ADI: molte critiche ai documenti di R.P. La Tecnica della Scuola del 22/4/2007. I due documenti non forniscono - secondo l'ADI - una cornice credibile. Si tratta innanzitutto di chiarire se si vuole modificare il decreto 59 o lasciare in vigore il Pecup del 2004. L'istruzione di massa è fallita, ci vuole maggiore flessibilità.
La revisione delle Indicazioni per la Scuola
dell’infanzia e per il Primo ciclo di istruzione richiede, secondo
l’Associazione Docenti Italiani, un chiarimento politico preliminare. La domanda non è puramente formale in quanto si tratta di chiarire alcune contraddizioni presenti nei documenti prodotti dalla "Commissione Ceruti". Per esempio - fa osservare l’ADI - il documento sul curricolo si muove in larga misura al di fuori del decreto n. 59 che non parla di curricolo ma di "piani di studio personalizzati" i quali, a loro volta, fanno riferimento alle finalità generali del processo formativo ed al "Profilo educativo, culturale e professionale (Pecup)". Va quindi chiarito bene se il Pecup, che è parte integrante del decreto 59, resta in vigore o sarà abrogato. E che fine farà – si chiede ancora l’ADI, la "quota riservata alle Regioni" di cui si parla nel decreto 59? Nel merito dei documenti l’ADI non è per nulla tenera e afferma che essi "non costituiscono una cornice credibile". "La scuola - si legge nel documento che l’Associazione ha consegnato alla Commissione ministeriale - non ha bisogno di lezioni accademiche, peraltro piuttosto datate e spesso contraddittorie al loro interno". Secondo l’ADI si tratta di interrogarsi sui motivi che hanno determinato in Italia il fallimento dell’istruzione di massa e di individuare soluzione adeguate. La risposta, secondo l’Associazione, va trovata nella flessibilità delle risorse, degli strumenti e delle metodologie, nell’articolazione dei percorsi, nella opzionalità delle discipline. Le nuove indicazioni dovranno quindi fare riferimento ad un numero limitato ma irrinunciabile di conoscenze e competenze "chiave". "Queste conoscenze e competenze - sottolinea l’ADI - vanno selezionate e definite con grande rigore e "parsimonia". E su queste occorre approntare il massimo di sostegno agli insegnanti, e contemporaneamente predisporre valutazioni esterne trasparenti e comparabili dei risultati".
Ma - avverte l’ADI - "ciò non significa che i
curricoli o piani di studio debbano ridursi alle sole conoscenze e
competenze chiave, significa invece porre le premesse per affrontare
un vero e proprio dilemma:
L’ipotesi di lavoro dell’ADI appare
particolarmente suggestiva, ma c’è da chiedersi, se alla fine,
prevarranno di più le motivazioni culturali e scientifiche o le
logiche politiche. |