Un colpo d'ala. Ma dov'è l'emergenza? di Maurizio Tiriticco 15/12/2007.
E’ un colpo d’ala quello
che ci vuole per il nostro Sistema educativo nazionale di istruzione e
formazione, una vision lungimirante ed una mission a medio termine: in
altre parole, occorre essere pienamente consapevoli che l’istruzione è
per la società della conoscenza quello che era la fabbrica per la
società dell’industria e – cosa non da poco – che occorrono scelte di
ampio respiro anche e soprattutto in termini di risorse!
Ora, ciò che preoccupa è
il retropensiero del nostro Ministro. Secondo Fioroni la nostra scuola
avrebbe fatto un pieno di riforme, per cui sarebbe ora di finirla di
riformarla e fare appello a un po’ più di serietà e di buonsenso. Non
è così! La nostra scuola semmai è stata ignorata se non de-formata… ed
occorre veramente pensare a… ri-formarla perché possa essere
all’altezza delle sfide che i tempi ci impongono. Serietà e buonsenso
da soli non bastano, anzi rischiano di farci scivolare all’indietro,
ai tempi in cui, secondo una convinzione purtroppo assai diffusa… la
scuola sì che era una cosa seriaaa!!! Allora sì che si studiava!
L’idea forte si può e si
deve anche innestare sulle iniziative che tra un giro di vite e
l’altro si sono avviate. Il fatto è che si tratta di iniziative che
ancora non sono entrate nel corpo della scuola operante, iniziative
che, una volta adottate, e con tanta fatica, ancora non suscitano
particolari entusiasmi! Spesso la diffidenza e il sospetto prevalgono
sulla necessità di operare. Anche perché un disegno chiaro e mirato è
difficile leggerlo nelle recenti proposte normative.
Vediamo nel dettaglio i passi compiuti e i passi da compiere. Si tratta di tematiche già presenti nella mia Lettera aperta all’amico Cerini dello scorso 7 novembre, che costituiva in effetti uno stimolo a tutti noi per una riflessione collettiva. 1. Occorrerà estendere l’esperienza delle sezioni Primavera, previo monitoraggio e sostegno alla didattica emergente in considerazione dell’assoluta novità dell’esperienza e della ricerca della continuità con la scuola dell’infanzia. 2. Occorrerà procedere più speditamente alla generalizzazione della scuola dell’infanzia. Sarà anche opportuno riprendere seriamente gli Orientamenti del ’91, uno dei documenti più avanzati che siano stati prodotti dalla nostra cultura pedagogica, che tutti gli stranieri ci invidiano e che hanno condotto a quelle scuole per l’infanzia tra le migliori nel mondo. Va considerato che sia con l’amministrazione Moratti che con quella attuale si è tentato di riscriverli, ma ne sono sortiti solo dei suntini goffi e malfatti. Ciò significa che si dovrebbe pensare a degli Orientamenti che siano una originale edizione per il nuovo millennio… ma… chi pon mano ad essi? 3. Le Indicazioni per il curricolo costituiscono un documento interessante, fissano orientamenti precisi soprattutto per quanto riguarda la continuità tra primaria e secondaria di primo grado. Nel medio termine occorrerà prevedere anche un riordinamento unitario di due gradi di scuola la cui separazione, allo stato della ricerca e dei cambiamenti nel sociale, ha poco senso. L’estensione anche alla scuola media delle tre aree pluridisciplinari in cui chi cresce-apprende costruisce il Sé, il Sé con gli altri, il Sé con le cose, ha un valore dirompente rispetto alla tradizionale rigidità di questo grado di istruzione. Nei due anni di sperimentazione – o meglio di ricerca-azione – che ci siamo dati occorrerà vagliare la correttezza di certe scelte: ad esempio, come innestare sulla concettualizzazione dello spazio/tempo da parte dell’alunno la sistematicità degli insegnamenti di storia e geografia; quale spazio dare alla musica e alla psicomotricità, evitando specialismi a cui una istruzione obbligatoria non è tenuta. Occorrerà anche rivedere l’attuale regime dell’esame di Stato, il quale, con l’innalzamento dell’obbligo di due anni, costituisce più uno sbarramento che uno svincolo aperto alla continuità. 4. Una questione di non poco conto è una effettiva realizzazione dell’obbligo di istruzione che sia finalizzata a quella certificazione delle competenze sia culturali che di cittadinanza che garantiscano a tutti i nostri giovani una scelta meditata per il loro futuro. Le questioni aperte su questo fronte sono almeno tre: a) come coniugare gli insegnamenti degli attuali programmi con le indicazioni di cui ai quattro assi culturali; b) come curvare gli insegnamenti attuali in modo che gli obbligati acquisiscano effettivamente quelle competenze per l’esercizio della cittadinanza attiva che costituiscono un’assoluta novità per la nostra scuola; c) quali indicazioni dare e quale modellistica formulare perché si proceda alla certificazione finale delle competenze, operazione assolutamente nuova per i nostri percorsi di istruzione. 