Ricerca della Fondazione per la sussidiarietà. Fioroni: non serve privatizzare.

Docenti in crisi di credibilità.

Il 43% di genitori e imprese ne boccia la qualità

 da Italia Oggi del 30/1/2007

 

Scuola in crisi di credibilità. Per il 61% delle famiglie italiane, ma anche per buona parte delle istituzioni e delle imprese il 46% dei casi, l'istruzione è la reale sfida del paese e una vera emergenza. E nell'emergenza rientrano anche i professori, non sufficientemente preparati e poco coordinati tra di loro. A tracciare un quadro a tinte piuttosto fosche è il primo rapporto nazionale sullo stato dell'educazione in Italia, "Sussidiarietà ed educazione", condotto dalla Fondazione per la sussidiarietà su un campione di 3.200 intervistati tra famiglie, istituzioni e imprese (www.cdo.it). La consapevolezza dell'importanza della sfida educativa fa affermare a più del 55% del campione che il primo elemento di una scuola di qualità sta nella preparazione e nella capacità degli insegnanti; mentre il contesto sociale e culturale, che si attesta in media intorno al 23%, supera la presenza delle famiglie (15%); quanto alle scelte educative, la crescita della personalità avviene assai più nell'opera educativa svolta da un maestro (89%) che non in un'ipotesi di tipo individualistico, libera da ogni autorità (10%) o nella partecipazione a una comunità o gruppo (78%), piuttosto che in un proprio cammino personale (21%). Secondo i dati del rapporto poi i docenti italiani sono poco qualificati per il 43% degli italiani e non abbastanza coordinati tra loro per il 21%. Ma la colpa non è da imputare solo agli insegnanti, perché se è vero che non sono preparati è altrettanto vero che per quasi il 20% degli intervistati sono poco incentivati anche quando meritevoli. Per non parlare poi dei presidi dallo scarso potere, per il 7%, e del personale amministrativo che non ha, stando al rapporto, per il 6,7%, grandi qualifiche. Dal punto di vista delle imprese il 54% di queste vede nella preparazione e nella capacità degli insegnanti l'elemento chiave per una scuola di qualità, ma ne lamenta per il 56% la poca qualificazione e la demotivazione. Ma a cosa serve oggi la scuola? Per l'82% degli italiani il suo compito è quello di istruire ed educare, cioè a formare la personalità e insieme a fornire conoscenze, più che non limitarsi semplicemente ad addestrare a un lavoro, opinione che hanno solo il 13% degli intervistati. Il 73% delle aziende lamenta di non avere nessun rapporto con le università per sviluppare progetti innovativi o per migliorare la formazione e l'organizzazione del personale. Rispetto alle esigenze del mondo delle imprese, la scuola è adeguata, ma con gravi insufficienze per il 32% delle aziende mentre è inadeguata per il 51%.

Il 56% degli abitanti della penisola auspica un sistema educativo misto tra statale e privato. I dati sono relativi a un campione di intervistati dai ricercatori e, per questo, non possono essere interpretati in modo univoco. Ma, secondo quanto spiega la ricerca, oltre il 40% degli italiani ritiene che la scuola debba essere gestita solo dallo stato, mentre il 56% chiede un sistema misto. Il 37% degli intervistati, infine, non iscriverebbe mai un figlio "a una scuola privata, neanche se fosse gratuita". Tra chi preferisce la gestione dello stato, il 51% sostiene che le scuole private dovrebbero essere finanziate solo in parte dallo stato, mentre il 19,5% parla di finanziamento pubblico esclusivo. E proprio sul rapporto pubblico privato e sulla necessità che ci sia tra le due entità una sana concorrenza insiste il presidente della Fondazione per la sussidiarietà Giorgio Vittadini, che indica nella maggiore autonomia e nel mercato il fattore di svolta. "Anche nella scuola la liberalizzazione è un nodo centrale per liberare il tappo alle possibili risorse che si possono liberare". Di parere opposto il ministro della pubblica istruzione, Beppe Fioroni, che si dichiara assolutamente favorevole nell'applicare il principio di sussidiarietà tra pubblico e privato nelle istituzioni scolastiche, ma sottolinea anche la sua decisa contrarietà "alla liberalizzazione e al via libera alle regole del mercato nel mondo della scuola".