La scuola nel nuovo scenario. A proposito delle nuove(?) Indicazioni Nazionali. di Cosimo De Nitto da Fuoriregistro del 12/4/2007
Qualche iniziale considerazione "...Oggi l'apprendimento scolastico è solo una delle tante esperienze di formazione che i bambini e gli adolescenti vivono e per acquisire competenze specifiche spesso non vi è bisogno dei contesti scolastici. Ma proprio per questo la scuola non può e non deve abdicare al compito di scoprire la capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze, al fine di ridurre la frammentazione e il carattere episodico che rischiano di caratterizzare la vita dei bambini e degli adolescenti". Ormai questo pensiero sembra essere entrato definitivamente nell'immaginario scolastico degli estensori dei documenti ministeriali quando vogliono definire il quadro ed i contesti in cui si trova oggi ad operare la scuola. Da Berlinguer, alla Moratti, a Fioroni. 1) La scuola è solo una delle tante esperienze di formazione. 2) Compito della scuola è scoprire la capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze (formative); 3) Finalità è ridurre la frammentazione e il carattere episodico (delle esperienze formative). Ritorna sempre la storia della scuola come una delle tante "agenzie formative"! Mi domando: cui prodest far passare questa idea come verità di fatto scontata buona a far senso comune? Non dovrebbe convenire certo al Ministero della Pubblica Istruzione che invece, anche con enfasi ed orgoglio, deve affermare e rivendicare l'unicità ed insostituibilità della scuola pubblica nel raggiungimento di quei fini che, qui in modo ambiguo e confuso, poi in modo un po' più comprensibile, ma ugualmente generico, il documento richiama. E' possibile che non riusciamo a dichiarare, urlare se occorre, che la scuola non è una delle tante agenzie ma è l'istituzione dello Stato che realizza il compito assegnatole dalla Costituzione Repubblicana relativamente all'istruzione ed alla formazione dei cittadini italiani? Allora perché in un documento così solenne lasciare il compito di marcare le differenze tra l'istituzione scolastica e le altre agenzie formative private solo ad alcune finalità? ("In tale scenario, alla scuola spettano alcune finalità specifiche..."). La scuola pubblica è altro ed incommensurabilmente di più rispetto alla altre "agenzie" non solo per "alcune finalità specifiche", ma per ciò che essa è e per ciò che essa fa. Occupa troppo spazio nel documento, può essere dato per sottinteso, o, peggio ancora, per scontato che l'istituzione scolastica, a differenza di tutte le altre agenzie, è caratterizzata per la sua specificità ed insostituibilità nel compito che costituzionalmente e quotidianamente svolge, per cui in essa e per essa l'apprendimento-insegnamento è: 1. intenzionale; 2. sistematico; 3. propedeutico; 4. formativo; 5. attento al bambino-ragazzo-adolescente-giovane che apprende crescendo e cresce apprendendo; 6. volto al perseguimento dell'autonomia critica e della divergenza; 7. usa e tende ad elaborare-costruire-ricostruire un sistema di conoscenze ed esperienze strutturate; 8. volto a "produrre" cittadinanza?
Se un documento ministeriale come questo non contiene con molta più forza e chiarezza ciò che la scuola pubblica è in quanto: 1. realizza il dettato costituzionale; 2. è insostituibile da qualsivoglia "agenzia"; 3. è motore primario di sviluppo e civiltà, come si farà a costruire una mentalità diffusa che la consideri per la sua importanza fondamentale e non per gli episodi di bullismo di qualche ragazzotto o debolezza professionale di qualche insegnante? Come si potrà impedire il "massacro" e il pubblico disprezzo degli insegnanti e della scuola pubblica perpetrati con cinismo, ignoranza e malafede da parte dei media che amplificano episodi che, sia pur spiacevoli e degni di riflessione critica, restano tuttavia sempre degli episodi?
Cominci magari da qui l'orgoglio di essere
scuola pubblica, non dalla giornata nazionale decisa dal ministro che
lascia il tempo che trova. |