In un emendamento al ddl Bersani,
il governo porta a 40 ore settimanali l'orario delle elementari
Ritornerà il tempo lungo a scuola.
Favoriti gli studenti del Nord, al Sud mancano
le strutture
da Italia Oggi
del 20/4/2007
I l tempo pieno è stato uno dei cavalli di
battaglia della protesta di piazza contro l'ex ministro
dell'istruzione, Letizia Moratti, e la sua riforma. Minacciava di
diventare una mina anche per il governo Prodi. Ne ha avuto piena
contezza l'attuale responsabile del dicastero di viale Trastevere,
Beppe Fioroni, calorosamente accolto alcune settimane fa in alcune
città emiliane, a suon di fischi e pentoloni, dalle mamme che si sono
dovuti tenere a casa i figli. Perché il pomeriggio la scuola
elementare restava inaccessibile.
I tagli alle risorse e agli insegnanti, infatti, non consentono di
accogliere tutte le domande, è la risposta che si sono sentite dare
dai dirigenti degli istituti scolastici. Per evitare di essere
travolto da una nuova battaglia pro tempo pieno, il governo presenterà
la prossima settimana un emendamento al ddl Bersani in discussione
alla camera. Un emendamento che delega Fioroni a riformare il tempo
pieno nella scuola primaria per decreto legislativo: per tutti gli
studenti delle elementari si prevedono 40 ore la settimana, tra
lezioni, doposcuola e mensa. Con attenzione al Mezzogiorno, dove
finora il tempo pieno non è decollato. E un raddoppio degli organici.
Seguendo dunque l'imperativo che è giunto a tutti i ministri
direttamente dal premier, Romano Prodi, la riforma si farà stando il
più lontano possibile dal parlamento. Una legge sulla scuola, settore
nel quale si consumano tradizionalmente contrasti molto accesi tra
partiti di ogni schieramento e sindacati, ha sulla carta un'alta
probabilità di restare ingolfata tra camera e senato sine die. Del
resto, finora Fioroni ha già smontato quasi del tutto la legge Moratti,
dandole via via nuovi contenuti attraverso decreti, direttive e
circolari. Abile interprete sul campo della regola aurea che vuole che
per ben governare non è necessario ricorrere al parlamento.
L'emendamento al ddl Bersani, assieme a tutte le altre norme sulla
scuola, dovrebbe costituire un apposito disegno di legge delega, una
sorta di manifesto sulla scuola da esibire nel paese in vista delle
amministrative. La delega prevede che l'orario settimanale della
scuola primaria, ovvero le vecchie elementari, sia fissato in via
generale a 40 ore, comprensive di attività didattiche e del servizio
mensa. Fermo restando che spetta alla singola istituzione, nella sua
autonomia, definire l'organizzazione e il modello didattico.
Nell'ottica dell'opzione 40 ore, si prevede anche il raddoppio
dell'organico degli insegnanti. Ed è questa la previsione che ha
finora riscontrato le opposizioni più dure dell'economia. Tanto i Ds
quanto la Margherita vorrebbero attingere a una fetta di quelle
maggiori entrate fiscali, ovvero il tesoretto, per coprire
l'operazione. Scontrandosi con il il no del ministero del tesoro,
Tommaso Padoa-Schioppa: dalla scuola si attendono risparmi di spesa,
anche dal taglio agli organici del personale dipendente, non che gli
insegnanti crescano. Tant'è, la norma sulla copertura è in attesa di
essere ancora definita. Intanto, però, per dare un segnale di
attenzione al territorio, la delega prevede che il ricorso al modello
del tempo pieno sia incentivato in particolare nel Mezzogiorno, dove
finora è stato poco utilizzato. C'è infatti il rischio che a far uso
delle nuove risorse sia quasi esclusivamente il Nord, e alcune
regioni, come l'Emilia Romagna, dove il tempo pieno è da decenni
utilizzato come risorsa sociale e didattica. A far difetto, al Sud,
sarebbero non solo una diversa cultura della scuola ma anche i locali
necessari. Istituti fatiscenti, spesso ricavati da abitazioni private,
dove a volte si ricorrere al doppio turno perché poco capienti,
restano un problema. Un problema che la delega finora non pare
risolvere.