La mannaia della Siae
decapita l’insegnamento gratuito telematico.
Come? Rendendo molto dura
la vita dei siti scolastico-culturali
degli insegnanti animati da passione e buona volontà.

 di Pino Nicotri, da L'Espresso Blog del 3/2/2007

 

Che la scuola italiana da tempo stia scadendo è cosa nota. Insegnanti e professori sopperiscono spesso con la propria passione, ci mettono un impegno che va ben oltre il dovuto e ben oltre lo stipendiato. Alcune inchieste hanno dimostrato che molti insegnanti soffrono di depressione o esaurimento da superlavoro. E’ invece meno noto che molti di loro si danno da fare creando siti internet che mettono a disposizione gratuitamente per studenti e non una bella fetta di sapere in più, utile per la scuola ma non solo. L’offerta di questi siti di insegnanti pieni di buona volontà è la più varia, dall’impegno civico a quello politico culturale, dal campo della musica a quello delle arti visive, dagli argomenti di storia alle questioni giuridiche del ginepraio scolastico che spesso neppure il ministero della Pubblica istruzione riesce a chiarire bene.

Insomma, esiste un mondo scolastico parallelo, via web, di insegnanti telematici che se non possiamo definire “scalzi”, riprendendo una vecchia metafora, possiamo certo definire sottopagati e trascurati, anche perché è l’intera scuola pubblica che il mondo politico e governativo trascura da troppo tempo. Non ci si rende conto che fare della scuola la Cenerentola significa creare un orizzonte futuro carico di nuvoloni neri… La scuola è il cuore e il centro di gravità della formazione dei giovani, e i giovani sono il futuro. Se la scuola la si lascia fare ed essere la Cenerentola, i giovani raccoglieranno cenere, il futuro sarà gramo per tutti e il Paese rischia la deriva. Ora su questo mondo di insegnanti coraggiosi piovono multe salate appioppate dalla Siae, cioè dalla società che si occupa dei diritti di autore. Molto spesso infatti anche i siti scolastici e culturali mandati avanti da questi insegnanti vengono corredati con immagini e spesso anche con musiche scaricate da internet. Fino a ieri era tutto lecito e gratis. Ora una normativa europea semina disastri, pretende soldi anche arretrati, migliaia e a volte decine di migliaia di euro per ogni singolo sito “intercettato” dalla Siae. Il risultato è che molti di questi siti, forse la quasi totalità, dovranno chiudere, gli insegnanti dovranno rassegnarsi alle ripetizioni private…

La cosa incredibile è che nessuno sollevi almeno il problema che si cominci a tartassare sui diritti d’autore dall’entrata in vigore anche in Italia della normativa europea, mettendo una pietra sopra al passato. In questo caso una sanatoria per il pregresso sarebbe preziosa almeno quanto l’indulto e l’amnistia in altri campi. Ma è probabile che il mondo scolastico del web venga trattato con meno riguardo di quello riservato ai malavitosi più o meno piccoli.

Credo valga la pena far parlare uno dei più rappresentativi tra questi insegnanti, uno dei quattro che hanno dato vita a quello che ormai è un vero e proprio web scolastico nazionale. La parola dunque a Enrico Galavotti, 53 anni, professore di italiano, storia e geografia in una scuola media in provincia di Forlì-Cesena. conosciuto in rete col nickname Galarico, autore del sito homolaicus.com, molto quotato in Google per i suoi materiali didattici e culturali. Dopo un decennio di presenza attiva nel vasto mondo del web è caduto nelle maglie sempre più strette che la Siae sta stringendo intorno al mondo degli insegnanti telematici.

Dunque, professore, cosa è successo?

Niente, o quasi. Con mia grande sorpresa mi sono visto recapitare una raccomandata dall’ufficio Arti figurative della Siae che mi intima di pagare una cifra rilevante per l’uso di 74 dipinti di Kandinsky, Picasso, Klee e alcuni Futuristi, di cui non avevo chiesto la preventiva autorizzazione.

E perché non l’aveva chiesta?

Perché non sapevo di doverla chiedere, non avendo mai fatto nulla di commerciale coi miei ipertesti, né lo sapevano ai miei colleghi, che hanno collaborato alla loro realizzazione. In dieci anni non mi ha mai chiesto nulla nessuno. E come io ho preso immagini da vari siti, così è probabile che altri le abbiano prese dal mio: il baratto ha caratterizzato la rete sin dai suoi esordi. Il massimo che si faceva era citare a vicenda i rispettivi siti.

Eppure esiste una precisa legge sul diritto d’autore.

