Istruzione professionale allo Stato.
E le Regioni?

da Tuttoscuola, 3/2/2007

 

Ma il progetto di mantenere allo Stato gli istituti professionali è pienamente compatibile con le prerogative regionali previste dal Titolo V della Costituzione? L’art. 117 recita: "Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: .... istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale".

A sollevare qualche dubbio è l’assessore all’istruzione e formazione dell’Emilia Romagna, Paola Manzini, esponente DS subentrata nell’incarico a Mariangela Bastico (dello stesso partito, attuale viceministro al MPI).

"È un po’ spiacevole - ha detto la Manzini - che a fronte di una relazione aperta fra Stato e Regioni su due tavoli che riguardano il secondo canale di istruzione e l'applicazione della riforma per il Titolo V non vi sia stato alcun tipo di interlocuzione con noi".

L’assessore teme che le Regioni siano messe di fronte al fatto compiuto, senza avere alcun ruolo nell’attuazione del provvedimento; auspica un maggiore raccordo sulle norme che riguardano l'istruzione tecnico-professionale e il raccordo con la formazione professionale, contenute soprattutto nel disegno di legge. Ma precisa: "non mi sembra di poter dire che hanno esondato dalle competenze del Ministero, ma per la delicatezza delle tematiche, per l'approccio che avevamo positivamente costruito nel confronto fra tutte le Regioni e il ministero era forse più opportuna una strada di maggiore raccordo".

L’on. Aprea, già sottosegretario all’istruzione, esprime un netto giudizio critico, dichiarando: "Come si può resuscitare l'istruzione professionale statale quando la nuova Costituzione e le indicazioni europee indicano di prevederla non scolasticistica e con percorsi flessibili di indirizzo regionale? Siamo curiosi di conoscere il giudizio del Coordinamento degli Assessori Regionali".