlandia, Norvegia, Regno Unito è tra il 90 e il 100 per cento. I costi dei nidi privati sono più alti dei pubblici specie nelle Regioni del Nord. Le stime mostrano che un aumento dei sussidi al child care ha un effetto sull’utilizzo degli asili e sull’offerta di lavoro delle madri solo nelle zone dove questi sono più diffusi.

Tabella 1: Simulazioni dell’introduzione di un sussidio sull’offerta di lavoro

Regioni per
densità di asili

Partecipazione femminile
al lavoro

Effetto
di un Sussidio
al 100%

Regioni > 15%

61.5%

+26.5%

Regioni <15%

40.8%

+5.4%

Fonte: Del Boca e Vuri (2006)

Effetti sull’offerta di lavoro delle madri

I risultati di questi studi sono utili per ragionare sulle recenti proposte di aumento dell’offerta di asili. Le nostre simulazioni mostrano che per arrivare a un livello di partecipazione femminile al mercato del lavoro del 60 per cento, come fissato tra gli obiettivi di Lisbona, l’incremento dell’offerta degli asili nido dovrebbe essere ben più elevata del 33 per cento suggerito dalla Commissione europea e superare il 40 per cento. (6)

Per avere effetti importanti sull’offerta di lavoro femminile, un aumento del numero di asili pubblici dovrebbe essere accompagnato da una riorganizzazione degli orari, per rendere i servizi più utili e flessibili. L’aiuto dei genitori nella cura dei figli è ancora infatti un fattore molto importante, sia come sostituto all’asilo che come sostegno alle rigidita’ degli orari.

 

Le preferenze delle famiglie

Una recente indagine della Fondazione De Benedetti ha mostrato che un’elevata proporzione di famiglie non usa l’asilo perchè scarsi e costosi ma anche perche li considera di bassa qualità (7). Nella maggior parte delle famiglie prevale comunque l’idea che i figli piccoli crescano meglio in ambienti familiari. Senza contare che, secondo quanto riportato dalla World Values Survey, in Italia un numero più alto di famiglie rispetto ad altri paesi europei ritiene che i bambini piccoli soffrano se stanno all’asilo e la madre lavora.

 

Meglio all’asilo o a casa?

È allora rilevante chiedersi quanto faccia bene ai bambini frequentare fin da piccoli gli asili nido. In Italia questi aspetti sono trascurati, principalmente a causa della mancanza di dati che ne permettano lo studio. In altri paesi (Regno Unito, Germania, Svezia, Stati Uniti), gli studi sul benessere psico-fisico dei bambini sono numerosi e concordano nell’individuare tra i fattori importanti la qualità degli asili, ma anche il tempo che ambedue i genitori dedicano ai bambini.
Nonostante i recenti cambiamenti le
donne italiane sono oggi quelle in Europa che dedicano più tempo al lavoro familiare, inclusa la cura dei figli, e tra le ultime per il lavoro retribuito, mentre l’opposto vale per gli uomini (link Sabbadini)

 

Quali strumenti per valutare?

I risultati delle nostre ricerche mostrano l’elasticità dell’offerta di lavoro femminile a fronte di una variazione del numero degli asili non è elevata, mentre ci sono ancora forti resistenze al suo uso. Date le limitate risorse previste dalla Finanziaria, è importante dunque valutare a priori gli effetti attraverso una sperimentazione. E’ importante inoltre implementare indagini longitudinali che permettano di seguire i bambini da 0 a 3 anni in poi per valutare gli effetti dell’asilo sul loro benessere psico-fisico e sul successo scolastico negli anni seguenti.

 

NOTE

(1) Del Boca D., Wetzels C. "Social Policies, Labor Markets and Motherhood" Cambridge University Press 2007.

(2)  Eurostat 2005.

(3)  Fondazione degli Innocenti (2005): "I servizi educativi per la prima infanzia".

(4) Del Boca D., Locatelli M. and Vuri D. (2005) "Child care Choices of Italian Households", Review of Economics of the Household 3, 453-477.

(5) Del Boca D. Vuri D. (2006) "The Mismatch between Employment and Child Care in Italy: the impact of rationing" Journal of Population Economics 2007.

6)  Le graduatorie europee mettono l’Italia al decimo posto (su 15) per qualità: per esempio, mentre in Danimarca ci sono tre bambini per insegnante, in Italia il numero è il doppio.

 

NOTE