La Corte conti non registra i due dm perché
ledono l'autonomia degli atenei. Riforma universitaria al palo. da Italia Oggi del 28/4/2007
La Corte dei conti fa le pulci ai decreti sulle
nuove classi di laurea del ministro Fabio Mussi. Ma il dicastero di
piazzale Kennedy non ci sta e si affretta a preparare la sua risposta.
Nell'occhio del ciclone della magistratura contabile, in particolare,
il numero massimo di esami e la quantità di crediti che uno studente
si può veder riconosciuto in caso di trasferimento da un'università
all'altra. Gli schemi del decreto sulla disciplina dei corsi di laurea
triennale e magistrale, attuativi del dm 270/2004, introducono a
partire dal 2008 il tetto massimo di 20 esami per conseguire la laurea
triennale e di 12 per quella magistrale con un chiaro invito per le
università a far sì che più moduli vengano aggregati al fine di
raggiungere uniche prove finali e meno frammentazione didattica. Ma
non solo. Il testo di Mussi si sofferma anche sul problema dei crediti
vincolati e stabilisce che agli studenti che cambiano sede o corso
vada riconosciuto il maggior numero possibile di crediti secondo
criteri e modalità previsti dal regolamento del corso di laurea di
destinazione. Quando il trasferimento avviene nell'ambito di una
stessa classe la quota di crediti deve essere pari al 50% di quelli
maturati. Proprio quest'ultimo punto rappresenta uno degli elementi
più controversi, perché, secondo la Corte dei conti, l'obbligo per le
università di riconoscere la metà dei crediti già maturati
contrasterebbe con la previsione del Dm 509/99 e del dm 207/2004,
riguardanti entrambi l'autonomia didattica. Tali provvedimenti
attribuiscono, per la magistratura contabile, alla competenza della
struttura accademica la valutazione di un lavoro già svolto dallo
studente. Ma fonti vicine ad ambienti ministeriali fanno sapere che
tutte queste norme non solo sono pensate a tutela degli studenti, ma
sono state poi fortemente volute dalla conferenza dei rettori. Così
come le disposizioni che pongono un limite al numero degli esami.
Infatti la Corte pur concordando sulla necessità di evitare la
parcellizzazione delle attività formative sostiene che le università
dovrebbero poter scegliere il modello didattico da offrire agli
studenti. Un rilievo questo che, per i tecnici del ministero, se esce
dalla porta rientra comunque dalla finestra. I paletti sui requisiti
minimi per i corsi di laurea saranno infatti contenuti in un decreto
ministeriale che sarà pronto a fine maggio e che è comunque
indipendente rispetto agli schemi sulle classi di laurea. Privo di
fondamento infine per il dicastero di Fabio Mussi il diverso
trattamento riservato agli atenei statali rispetto a quelli privati
che emerge dai rilievi dei giudici contabili. Infatti per la Corte il
criterio secondo il quale il 50% della didattica di un corso deve
essere affidato a docenti e ricercatori di ruolo può essere legittimo
per le università statali ma non per quelle non statali. Ma se un
ateneo privato sottoscrive le stesse regole di un'università pubblica
e di conseguenza usufruisce anche degli stessi finanziamenti allora
avrà anche gli stessi oneri. Mentre la Corte dei conti sottolinea che
le strutture non statali possono coprire gli insegnamenti anche con
personale docente di altre istituzioni universitari.
|