Si preparano a domandare l'uscita anticipata
se non verrà modificato lo scalone della Maroni.

Timori sulla previdenza,
50 mila insegnanti in fuga.

  da Il Corriere della Sera del 6/2/2007

 

ROMA — Scuola, addio. Un piccolo esercito di 50 mila persone, tra docenti, dirigenti e personale amministrativo e tecnico, sta per abbandonare le aule scolastiche per approdare alla sospirata pensione. Il dato è significativo, tenuto conto che si tratta di 5 individui su 100. Ad agevolare l'esodo sarebbe l'approssimarsi del 2008, anno a partire dal quale dovrebbe entrare in vigore l'innalzamento dell'età pensionabile dagli attuali 57 anni ai 60. Sempre che il governo, nel frattempo, non decida di abolire lo «scalone», come auspica da tempo la sinistra radicale.

Intanto però è fuga. Secondo i dati ancora parziali che provengono dagli uffici scolastici provinciali, sono oltre 48 mila i dipendenti della scuola, tra docenti e non docenti, a aver richiesto di andare in pensione. Tanti, se si considera che lo scorso anno, a settembre, erano risultati 36.845. L'aumento è del 30,2%. Mentre siamo al raddoppio rispetto a tre anni fa: nel 2004-2005 lasciarono la scuola 24.603 dipendenti tra insegnanti, capi d'istituto e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari).
 

LA MOSSA DEGLI INSEGNANTI — Ad abbandonare il posto di lavoro sono soprattutto gli insegnanti (38.216) forse in considerazione dell'elevata età di questa categoria: uno su due ha più di 50 anni. Seguono gli Ata con «sole» 9.561 richieste e poi i dirigenti scolastici a quota 270. Si defila soprattutto il personale impiegato nelle grandi Regioni: dalla Lombardia (4.359) alla Sicilia (4.121) dal Lazio (3.766) alla Campania (3.451). Solo nella Capitale e provincia, gli esodi ammonterebbero a quasi 4 mila contro i 2.600 dello scorso anno, con una punta negli istituti superiori.

Quanto alle materie, sembrerebbero aver stancato più l'italiano e la matematica che le materie linguistiche e giuridico- economiche e l'educazione fisica.

Governo e sindacati per una volta si trovano d'accordo sulla diagnosi del problema: ad allontanare il personale scolastico è stato lo «scalone» e l'incertezza intorno ad esso che si è amplificata negli ultimi tempi con posizioni diverse anche all'interno della stessa maggioranza. Una paura ingiustificata per molti, visto che una norma del 2004 consente a chi ha maturato il diritto di andare in pensione entro il 31 dicembre 2007, di mantenere il diritto acquisito anche dopo il primo gennaio 2008. Forse qualcuno teme che quella norma, così favorevole, cambi. La scadenza per la presentazione delle domande, fissata al 10 febbraio, ha fatto il resto. «Se i docenti avessero potuto scegliere tempi diversi — commenta per Flc-Cgil, Enrico Panini — magari a giugno, e con maggiore flessibilità, probabilmente avrebbero potuto avere maggiori informazioni per ponderare la loro scelta».
 

UN ESODO PREVISTO — Il fenomeno non sconvolge la Pubblica istruzione, anzi. Secondo il viceministro Mariangela Bastico, l'esodo degli insegnanti era stato previsto, tanto che sono già programmate 50 mila nuove assunzioni che, a questo punto, pareggeranno il conto, producendo pure l'auspicato ricambio generazionale. Sembra più vicino, stando così le cose, il via libera del ministero dell'Economia, guidato da Tommaso Padoa- Schioppa, al piano triennale che prevede 150 mila assunzioni, annunciato dal governo in sede di Finanziaria.

In attesa delle disposizioni che il Tesoro dovrebbe emanare sulle assunzioni, nelle prossime settimane saranno rifatte le graduatorie permanenti provinciali in scadenza. Ma questa volta saranno adottati i nuovi criteri, compresa l'eliminazione del doppio punteggio per chi lavora nelle scuole di montagna, così come previsto dalla Finanziaria e come intimato, negli scorsi giorni, da una sentenza della Corte costituzionale.