Sì esiste, ho cominciato a leggerla adesso. In rete, sin dalla sua nascita, tra insegnanti s’è sempre detto che bastava citare la fonte (in questo caso i musei), e a volte non si faceva neppure quello, trovando la stessa immagine su decine e decine di altri siti.

Vuol dire che da una fase anarchica della rete si sta passando a una fase regolamentata?

Indubbiamente una sanzione del genere solo qualche anno sarebbe stata impensabile, e non tanto perché le leggi erano meno restrittive (sicuramente lo erano prima di quella Urbani), quanto perché la Siae non faceva nulla in rete: è da circa tre-quattro anni che s’aggira come leone ruggente in cerca di chi divorare, e purtroppo, grazie al mio posizionamento nei motori, ha trovato il pollo da spennare.

La mazzata sarebbe dovuta arrivare con una sorta di preavviso?

No, sarebbe troppo chiedere a una società come la Siae, di cui è ben noto il carattere vessatorio che esercita nel nostro paese. Non a caso è stata per anni commissariata. Certo è che passare improvvisamente dalla libera fruizione di materiali didattici al terrore di dover rendere contro a questo Moloch del copyright, non è piacevole. Per questo forse sarebbe stata necessaria maggiore informazione o che comunque il nostro Ministero [della P.I.] avesse svolto un’opera di maggiore tutela nei confronti dei propri insegnanti, che nella mia condizione saranno a centinaia.

Si riferisce al fatto che la legge è troppo restrittiva nei confronti di chi fa cultura senza scopo di lucro?

Esattamente. La Siae, o meglio la legge Urbani, non fa differenza tra sito culturale e sito commerciale: per l’uso di immagini protette tutti devono pagare. La differenza sta solo negli importi, che però restano troppo alti per qualunque insegnante. È impensabile infatti che per fruire di 50 immagini io debba pagare 120 euro l’anno, quando per le stesse immagini, a te che sei giornalista, grazie al tuo diritto di cronaca, non costano nulla.

Veramente la Siae non impedisce di usare le stesse immagini senza pagare i diritti.

È vero, ma mi costringe o a metterla sotto chiave, in un’area riservata (il che non è il massimo per un sito culturale), o a usarle con dei link esterni, facendomi così rischiare di avere continuamente dei buchi neri quando il sito di riferimento sparisce dal web, o cambia nome, o quando il webmaster, semplicemente, colloca la propria immagine in un cartella diversa da quella originaria del proprio sito. L’altra soluzione è quella di usare porzioni di immagini, ma in un ipertesto artistico, di commento critico di un’opera, questa soluzione viene generalmente scartata a priori. E poi quelli della Siae, contraddicendo apertamente, in questo, la legge n. 633, con le sue successive modifiche, ritengono l’uso parziale dell’immagine un illecito ancora maggiore.

Strano però che la Siae sia così ossessiva con gli insegnanti, quando la Cassazione è così tollerante nei confronti di chi fa pirateria di film, musica e software in ambito privato, pur senza scopo di lucro.

È che per la Siae c’è una certa differenza tra quanto avviene in un’area privata e quanto invece avviene alla luce del sole. Un ipertesto didattico o culturale che utilizza pubblicamente immagini non autorizzate viola, ipso facto, la dignità morale dell’artista e i diritti patrimoniali degli eredi: nella raccomandata è scritto esattamente così, ed è stato questo che più mi ha sconcertato.

Questo automatismo appare strano, anche perché semmai un ipertesto culturale su un dipinto dovrebbe incrementarne il valore commerciale.

Infatti, io penso che se un erede vedesse i lavori che i docenti fanno nel mio sito, non noterebbe di sicuro una violazione ma semmai un’esaltazione dell’ingegno artistico e intellettuale di un autore. Invece devi pensare che per la Siae costituisce addirittura un’aggravante il fatto che su un dipinto si mettano cerchi, linee e quadrati per poterlo meglio spiegare. Mi hanno addirittura scritto che l’aver usato il volto di Picasso in un puzzle in java avrebbe potuto comportare una richiesta separata di risarcimento danni.

Insomma o paghi i diritti o non fai ipertesti di dominio pubblico su autori viventi o scomparsi da meno di 70 anni?

Purtroppo la Siae non pubblica l’elenco degli eredi ma solo quello degli artisti, e di questi artisti considera protette tutte le opere, tant’è che non hanno neppure voluto dirmi i nomi dei files “incriminati”. Quindi è lei a decidere le regole del gioco, e in queste regole la scuola è costretta a tenere lo sguardo rivolto verso il passato più lontano.