E’ morto ieri a Roma il grande pedagogista
che contribuì al rinnovamento della scuola italiana

L’educazione di Visalberghi.

Combatté nelle formazioni partigiane A Pisa ebbe come compagno Ciampi

Franco Volpi, la Repubblica, 12/2/2007

 

Scompare con Aldo Visalberghi, deceduto ieri nella sua abitazione romana dove da qualche tempo si era ritirato, uno dei pedagogisti che maggiormente hanno influito sulla modernizzazione delle scienze dell’educazione in Italia. Nato a Trieste nel 1919, si era formato alla Normale di Pisa, dove ebbe come compagno di studi Guido Azeglio Ciampi, e dove nel 1941-42 si laureò in filosofia con Guido Calogero. Intellettuale impegnato – con Aldo Capitini fu teorico e fondatore del Movimento Liberalsocialista – aderì al Partito d’Azione e dopo l’8 settembre combatté nelle formazioni partigiane al fianco di Duccio Galimberti. Arrestato, fu liberato solo alla fine della guerra e, dopo lo scioglimento del Partito, si dedicò per intero all’attività scientifica e universitaria.

Insegnò pedagogia nelle università di Torino, Milano e, dal 1962, alla Sapienza di Roma. Tra le sue pubblicazioni, molte delle quali tradotte in altre lingue, spiccano la fondamentale monografia su John Dewey (1951), quindi Esperienza e valutazione, Scuola aperta, Insegnare e apprendere, Pedagogia e scienza dell’educazione. Ma Visalberghi si impegnò soprattutto sul piano pratico e organizzativo, anche per controbilanciare lo squilibrio della pedagogia speculativa e «astratta» di Giovanni Gentile e dei suoi allievi. Si meritò per questo l’appellativo di «organizzatore culturale» o «politico dell’educazione», termini un filo limitativi, ma che ben descrivono il suo contributo al rinnovamento della pedagogia e della scuola italiana. Con tale spirito egli diresse la rivista Scuola e Città, fondata da Ernesto Codignola, promuovendo una politica scolastica impegnata a costruire una scuola pubblica laica e moderna, attrezzata ad affrontare le sfide del mondo d’oggi.

La sua opera di pedagogista rimarrà legata a un termine – evaluation, «valutazione» – che egli riprese da Dewey e introdusse con lungimiranza nel dibattito pedagogico italiano. Com’è noto, si tratta di un concetto ormai imprescindibile nella organizzazione di qualsiasi istituto formativo, a qualsiasi livello, elementare, medio o universitario che sia. Già verso la metà degli anni Cinquanta, con testi come Misurazione e valutazione nel processo educativo o Esperienza e valutazione, Visalberghi pose una pietra miliare sollevando il problema della creazione di standard affidabili per valutare non solo l’educazione degli educandi, ma anche quella degli educatori, e quindi l’efficacia di un intero ordinamento scolastico e la realtà dei processi formativi in generale.

Il suo «pensiero dell’educazione» accese un articolato dibattito sulla nuova realtà della scuola italiana. E mise in moto processi di trasformazione come la scuola media unificata battagliando, tra l’altro, per estendere l’obbligo scolastico ai 18 anni. Era pienamente consapevole, comunque, che educare non significa collaborare al libero sviluppo della personalità, ma far sì che la parte migliore di essa prevalga su quella peggiore.