Quei professori in trincea
che non tradiscono i ragazzi».

«DA UNA PARTE I MODELLI DELLA TV, dall’altra le nostre fatiche di insegnanti:
perché farlo oggi è un’impresa, tutto il mondo s’è riversato nella scuola».
Rodolfo Rossi è dirigente dell’Itis «Giorgi» di Milano: dalla formazione lavoro al bullismo. «E sui provvedimenti disciplinari decide
una commissione paritetica con un alunno e un professore»

da l'Unità del 10/4/2007

 

Il volto è sorridente, lo sguardo è bonario, ma basta una battuta per capire la tempra rocciosa del personaggio: «La professionalità di un preside si misura dalla rapidità con cui mette la propria firma. Un nome lungo non abbreviato rischia di mangiarsi metà della giornata lavorativa». Rodolfo Rossi è il dirigente dell’Itis «Giorgi» di Milano: mille studenti, 150 dipendenti, 26 classi solo per il corso serale, il più grande e frequentato di tutta Italia. «Solo negli ultimi giorni avrò firmato alcune centinaia di documenti, e siamo nel tranquillo periodo pasquale. Se ti fai travolgere dal tran tran quotidiano senza riservare spazi per iniziative progettuali, il lavoro diventa mortale e finisci bollito in un batter d’occhio».

Non sembra essere il suo caso. L’istituto tecnico si occupa della lotta alla dispersione scolastica in collaborazione con il ministero, organizza per gli studenti scambi all’estero in Australia, Svezia e Spagna, cura la formazione informatica degli insegnanti delle scuole medie, tiene seminari per i genitori sull’adolescenza, ha aperto uno sportello di consulenza psicologica e di orientamento, ha una consulta permanente con cinquanta piccole e medie imprese. «Tutti i nostri diplomati, anche quelli con il minimo dei voti, entrano in azienda appena concluso l’esame di maturità» racconta il preside, come fosse la cosa più normale di questo mondo.

A dispetto degli ingranaggi che quotidianamente minacciano d’arrugginirsi, la macchina del «Giorgi» continua a funzionare. Ma è una sfida sempre più impegnativa: «Insegnare oggi è molto più difficile di una volta - dice Rossi - perchè tutto il mondo si è riversato nella scuola. A Milano il 95% dei ragazzi s’iscrive alle superiori, ma il 50% esce dalla scuola media con il sufficiente. E sappiamo che cosa vuol dire». Nonostante tutto, la licenza media non si nega a nessuno. «Per gli insegnanti, abituati ad un’utenza più colta, significa una fatica boia: nei primi anni è una lotta al coltello per conquistare la stima degli studenti, negli ultimi è una battaglia continua per ottenerne l’attenzione. Gli standard culturali degli alunni arrivano soprattutto dal piccolo schermo e non sono certo un’esaltazione della meritocrazia».

Il ritratto medio degli alunni è poco clemente: «Sono maleducati ed ingenui, ma non cattivi. Hanno un solo tragico difetto, quello di non studiare». Di bullismo, invece, non vuole nemmeno sentir parlare: «La scuola italiana è finita nell’occhio del ciclone, ma per episodi marginali, che riguardano una piccola fetta di studenti. Il bullismo alle superiori è cosa soprattutto dei primi anni, quelli della stupidera. Poi gli odi e gli amori corrono per altre strade».

Ovviamente, anche Rodolfo Rossi ha il suo bel faldone di sospensioni. C’è chi taglieggiava per 10-20 euro due compagni di classe, «per lui erano prestiti»; c’è chi ha urlato «azimut» ad una professoressa, offesa dall’epiteto astronomico; c’è chi in gita ha fatto gesti osceni alla signora seduta nello stesso vagone del treno, «le tipiche inevitabili ragazzate». Ma perchè i provvedimenti disciplinari non arrivino «dal preside dittatore», al «Giorgi» è stata istituita una commissione di conciliazione, composta da un insegnante e da un alunno, che tenta la mediazione e poi decide il da farsi con il preside, soprattutto nei casi più delicati. «I giovani sono dotati di propri criteri etici, anche se discutibili. Il contrario è una bubbola che ci raccontiamo noi anziani».

Ad un alunno del quinto anno, ad esempio, erano stati rubati i libri di testo: «La famiglia ne ha fatto una questione di principio ed ha chiesto la punizione dei responsabili, ma subito dopo - racconta il preside - è scattato il totale isolamento in classe dell’alunno che ha subito il furto e che ha violato il patto di omertà interna. Si trattava di un dispetto idiota mosso dalla gelosia: il ragazzo è molto bello, collabora con Canale 5 e compare in televisione». Dinamiche simili possono scattare anche nei confronti dei cosiddetti secchioni: «Per i primi della classe non è mai semplice gestire il rapporto con i compagni. Qualcuno resta emarginato, qualcun altro riesce ad inserirsi alla perfezione. la chiave di volta è sempre la personalità comunicativa del singolo».

Altro discorso spinoso è quello che riguarda i professori. «Ci sono insegnanti palesemente inetti - ammette il preside - che non sanno la materia che insegnano e che screditano tutta la categoria. Sono quelli del quieto vivere che danno il sei per non aver problemi, fannulloni che hanno perso qualsiasi motivazione. E poi ci sono quelli che danno anche il sangue per la scuola, che amano il loro lavoro e credono nelle responsabilità che comporta, nonostante i livelli degli stipendi siano ridicoli». Per i primi servirebbero «procedimenti disciplinari efficaci», per i secondi «possibilità di premiare l’impegno, anche attraverso progetti ed iniziative da finanziare con l’aumento dei fondi d’istituto». Per tutti, invece, occorre «un nuovo patto da concordare con i sindacati per poter innovare e migliorare l’organizzazione del lavoro, senza dover incorrere nei veti del collegio docenti». L’ultima proposta di Rodolfo Rossi, ad esempio, è stata quella di abbandonare i quadrimestri per tornare ai trimestri: «Così gli studenti devono studiare di più». Per ora i professori l’hanno bocciata.