Un convegno dell'Ufficio scolastico
Stranieri e disabili «Due volte diversi».
di Magda Biglia da Il Giorno del 2/12/2007
BRESCIA.
MOHAMMED
ha dodici anni, è un ragazzino down marocchino, buono, educato ma non
parla e non è mai andato a scuola. Quello che viene definito suo zio,
e in realtà non è nemmeno parente, è riuscito a portarlo in Italia
perché qui spera lo aiutino. Afzal è un altro down di 11 anni,
pakistano. I genitori non sapevano che a Brescia avrebbe potuto
entrare in classe come tutti gli altri. Glielo hanno spiegato i
Servizi sociali chiamati dal preside perché qui la scuola è un
obbligo. Una madre nigeriana viene convocata dagli insegnanti che
hanno chiesto un consulto: suo figlio è autistico.
LEI NON SA
riconoscere la malattia, «in Africa non esiste», non sa come spiegarla
ai famigliari. Non sarà facile il percorso per aiutarla. Sono queste
alcune delle storie di ogni giorno narrate dai relatori al convegno
«Due volte diversi» organizzato dall'Ufficio scolastico provinciale
sul tema dei minori stranieri affetti da disabilità. Che non sono così
facili da diagnosticare quando i genitori non lo sanno già, perché il
rischio è di attribuire disturbi dello sviluppo, ritardi mentali alle
difficoltà di inserimento, come ha spiegato Tiziana Pozzi dell'Anffas
di Milano. Tredici anni fa, ha detto, non seguivano nessuno straniero,
adesso sono il 14%, soprattutto dal nord Africa e dal sud America. I
bambini con problemi sono «can ji» in Cina, «deen» per il Punjab, «moak»
in Marocco, «pa afte» in Albania: non solo soltanto nomi differenti,
dietro ci stanno approcci differenti, ci sono storie di esclusione,
seppur talvolta sacra come in Pakistan. Inserirli nelle nostre scuole
è doppiamente arduo, rispetto ai simili italiani, rispetto ai
conterranei normodotati.
OCCORRE DUNQUE
un intervento più delicato che presuppone la mediazione culturale. I
dati dell'Ufficio statistica del Comune danno il quadro di una
questione rilevante. In totale gli alunni disabili nella provincia di
Brescia sono 2852, il 64% maschi; oltre il 10% sono figli di
immigrati. Più della metà hanno patologie psichiche. La fascia d'età
più colpita da dai 9 ai 13 anni e molti sono nati in Italia. Si
trovano in prevalenza in città e nella Bassa. In città sono 87 gli
studenti disabili stranieri sui 392 totali ma negli istituti cittadini
arrivano anche da fuori. La maggior parte sta alle elementari, in
particolare ha sette anni. Questo dà segno della scoperta della
malattia solo all'ingresso nell'obbligo scolastico. E, a detta degli
operatori sociali, è spesso conflittuale il rapporto con i genitori.