5. Un elemento di preoccupazione è il riordino dell’intero secondo ciclo a cui si deve procedere anche con una certa sollecitudine se vogliamo centrare l’obiettivo che ci siamo proposti, che cioè possa avere inizio con l’anno scolastico 2009-10. Il dibattito – per quanto ne so – non è ancora iniziato e due anni non sono tanti per giungere a un riordino che è ben più complesso di quello del primo ciclo. A mio vedere, occorrerà lavorare secondo questi criteri: a) darci la prospettiva, anche lunga, di far terminare gli studi secondari a 18 anni, largamente generalizzata nei Paesi europei; b) riordinare il biennio in modo che, cancellate le attuali ed anacronistiche separazioni che vanno dal ginnasio all’istruzione professionale, si considerino come centrali i quattro assi culturali pluridisciplinari (ovviamente con le modifiche che la ricerca-azione in atto renderà opportune) e le competenze di cittadinanza e, come accessorie, una serie di opzioni che formino ed orientino per un successivo triennio (che in una prospettiva più lontana potrà diventare biennio); c) riordinare il triennio per percorsi mirati in ciascuno dei quali siano presenti certe discipline caratterizzanti e non altre. Veniamo da una tradizione in cui fino a 19 anni il nostro studente deve studiare di tutto ma nulla in particolare in uno spezzatino di materie e di ore di lezione: il che rifletteva la concezione di una cultura scolastica generalista e rispondeva al vecchio e superato concetto di maturità. In considerazione del fatto che il tutto indispensabile (per grosse linee, la literacy, la numeracy e il problem solving, che costituiscono un avanzamento rispetto al leggere, scrivere e far di conto di ottocentesca memoria) sia stato acquisito alla conclusione dell’obbligo, successivamente occorrerà studiare poco ma bene, con una organizzazione per moduli mirati in situazioni fortemente laboratoriali nelle quali possa essere anche superata la pratica della classe d’età in funzione di una pratica di gruppi elettivi. Occorrerà evitare quella obsoleta canalizzazione tra studi umanistici, tecnici e professionali, in forza almeno di queste tre considerazioni: a) la dimensione “cultura” investe qualsiasi attività di studio e di lavoro; b) altrettanto vale per la dimensione tecnico/operativa; c) la parte relativa al nuovo umanesimo, di cui alle Indicazioni per il curricolo sancisce la fine delle canalizzazioni a cui siamo stati abituati e costretti da un certo modo di concepire il lavoro come divisione sociale. 6. Fattori assolutamente nuovi per il nostro Sistema di istruzione sono costituiti da due recenti ed importanti scelte: quella di dar vita ad un Alta istruzione tecnica e ad una Educazione degli adulti all’interno del suddetto sistema. Sono strade ancora da tracciare nella loro specificità, ma che danno il chiaro senso che l’istruzione, oggi, non è più sinonimo di scuola per i bambini e gli adolescenti, ma il fattore più importante per un’effettiva promozione sociale di tutti indipendentemente dalle fasce di età. Sono discorsi che, ovviamente, meriterebbero uno spazio ben più ampio di questa semplice nota.
7. Infine c’è tutto il
discorso dell’ordinamento istituzionale dell’intero Sistema di
istruzione e di formazione con tutto ciò che concerne la spartizione
dei pani tra Stato e Regione, con il rischio che alle Autonomie
scolastiche finiscano solo le briciole o che le Regioni facciano
l’asso pigliatutto (la Regione Lombardia insegni). La Conferenza
Unificata, il masterplan, le sentenze della Consulta e le altre
“diavolerie” insorte in ordine al novellato Titolo V – ovviamente
sacrosante – ma come tali avvertite dai più, a volte passano al di
sopra degli operatori dell’educazione, incerti, appunto, come il
famoso somaro, se gettare a mare l’autonomia di cui non riescono a
godere o darsi da fare a costruire reti, consorzi, associazioni di
scuole per imporla ai poteri che contano. Questi, da parte loro, sono
sempre pronti a sottolineare a parole quel “fatta salva l’autonomia
delle istituzioni scolastiche” di cui all’art. Cos. 117, ma poi?
Insomma, i nodi da sciogliere su questo versante non sono pochi! Non si può volare da soli
Mi sono limitato ad
accennare agli impegni più importanti dinanzi ai quali l’intero Paese
si trova di fronte. Sono nodi su cui le elaborazioni all’interno dei
ristretti gruppi ministeriali non sono assolutamente sufficienti ad
indicarne la soluzione. Sono temi su cui non solo deve essere
coinvolta la scuola militante – da sempre inascoltato destinatario di
decisioni assunte altrove – ma anche e soprattutto i cittadini tutti
perché tutti ne siamo coinvolti. |