Giocare con il fuoco.

 di Stefano Stefanel  da Pavone Risorse del 17/1/2006

 

Sono venuto in possesso, come pochi altri credo in Italia, di alcuni dati che stanno alla base del Progetto di ricerca A.P.RI.CO. (Attivazione di interventi di Prevenzione, Rieducazione e Compensazione per ragazzi affetti da Disturbi Specifici di Apprendimento con l’ausilio di strumenti informatici) sviluppato in Emilia Romagna. I dati riguardano una stima generale della presenza di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (lettura, espressione scritta, comprensione del testo, calcolo, visuo-spazialità) negli alunni delle scuole italiane. La ricerca dovrebbe permettere di uscire dal generico e di intervenire su una didattica non più al passo con i tempi e comunque non in grado di produrre apprendimenti efficaci e duraturi almeno per una vasta maggioranza di alunni. Credo sarebbe molto importante che le scuole si attivassero per intervenire su quel 5% di alunni cui il disturbo è già stato certificato e su quel 75% invece che non hanno un reale disturbo, ma che comunque manifestano situazioni o sintomi propri dei disturbi. Sarebbe anche interessante comprendere se l’attuale didattica non sia una discreta produttrice di disturbi. L’impressione è che invece la scuola italiana voglia continuare a fare come ha sempre fatto e cioè a mettere in evidenza le carenze degli alunni, delle famiglie e della società e non quelle dei docenti. Dopotutto se un disturbo non lo si cerca difficilmente lo si trova, a meno che questo non appaia nella sua evidenza più eclatante, quella che non permette ormai più a nessuno di invitare un disgrafico ad essere"più ordinato". Esiste poi il forte disagio degli eccellenti, cioè di quegli alunni cui la scuola crea difficoltà perché non ne comprende la grande bravura, che spinge ad impegnarsi ma poi non sa riconoscere l’impegno, cui impone compiti aggiuntivi, ricerche, ipertesti, power point che poi non valorizza e non valuta. Una delle cose che mi farebbero inorridire, se facessi ancora l’insegnante, sarebbe quella di parlare davanti a persone che non sono in grado di apprendere: il mio parlare vuoto in questo caso non terrebbe conto delle loro difficoltà, dei loro problemi. Da qualche tempo si parla di Disturbi Specifici dell’Apprendimento senza che questo stia spostando in alcun modo il problema complessivo della didattica. Tra l’altro è evidente che in presenza di disturbi la "personalizzazione" non è più un’opzione, ma l’unica strada per raggiungere qualche risultato accettabile. E questa personalizzazione dovrebbe riguardare soprattutto gli eccellenti, sempre più compressi dalla routine a favore dei mediocri.

 

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Non so se il Progetto Ascolto di cui tanto si parla in questo periodo cercherà di approfondire il disagio di chi dovrebbe apprendere e apprende poco. L’iniziativa del Ministro lascia interdetti, ma è in linea con la sua idea di scuola come mondo sconosciuto. I monitoraggi Invalsi sulle scuole come organizzazione (ma anche sugli apprendimenti degli alunni) sono diventati carta straccia e infatti nessuno li prende più in considerazione. Né si sa qualcosa del gruppo dei 60 direttori didattici di estiva memoria. Quello che colpisce è questa idea che bisogna capire la scuola, come se tutto quello che è stato detto, scritto, analizzato, monitorato sulla scuola in questi anni non contasse nulla. Ascoltando e monitorando ci si immette nella strada della provvisorietà continua, che è quella del Progetto Sivadis, procedura di cui ormai si sta perdendo memoria e che ha paralizzato qualsiasi idea di valutazione dei dirigenti. D’altronde il Ministero si è provato a "valutare" i candidati in ingresso ai ruoli della dirigenza ed è venuto fuori il pasticcio che sappiamo, con una immissione in ruolo attraverso "graduatorie ad esaurimento", cioè attraverso un meccanismo che stride con l’idea di dirigenza selezionata, formata, inserita sui posti realmente disponibili. Credo che l’ascolto ministeriale dovrebbe riguardare a questo punto i Disturbi Specifici dell’Apprendimento degli Alunni e i Disturbi Specifici di Credibilità della Dirigenza.

 

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Ci sono poi due oggetti del mistero che si aggirano per le scuole d’oggi: sono il Biennio dell’obbligo e la Riforma delle superiori. I due oggetti si intersecano, ma non sembra ci sia un’idea chiara su cosa e come fare con loro. Ho avuto modo di leggere gli studi prodotti nell’ambito del gruppo di lavoro ministeriale da Marco Rossi-Doria, Domenico Chiesa, Maria Luisa Martinez, Giorgio Alulli, Paolo Ferratini. Tutti contributi molto interessanti e significativi, che dicono però cose molto diverse tra loro. In che modo e in che forme tutto questo circolerà nelle scuole non è dato di sapere, ma non sembra che questa "ignoranza prolungata" scaldi qualche animo di parte sindacale o qualche "vecchio" contestatore della Moratti. Sulla Riforma delle superiori invece il silenzio è assoluto, quasi che le percentuali sulla dispersione scolastica, la crisi degli istituti professionali, la scarsa credibilità dell’esame di maturità siano una produzione della perfidia del precedente Governo. C’è poi l’enigma dei tempi, con riforme e cambiamenti che vengono spostati negli anni e che poi sono introdotti da meccanismi sempre convulsi e con tempi di reazione troppo ristretti.

 

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Alla oggettiva situazione di difficoltà delle scuole si risponde a livello ministeriale con lo spoil system di sinistra, con la nascita in pompa magna degli Uffici Scolastici Provinciali e con l’idea delle Fondazioni. Non so in che modo tutto ciò andrà ad intervenire sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento o sull’attuazione del Biennio dell’obbligo, né riesco a comprendere come il "valzer" delle poltrone al Ministero, negli Usr e negli Usp possa produrre in qualche modo efficienza ed efficacia nell’azione didattica delle scuole e nelle procedure di nomina del personale e di erogazione del servizio. Mi sembra sia tutto un allegro giocare con il fuoco, in attesa che a qualcuno venga un’idea reale su cosa fare. La Legge Finanziaria prevede il trasferimento di tutti i fondi in forma diretta dal Ministero alle Scuole, cosa già inserita nel D.I. 44/2001 e a questo punto non si comprende che cosa si debba ancora aggiungere. Forse il Ministero prima di produrre nuovi ascolti dovrebbe leggersi quello che ha: questa fobia nella produzione di nuova carta che subito invecchia mi sembra sia il modo migliore per accendere gli animi e lasciare tutto immutato. Non è dato di sapere se alla fine dell’"anno ponte" ci sarà un nuovo anno ponte o qualcos’altro. Siamo a gennaio, i ragazzi si iscrivono, inizia il debordante meccanismo dei trasferimenti e della definizione degli organici: che tutto questo significhi un ennesimo rinvio delle decisioni da prendere, visto che gli ostacoli maggiori contro il sonno delle scuole (Tutor e Portfolio) sono già stati eliminati?